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Circa 20 anni fa , in occasione della redazione di un libro annuario del mio liceo Dante Alighieri di Agropoli, mi venne chiesto di dare un contributo per la formazione dei giovani. Scelsi tre aree di approfondimento : a ) finanza e macroeconomia, b) tecnologie e c) risorse umane.
Con i tre lavori all’epoca pubblicati invitavo i giovani a capire, con l’ausilio dei numeri e con l’aiuto delle nuove tecnologie , le dinamiche della società.
All’età di 18 anni i giovani maturano il diritto di voto . In quel momento forse non hanno ancora la consapevolezza piena di quale sia il loro potere di scelta e cosa esso determini nella società rispetto alle attese di sviluppo, di crescita, di sistemi occupazionali, pensionistici, di tassazione , di welfare etc etc. La loro delega politica va ad incidere i sul sistema economico nazionale che è poi il campo di azione delle strategie del governo del momento.
Senza la padronanza di quelle leve ( numeri dell’economia e tecnologia ) mi appare più difficile un percorso di maturità politica soprattutto per quei giovani che nella fase universitaria si allontanano da quel bisogno infomativo che dovrebbe diventare una occasione anche per fare anche un pò di educazione civica prima dei 18 anni.
Nello stesso periodo, o poco dopo, l’Ocse rilevava, sentenziando, che il nostro paese aveva un ritardo di conoscenza quasi incolmabile nella percezione di alcune tematiche di base: tra queste la materia finanziaria e quella economica. Eppure esse sono quelle determinano scelte non senza conseguenze sia di natura politica che negli assetti sociali e socioeconomici.
Da qui l’idea di coltivare sempre ed in ogni caso la cultura del dato come driver di orientamento e di dare a questo Blog, che fa i primi passi, il titolo “dentro i numeri” con l’obiettivo di reperire dati ed informazioni che servano a far riflettere per contribuire nelle analisi delle problematiche di tutti i giorni con un bagaglio di notizie adeguate o almeno sufficienti.
I Governi e la Pubblica amministrazione allargata su questo tema hanno , già da tempo, messo in campo una serie di iniziative e di leggi che cercano di far crescere la maturità del cittadino attraverso la risorsa del “dato”.
Non tutti sanno, forse, che c’è da alcuni anni una legge che assume che i dati della Pubblica amministrazione centrale e periferica, per il solo fatto di essere pubblici, debbono essere ceduti gratuitamente al cittadino ed in maniera agevolmente fruibile ed addirittura on line ; che c’è già una legge che prescrive la predisposizione da parte delle Pubbliche amministrazioni del “cosiddetto bilancio sociale” , di un bilancio che dovrebbe far capire attraverso i numeri il valore aggiunto derivato alla collettività dalle iniziative e dai programmi di tutti gli Enti Locali della Pa allargata ( avete mai visto un bilancio sociale ? una chimera , un sogno per il cittadino che vorrebbe approfondire e sapere come sono stati spesi i suoi contributi alla finanza pubblica); che la Banca d’Italia, proprio su sollecitazione dell’Ocse e di tutti gli Organismi finanziari internazionali, si fa carico da tempo di costruire un percorso conoscitivo di regole e dati per realizzare due scopi: elevare la cultura finanziaria ed abituare i cittadini alla lettura delle sue pubblicazioni periodiche rese pubbliche sul suo sito e messe a disposizione di tutti.
Il mondo dei dati è un libro aperto per tutti ; il Web è una miniera inesauribile in cui occorre solo cercare la risposta per avere tutto ciò che serve sui dati della finanza,dell’economia, del sistema pubblico etc etc.
Naturalmente la quantità dei dati a disposizione è una ricchezza ma anche un limite giacchè un buon utilizzo dipende dalla selezione delle informazioni che contano.
Ancor prima di cominciare ad esplodere qualche bel dato, significativo e sintomatico dei nostri problemi nazionali, vorrei segnalare alcuni concetti espressi nella lezione magistrale dal Prof. Giovannini, Presidente del nostro Istituto di Statistica Nazionale (Istat) e già nostro alto rappresentante in sede Ocse, che , a “Forum Pa “di quest’anno, ha detto tutto ciò che occorre sapere sul dato , sul dato informazione , sui sistemi di dati , sulle connesse esigenze cognitive , sugli effetti che seguono alla fase di acquisizione delle notizie che il dato consente di elaborare.
Mi limito a riportare l’essenziale: “cultura del dato vuol dire produrre dati buoni e utilizzare quelle informazioni per cambiare quello che si vuole cambiare ” , tant’è , ripete Giovannini, che il sistema dei conti nazionali è un sottosettore che si chiama “ programmazione economico sociale ” e che la produzione della statistica è un servizio pubblico la cui fruizione deve essere uguale se non più alta di tanti servizi come quello dell’istruzione, della giustizia, della sanità etc.
