Un articolo di 30 anni fa sul valore dell’ICT

Ho scritto questo articolo per l’annuario del mio liceo classico Dante Alighieri di Agropoli in occasione della celebrazione del cinquantennale della sua istituzione con l’obiettivo di fornire ai giovani studenti motivi di riflessione sulle innovazioni che stavano emergendo. Innovazioni capaci di rafforzare la capacità dell’uomo nel presidio della conoscenza avvalendosi di tutte le opportunità tecniche ma anche per indicare loro i cambiamenti che si annunziavano nel mondo delle imprese e dei settori tradizionali. Si accompagnava nel testo ad altri due lavori, uno dedicato alla Humanitas cioè al nostro essere uomini come soggetti consapevoli e pensanti che in quei licei coltivano studi umanistici ed il secondo ai sistemi dell’economia e della finanza materie la cui padronanza appare inadeguata ed insufficiente in una età in cui si è chiamati al voto e si esprimono decisioni che impattano sulla società e sulla vita di tutti noi.

Poichè ho avuto l’occasione di rispolveralo e di proporlo in lettura in contesti di elevato valore orofessionale ed accademici ho pensato di lasciarne traccia sul mio blog per metterlo a disposizione di quanti hanno familiarità con argomenti della specie. Mi è parso utile giacchè richiamarne i contenuti diventa piu agevole.

Lo scritto sul tema della innovazione contenuto nel testo edito per l’Associazione noi Open.

un bel racconto sulla innovazione

Ho fatto del testo una attenta lettura e devo dire senza tema di preoccupazione per le considerazioni terze che mi è piaciuto tanto; è ricco di spunti anche storiografici sulla evoluzione del tema e sui suoi collegamenti con il contesto ambientale e culturale ed ho pensato ai appostarlo anche sul blog per la fruizione di quanti non sono in possesso del libro che lo contiene.

Aggiungo alcuni stralci solo per stimolarne la lettura giacchè il testo in pdf va aperto cliccando sul link relativo

Parlare della innovazione del cinquantennio che è alle nostre spalle significa ripercorrere la storia delle aziende e dei sistemi macro e microeconomici che, in conseguenza dell’apporto fondamentale della componente tecnologica, IT e Tlc, hanno fatto registrare sviluppi inimmaginabili “di processo, di prodotto e di contesto”, non sempre immediatamente percepiti negli effetti e nella’ ampiezza, ma valorizzati per la dinamica impressa all’ evoluzione della società.

Un contributo di novità non marginale è derivato poi anche da un approccio culturale che ha identificato nel management una leva fondamentale destinata ad alimentare a mantenere vivo e permanente il valore della innovazione come motore di sviluppo della società.

Peter F. Drucker nel suo manuale di Management, prima edizione americana del 1973, nella introduzione scrive “dal boom del management alla realizzazione del management”. “La comparsa del management in questo secolo ha rappresentato con ogni probabilità un fatto di importanza storica”.

Delle aziende, tante, infatti Drucker ripercorre la storia, gli eventi, le scelte strategiche individuando nella managerialità una delle chiavi di successo ed un motore della innovazione. In tutti i Managers, i Ceo, è sempre forte e vincente la spinta a generare valore, ricchezza e sistemi sempre più integrati: l’integrazione negli anni è aumentata grazie alla molteplicità delle risorse tecnologiche e delle connesse.

Sulla scia di Drucker la nascita in America delle grandi società di consulenza ha fatto il resto. “e ancora”

E si legge:le imprese sono il principale luogo in cui si produce innovazione, in cui è dato apprezzare i diversi processi in atto per generare e catturare idee che si trasformano in prodotti e servizi commerciali, in cui si genera ricerca, si migliora la interazione con fornitori, clienti, consumatori, ingegneria, manifattura, marketing ed in cui si investe di più in innovazione”.

“In cui si rivelano gli imprenditori innovativi, che non necessariamente si identificano con le start up, e, non necessariamente, con le piccole e medie imprese ed o con le grandi imprese.”

Innovazione si genera anche nel settore della ricerca universitaria così come nel settore pubblico, sebbene con una ricaduta non sempre immediata sul piano dell’economia e del mercato e diversamente viva per la spinta al nuovo.

Aprendo il link si accede ad una ricca documentazione che la soluzione telematica rende fruibile on line. Quella di carta non ne agevola l’accesso e la consultazione.

https://www.federda.it/wp-content/uploads/2024/04/Pezzo-del-libro.pdf

La digitalizzazione della Pa.