Il dato deve essere buono, di alta qualità, affidabile, leggibile , confrontabile e deve sempre produrre sempre un valore aggiunto.
A tal riguardo consiglio di aprire il link riportato in calce che consente di seguire tutta intera la lezione magistrale meritevole di un attento ascolto.
Per dare senso alle parole facciamo qualche esempio partendo dal dato di cui più si parla, che genera ansie e preoccupazioni di non poco conto, che da più di due anni impegna intere pagine dei giornali : quello del debito pubblico sovranazionale e soprattutto di quello nazionale.
Il mondo è seduto su una montagna di debiti, pubblici e privati: su un debito pubblico mondiale – cioè degli stati nazionali-( nel momento in cui si scrive ) di 45.844 miliardi di $ che si modifica istante per istante, paese per paese, con diverse velocità e con diverse modalità e in funzione di eventi ed esigenze diverse. Cioè per ragioni di spesa diversa: spesa sociale, investimenti, flussi finanziari che danno senso al dato e che diversificano il valore dell’esborso ,ad esempio ,se fatto per spese correnti o per investimenti . La differenza delle ragioni dà al dato del ” debito” un valore di gran lunga diverso ; può giustificarne e postularne la esistenza o al contrario può farci capire la reale criticità nella quale ci siamo messi in un arco di tempo non proprio breve.
Quanto era nel 2000 ? secondo l’Economist era di appena 18.676.miliardi di $ (più 857.377.269.854 sino al centesimo). E’ utile saperlo ? penso di si.
Più utile sarebbe sapere come è cresciuto,con quali modalità, e stabilire dei raffronti con parametri diversi articolati tra nazioni , tra paesi dell’Euro, tra economie, tra aree geografiche Asia, Americhe , Europa.
Avremmo cosi modo di percepire le differenze delle scelte di politica economica, degli assetti strutturali e sociali dei sistemi nazionalim e dei diversi paesi dell’area dell’Euro.
Quanto era quello italiano alla stessa data del 2000 sempre l’Economist ? era, per una popolazione di 57 miloni di cittadini, di $ 1227 miliardi (piu 135.519.126 sino al centesimo ) pari ad un debito pro capite di $ 21493. Quanto è quello di oggi, di questo momento ? è di $ 2312 miliardi ( più 663.835.616 sino al centesimo ) pari a $ 38284 procapite per una popolazione di 60.449 milioni di persone; è arrivato al 121% del Pil contro il 110 % del 2000.
Ma quanto era nell’82,cioè circa 30 anni fa (con il Governo Spadolini Fanfani) ? era di 187 miliardi di € dopo gli anni del boom, della crescita e dello sviluppo, del” cosiddetto miracolo economico”. Poco o quasi, in ogni caso una misura accettabile e sopportabile.
Quanto era qualche anno dopo nel 90 (con il Governo Andreotti ) ? era di 663miliardi di € ; e nel 1993, nell’anno tragico della crisi della lira ( con il Governo Amato Ciampi )? era di 959 miliardidi € ; e nel 200o, anno del passaggio all’Euro (con il Governo D’Alema/Amato ) ? era di 1358 miliardi di € e quanto è ai giorni nostri , nell’istante in cui si scrive nel corso di una crisi economica e finanziaria senza fine non solo nostra ? è di di 1967 miliardi (piu 634.411.856 sino al centesimo, come si legge su un quotidiano on line nelle rubrica “sotto la lente” ).
Il dato cosi riferito significa già qualcosa ma non tanto. Da l’idea della grandezza , del macigno che è sulle spalle di alcuni paesi e soprattutto nostre; rappresentiamo come nazione il quarto debito del mondo in valore assoluto dopo Usa, Giappone e Germani. Ma questa notizia non dice tutto. Di certo non siamo la quarta potenza economica e da qualche tempo non siamo più neppure la settima perchè superati da altri paesi che camminano con una marcia diversa.
Con l’aiuto di alcuni indicatori forniti da Banca d’Italia il dato può diventare informazione , si qualifica meglio.
Si omettono volutamente in questa sede i raffronti con il Pil che richiederebbero approfondimenti di altro genere e ben più complessi.
Quello degli Usa è per il’71,3 % nelle mani nazionali (soprattutto dei fondi di investimento e dei fondi pensione ), per il 28,7% nelle mani dei non residenti; quello del Giappone è tutto nelle loro mani tranne un 6,6%. Se lo ripagano con la produttività ed i livelli di efficienza del sistema paese ; gli interessi rimangono in casa.