Pensieri in libertà ma non troppo

Marzo 6, 2023

Il pezzo che segue è stato scritto nel 2021 in occasione della uscita della relazione della Corte dei conti sull’Informatica della Pa. La recente pubblicazione del piano 2022/2024 mi ha indotto, poi, ad ulteriori considerazioni. Ho pensato fosse utile integrare lo scritto precedente, oltre che con i documenti della corte del 2020 e del 2022, anche con il recente piano arricchendolo con il documento della UE sulle analisi DESI ( allegato) e con il piano decennale UE in materia di innovazione.( allegato)

Sono documenti fondamentali, da leggere da approfondire su cui occorre riflettere per capire il nostro standing in argomento, la distanza che ci separa con il resto di Europa ed il resto del mondo.

In Italia la  permanente competizione elettorale, le tendenze populiste , ragione dei nostri guai dell’ultimo decennio che si sommano a quelli del ventennio precedente, non ci consentono di guardare con serenità alle prospettive e di capire i malesseri del nostro sistema per il quale non appare compatibile una ventata di ottimismo.

Il pezzo era stato scritto nel 2021 dopo aver letto la relazione della Corte dei Conti sulla Pa e dopo avere, solo in parte , letto la documentazione predisposta dal piano Colao; cercava di capire il perché dei ritardi, di immaginare delle soluzioni e soprattutto di individuare momenti di controllo esterno.

Colto dal  pessimismo l’avevo messo nel cassetto; l’ho ripreso invece alla luce della Governance Draghi che ha provato a trasformato in azioni, nel fare e nel ridefinire le tante ipotesi progettuali alle quali mancavano non pochi tasselli senza dei quali le chiacchiere sarebbero rimaste tali e non si sarebbe capito quale è l’unico possibile scenario nel quale il paese di può muovere: UE.

Due le leve e le condizioni che potevano far cambiare volto al Paese: la disgrazia del Covid che ha sollecitato processi accantonati e tenuti in sordina e la spallata di Renzi che ha permesso la discesa in campo di Draghi le cui idee e il cui approccio strategico erano stati già chiaramente tracciato nei suoi interventi sui quali erano stati fatti tanti commenti largamente positivi nel paese e in Europa.

Nei mesi precedenti erano stati pubblicati a decine documenti di analisi, report di società di consulenza, della pubblica amministrazione, tutti intesi ad individuare le priorità verso le quali si sarebbe dovuto muovere il piano strategico nazionale diretto a sostenere la ripresa e la crescita dell’Italia, a valle delle conseguenze indotte dalla pandemia ex Covid 19, anche per spendere le somme assegnate dall’Ue di cui al noto recovery Fund.

Non so quante associazioni quante istituzioni, centri studi, giornali si erano fatti carico di sciorinare idee, piani teorici; si contano a milioni i caratteri spesi per presentare in maniera puntuale il fabbisogno del paese Italia.

E’ uno sforzo apprezzabile quello di dimostrare quante idee ci siano, quanti sono i centri di attenzione e quanta cura abbia la parte pensante dell’Italia, degli intellettuali e degli organismi di rappresentanza delle diverse categorie e classi sociali, tutti intesi a segnalare ed evidenziare i grandi deficit organizzativi, soprattutto strutturali che questo paese presenta dai parecchi anni.

Sono tutti ben noti, forse arcinoti.

Se si prova poi a fare un confronto tra tutti questi documenti ed a mettere insieme le idee dello sforzo fatto dal gruppo Colao, sintetizzato nel documento dei famosi giorni degli Stati generali, tra di essi non si intravedono elementi di differenziazione.

Le diverse pagine che hanno avuto ad oggetto questo tema così importante per la nostra società sembrano fatte a stampa ; neppure uno sforzo di fantasia riesce a cogliere le diversità che forse sono più attestate sulle priorità.

L’Italia è un paese che pensa tanto e che scrive tanto, che dispone di opinionisti di eccellenza e di grossi centri istituzionali di riflessione: se si dovesse e si potesse leggere tutto passeremmo il tempo in maniera proficua nell’ acculturamento.

E poi non mancano le indicazioni che periodicamente ci vengono da Ocse, Imf, Eurostat etc. etc.

Forse a scrivere ed a disegnare idee il paese non ha eguali.

Sono, siamo, tutti bravi a raccontare.

Peccato che, come diceva Matisse, dopo aver disegnato una pipa “ceci n’est pas une pipe” occorre, perché sia tale, la sua costruzione, la sua realizzazione.

E qui casca l’asino: occorrono almeno due grosse precondizioni. 

Una ferma volontà politica, non ferma ma fermissima, che non faccia sconti a nessuno e che, una volta definite le vere priorità del paese in una visione strategica di almeno breve periodo, non dica si a tutti ma al contrario dica tanti no che arrechino anche disturbo al cittadino nella consapevolezza di realizzare il bene a tendere del paese.

Come è noto il ventennio, diciamo anche il trentennio, alle nostre spalle ha consegnato al paese una governance che ha dovuto mediare, concedere per la sua sopravvivenza, tanti si e tante elargizioni senza peraltro affondare il bisturi dove  era necessario e senza di fatto disturbare il manovratore di turno nelle diverse aree della pubblica amministrazione e della economia.

E soprattutto si è maggiormente spesa ad accontentare la massa del cosiddetto popolo con tante elargizioni. Un recente bel testo di Alberto Brambilla “ Le scomode verità “ su tasse pensioni, sanità e lavoro sta aprendo gli occhi, benché quegli effetti negativi fossero stati messi nel conto dei guasti fatti al paese e soprattutto alla mentalità dei cittadini convinti di dover insistere sui diritti senza mai rispondere dei doveri che sono di lealtà e trasparenza.  La lista è lunga.

Il risultato peggiore della instabilità e sotto gli occhi di tutti

Non vi è un solo indicatore che possa soddisfare non i cittadini che, tutto sommato, non hanno titolo per chiedere di più rispetto a ciò che danno, che forse non ne sentono neppure il bisogno altrimenti avrebbero alzato barriere, ma quanti hanno motivo di principiare relazioni con il bel paese sul quale devono fare affidamento e su cui devono contare.

Se poi si passa alla seconda precondizione che è data dalla capacità realizzativa in un contesto complesso non si riesce ad immaginare chi possa condurre a buon fine un progetto (la digitalizzazione totale della PA) che non nasce oggi ma che affonda le radici almeno nel ventennioo passato.

Uno steering committee forte deve avere alle spalle decisioni ed obiettivi chiari ed un piano realizzativo che non si faccia condizionare da Nymbi, campanilismi, lobbying e manovre fuorvianti.

Come si può e si deve fare in questi casi?

Comunicando in maniera trasparente a tutta la società gli obiettivi attesi, gli scopi e le finalità, i vantaggi, i valori aggiunti da costruire; comunicando a tutti le aree che potrebbero essere toccate da una disruption, meglio da riorganizzazioni, ed indirettamente evidenziando alla società le possibili ed eventuali iniziative che favoriscono le azioni necessarie.

La visibilità deve essere il metro di confronto tra cittadini che sono chiamati a capire ed a valutare magari anche con la intermediazione di soggetti terzi che rappresentano tutti ( meglio senza ) e non le categorie sociali o classi o interessi precostituiti che sono sempre orientate dal no.

Alzare il livello di informazione per la societàin maniera strutturale e strutturata , mettendo a confronto le situazioni attuali, con i tanti risvolti negativi, e quelle a tendere ed i benefici che arrivano alla società con le nuove realizzazioni.

E veniamo  ora al punto nodale: alla digitalizzazione della Pa.

Nel settore della digitalizzazione in generale il ben noto  indice DESI, quello recentemente elaborato, ci pone al 28º posto nel ranking europeo.

Sono anni che il paese elabora piani dell’It, spende risorse, cuce e ricuce senza essere riuscito a smuovere la percezione della Europa ma anche dello stato dell’arte della insufficienza in cui versiamo.

Ci sono benvero anche problemi strutturali, ci sono tante difficoltà note ma il vero tarlo sta nella indisponibilità delle governance di tante amministrazioni per raggiungere il risultato target che invece occorre per fare il salto di qualità.

La Corte dei Conti, avendo i poteri di accertamento, ha prodotto due grossi studi, che si affiancano alle tante indagini di società di consulenza che per mission elaborano analisi, ed ha mostrato un’Italia che molte cose le ha fatte, una Italia che è in mezzo al guado ed una Italia retrograda.

 Si, le leggi, le autonomie, gli 11mila server, tutto vero.