Quello della Germania è per il 51,6% nelle mani dei non residenti, mentre quello Italiano, una volta tutto in mani sicure, oggi è per il 35% nelle mani esterne e per il 65% nelle mani interne, delle banche , delle assicurazioni e dei privati. E un fatto positivo? Non del tutto ; perchè la sua crescita avvenuta negli ultimi 10, dopo l’Euro, anche e soprattutto con un classamento sostenuto da fondi stranieri, da banche sovranazionali , da istituzioni finanziarie internazionali dall’agosto dello scorso anno vede sempre di più ridursi l’apporto dei non residenti con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: spread alle stelle e downgrading ricorrenti, ultimo quello di Moodys di alcuni giorni fa che tanto rumore e rimostranze ha sollevato.
Conseguenza nefasta che impatta sul sistema Italia nel suo complesso e sul sistema bancario , dei fondi , delle assicurazioni nazionali con un deterioramento del rating che sembra non arrestarsi.
Tutte i soggetti economici citati interessati per il passato agli acquisti anche per scelta gestionale sono stai di fatto costretti a continuare nelle politiche di investimento anche per bilanciare il venir meno delle contropartite non residenti e per indurre quelle parti a proseguire nell’azione di sostegno del prestito.
Quel 35% è poi pari a 696 miliardi. Se solo una parte dei non residenti prendesse le distanze dal nostro fabbisogno il sistema finanziario nazionale correrebbe seri pericoli . Il 2012 è stato e sarà l’anno più critico con i suoi circa 400 miliardi da classare ( siamo ora in corso d’anno a più della metà dello stock ). Il 2013 si presenta con un centinaio di miliardi in meno ( circa 300 miliardi ) e resterà, visto lo spread, ancora ad alta criticita. La durata media del nostro debito è di circa 7 anni. Questi alcuni dei dati originari del debito pubblico . Del debito privato si potrà parlare in altra occasione ; il contenuto dello scritto sarà meno ansiogeno .
Qualche ulteriore elemento varrà a far capire quanto sia serio il nostro più importante problema nazionale.
Quanti interessi sono stati pagati dallo Stato Italiano negli ultimi 30 , 20 e 10 anni ? negli ultimi 30 anni sono stati pagati interessi per 2198 miliardi, in misura superiore allo stock del debito attuale , negli ultimi venti per 1639, negli ultimi 10 per 657 miliardi. Nella cifra è compreso il 2012 che verrà intaccato per circa 80 miliardi come da previsione dell’inizio di anno.
Da questi numeri si può ben capire a cosa sia servito gran parte del nostro debito pubblico; di certo non è stato finalizzato alla crescita del sistema produttivo e del sistema paese che accusa ritardi diffusi nelle reti di trasporto di ogni genere: strade, ferrovie, porti , reti tecnologiche, delle telecomunicazioni , di trasporto delle energie , cioè nelle cosiddette infrastrutture ( si veda il report sotto riportato per capire le tendenze dei flussi statali).
Alle infrastrutture sono state destinate con il bilancio dello stato solo risorse residuali. In ciò sta gran parte della differenza con i sistemi virtuosi di altri paesi tra cui la invisa Germania.
Partendo dai 187 miliardi del 1982 non abbiamo rimborsato nulla ; abbiamo solo trasformato gli interessi in sorta capitale.
Se ne poteva accorgere qualcuno ? La risposta se la dia il lettore.
Se volessimo utilizzare degli aforismi del nostro dialetto napoletano dovremmo dire del ”debito e delle ragioni sottese ” che è servito a fare “surcu, cummoglia surcu” sino alla dead line attuale che è una linea di non ritorno. A nulla o quasi vale l’attenuante delle disattese speranze sulla crescuta del Pil che non stava avvenendo e che ci allontanava sempre di più dai nostri concorrenti europei.
Abbiamo però ingrassato i cassettisti, soprattutto esteri, e depauperato l’economia. Negli ultimi venti anni infatti non solo non c’è stata crescita, ma c’è stato anche un ulteriore elemento di disequilibrio lento ed inesorabile e non giovevole per l’economia perchè causa della caduta della domanda interna;e cioè un passaggio di pil da salari a profitti e rendite finanziarie e non solo in una misura che non pochi economisti valutano all’incirca intorno al10% di Pil.
Chi si attendeva che le rendite si trasformassero in risparmio e da qui in in capitale di funzionamento o in risorse destinate agli investimenti si è sbagliato.La spinta non è stata pari ai numeri che si evocano.
Per dare altre utili elementi di lettura si acclude il prospetto degli anni 90/2010 (periodo preso in esame dalla contabilità pubblca ) dei macro ceppi di spesa della macchina statale : aggiunge altre informazioni sulla natura e sulla capacità di spesa nonchè sul suo determinante contributo alla formazione del debito.