Ma c’è qualcuno che in via Istituzionale, ad esempio, fa capire dall’esterno ai cittadini del Comune Ypsilon quali sono i danni per la  collettività dei ritardi della digitalizzazione?

 C’è un difensore civico che diventa spina nel fianco delle amministrazioni quando il dato è conseguenza della non volontà di fare tutto ciò che occorre?

Questo è un esempio banale che va replicato per tutte le aree in cui questa mission andrebbe esplicata. Perchè occorre ricorrere ad una soluzione siffatta? Perchè la nostra organizzazione politico amministrativa ha costruito negli anni tante autonomie che solo leggi Costituzionali e leggi pesanti possono modificare.

Ed è impensabile.

Occorre quindi far pesare il giudizio sugli uomini che amministrano e che ritardano in maniera molto più diretta ed efficace.

Non basta l’Agenda digitale a raccontarci giorno per giorno i motivi che si frappongono.

 Occorrono spine nel fianco pubbliche dotate di una responsabilità specifica.

Ed occorre anche un sistema sanzionatorio e di riconoscimento di meriti per chi lo fa in modo da far pesare nel confronto la differenze tra la Regione A e quella B, tra il Minstero a con quello B , e cosi via discorrendo.

Se vogliamo negli Enti, Istituzioni ed altro dei ruoli ci sono: sindaci, revisori, consulenti, i difensori civici, la Corte dei Conti, le associazioni dei Comuni, le Convention Regìoni Governo, tutte intese a chiacchierare, scrivere ma senza poteri di interdizione sulle cose sbagliate, sui soldi spesi senza un ritorno ed un valore aggiunto; e poi c’è il bilancio sociale degli Enti pubblici, ci sono organismi di controllo del merito che arrivano a cose fatte.

Insomma c’è una rete che fa impallidire quella degli altri paesi della Ue per non dire dei paesi di natura anglosassone, ma una rete che  ha pochi colpi in canna e che pur avendoli talvolta chiude il lavoro con rapporti che si perdono nel tempo, vengono pubblicati e nessuno li legge.

La sanzione deve essere affidata alla pubblica opinione prima che alle sedi giudiziarie ed ai giornali ed agli opinionisti che scrivono libri ( ultimo in ordine di tempo quello di Boeri e Rizzo” Riprendiamoci lo Stato”); o forse occorre forse avvalersi anche di figure analoghe a quelle che si usano per mettere alla luce i casi di corruzione, non proprio questi, ma opinions leaders, associazioni di professionisti che abbiano compiti precisi di informazione dei cittadini per essere da stimolo a rincorrere dall’esterno tutte le disattenzioni come quella rilevata dalla Corte dei Conti che segnala come nelle amministrazioni pubbliche non ci sono ruoli deputati alla gestione responsabile dell.IT.  Non se ne sente il bisogno.

Nel libro innanzi citato si auspica una misurazione dei risultati in base al giudizio degli utenti, idea suggerita anche da Cotarelli, soluzione che però presuppone una utenza edotta ed informata , consapevole dell’esistenza di procedure e degli obiettivi della stessa, consapevolezza per la quale lo Stato spende da sempre poco o quasi niente, tant’è che non è dato leggere mai nei progetti la parte più importante ,  largamente coltivata nelle aziende private, diretta all’empowerment dei destinatari delle soluzioni IT  pubblica che, si ripete, non sono scritte per la Pa, ma per i cittadini.

Suggerisco per una comprensione del testo qui innanzi esplicitato, che contiene idee banali ,coltivate da sempre, la lettura  delle relazioni della Corte dei Conti

Varrà poi la pena di far capire cosa significa stare in Europa ed essere divenuti tributari delle risorse che ci sono state attribuite.

Forse una lettura approfondita del cantiere Europeo dei prossimi 10 anni può indurci a capire dove siamo e cosa dovremmo poter fare

I documenti qui allegati sono nell’ordine: 1) il piano triennale della Pa 2) il decennio digitale come pianificato dalla UE 3)  delibera della corte dei conti sui controlli della digitalizzazione nella PA 4) la precedente delibera della Corte dei Conti in materia di Controlli sulla Pa ) e stralcio del documento della UE sulla determinazione dell’indice Desi con riferimento alla Pa.

Buona lettura.  La consapevolezza si raggiunge solo cosi.

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piano_triennale_per_linformatica_nella_pa_2022-2024

Decennio digitale

delibera_17_2022_enti

delibera_15_2020_sezaut_vol_II

desin tradotto

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