Alcune macrovoci rimangono in una situazione di assoluta stabilità ; si confermano le percentuali rispetto al Pil .In alcuni casi sono anche diminuite. Altre sono cresciute al di sopra delle nostre ”possibilità economiche e finanziarie“ di sistema paese , frutto di una pressione sociale che ha fatto salire il costo della sanità , delle previdenza e la spesa delle pensioni anche in conseguenza del dato anagrafico che si allunga
Sanità e previdenza come si legge dai numeri nel ventennio sono cresciute di ben tre volte.
Le istanze sociali sottese sono fondamentalmente giuste perchè previste dal nostro sistema democratico e costituzionaleche ha nel welfare un suo punto di forza ; in molti casi quando la spesa traeva origine dal malaffare e dagli sprechi occorreva riflettere e dare da subito inizio ad operazioni si spending rewiew.
Per fare la quadratura dei conti nazionali infine è bene ricordarsi dell’altro grande protagonista del nostro quadro macroeconomico rappresentato dal dato dall’evasione fiscale che ha fatto mancare, negli ultimi 10 anni , un gettito stimato mediamente tra 80 a 100 miliardi all’anno. Negli precedenti sarà stato più basso ma sempre significativo.
Chi fa il rating all’Italia e non riesce ad intravedere solidi e stabili momenti costruttivi del sistema paese e di resipiscenza nei centri di responsabilità della politica mette insieme pochi numeri, forse proprio quelli di cui si è detto, e tira le conclusioni.
E’ solo da qui che occorre ripartire.
E i numeri, certificati come buoni , come dice Giovannini sono i soli punti da cui occorre prendere le mosse per cambiare se si vuol cambiare .
Il resto è fantapolitica che disorienta i cittadini e non fa capire lo stato dell’arte della nostra sistema paese e del livello di criticità cui siamo approdati.
La natura della spesa dei vari ceppi aiuta anche a capire come si muove la macchina pubblica ; da l’idea degli importi che costituiscono la massa critica di manovra su cui, purtroppo, occorrerà operare per trovare parte delle risorse; cosi come da l’idea della natura solo residuale delle risorse destinate alla crescita allocate nel bilancio pubblico, non da ora, da sempre. Cioè negli ultimi vent’anni. La politica ne sa qualcosa.
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fonti utilizzate:
per i dati del debito pubblico mondiale, con valori in $- dollari, l’Economist on line.
per i dati del debito pubblico e degli interessi generati nel trentennio Milano Finanza , servizio ad hoc.
onti utilizzate:
per i dati del debito pubblico mondiale, con valori in $- dollari, l’Economist on line.
per i dati del debito pubblico e degli interessi generati nel trentennio Milano Finanza , servizio ad hoc.
per i dati del bilancio dello stato nel ventennio ”Contabilità nazionale”
Funzioni di spesa |
1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 2006 | 2007 | 2008 | 2009 | 2010 |
Valori assoluti in milioni di euro correnti |
|||||||||
Servizi generali | 89.782 | 107.931 | 120.439 | 128.875 | 127.930 | 134.755 | 140.775 | 132.263 | 132.213 |
Difesa | 11.391 | 12.483 | 13.200 | 13.427 | 20.318 | 21.876 | 23.093 | 25.442 | 23.680 |
Ordine pubblico e sicurezza | 14.783 | 15.954 | 16.588 | 17.916 | 29.332 | 29.982 | 29.806 | 31.587 | 31.186 |
Affari economici | 43.906 | 45.466 | 45.159 | 48.098 | 79.814 | 71.042 | 69.634 | 77.133 | 68.787 |
Protezione dell’ambiente | 3.357 | 3.632 | 3.546 | 3.675 | 8.353 | 8.615 | 9.375 | 9.393 | 8.648 |
Abitazioni e assetto del territorio |
9.897 | 10.146 | 10.537 | 9.948 | 12.053 | 12.193 | 12.671 | 13.705 | 13.036 |
Sanità | 43.775 | 49.850 | 51.577 | 51.189 | 105.160 | 105.896 | 113.098 | 115.252 | 118.075 |
Attività ricreative, culturali e di culto |
5.523 | 5.738 | 5.885 | 6.228 | 12.325 | 13.258 | 13.280 | 13.766 | 12.656 |
Istruzione | 37.819 | 40.975 | 43.027 | 43.492 | 67.273 | 69.774 | 68.211 | 69.358 | 68.213 |
Protezione sociale | 113.207 | 124.035 | 138.201 | 147.109 | 268.384 | 281.004 | 294.669 | 310.186 | 316.991 |
TOTALE USCITE | 373.440 | 416.210 | 448.159 | 469.957 | 730.942 | 748.395 | 774.612 | 798.085 | 793.485 |
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