INNOVAZIONE A MEZZOGIORNO NON E’ PIU TEMPO DI PAROLE
Ho ritrovato tra i files della storia personale questo bel pezzo e a memoria di una storia già raccontata che riguarda il mezzogiorno; lo apposto sul blog per una possibile lettura di quanti si imbatteranno nelle parole dello scritto e nei nomi. Fu pubblicato sul Denaro.it nel 2012.

Visto che siamo in vena di recupero della nostra storia (vedere l’articolo “La lezione di Olivetti che l’Italia rifiuta” di Bruno Esposito, pubblicato sul Denaro di giovedì 4 ottobre) mi permetto si segnalare alla vostra attenzione quel che un ex ceo dei sistemi informativi – anno 1988/2003- è riuscito a fare in tema di innovazione facendo spendere all’azienda una somma che all’epoca si aggirava sui 150 miliardi di lire. Venni nominato in maniera assolutamente inconsueta capo dei Sistemi Informativi solo perchè ritenuto un discreto manager dotato di una solida conoscenza ed esperienza bancaria. I sistemi informativi della azienda attraversavano uno dei peggiori momenti della loro vita: appesantiti nella gestione, tecnologie superate, cultura dell’innovazione da retrò e tante altre cose. La fortuna mi arride: si tenne in quel di Venezia un Convegno sulle telecomunicazioni di cui ancora conservo i testi da parte di una azienda di consulenza , di cui al momento non ricordo il nome (mi pare la Reseau).
Catturai in quel momento il valore delle telecomunicazioni di cui il buon ingegnere elettronico può darmi conto.
Tutte le banche non disponevano di reti aperte ma di reti proprietary, tutte e dico proprio tutte. Erano sotto l’egida per non dire il dominio e la schiavitù dell’Ibm che con il suo protocollo standard impediva a tutte le aziende, compresa l’Olivetti, di diventare suo partner.
Infatti all’epoca tentava di far passare in periferia il suo Os2 che parlava bene con i suoi sistemi. Per sintetizzarla vado alla conclusione non senza dichiarare la disponibilità a far vedere l’intera progettazione di quel sistema.
Ebbene a valle del progetto, scortato da una consulenza di avanguardia per l’epoca, mettemmo intorno ad un tavolo: Bolt Beranek and Newman americana (concentratori ) la ex Sip, che non disponeva di reti intelligenti specie al Sud (l’ultimo concentratore bancario era allocato presso il nostro Ced a Fuorigrotta ), la Olivetti, che proteggemmo per la sua Italianità, e che disponeva di un Pb ( personal banking) che lavorava sotto Windows, antesignano dei sistemi attuali (già abbastanza noto) e la Ibm che forniva solo i sistemi centrali (nei quali era sicuramente leader).
Ebbene dopo quasi 8 mesi di progettazione lo start up avvenne nel maggio del 90.
Occorreva informatizzare tutta la banca (da 1.500 posti di lavoro a circa 9 mila, da 250mila transazioni al di a circa un milione, da tempi di risposta da sonno a tempi di risposta da jet), con una ricaduta sulla banca da non credere per quei tempi tanto da divenire nel 1993 il modello per la Olivetti che nel corso di un Convegno a Cernobbio (si proprio dove si fanno oggi i Convegni che contano) volle presentare il suo miracolo di un Pb (personal banking) che alimentava funzioni dipartimentali gestionali di avanguardia.
Naturalmente venne realizzato una rete intelligente, ma proprio intelligente con capacità di trasporto flessibili e con un back up satellitare da far paura. Mi piace ricordare un episodio di cui conservo religiosa documentazione: quando un giorno il professore, quello vero e cioè Ventriglia, lesse sulla stampa che Unicredit si avviava ad implementare un sistema di avanguardia mi chiamò per riprendermi perchè gli avevo fatto spendere tanti soldi ed ora Unicredit ci sopravanzava. Io preoccupato inviavi un mio collaboratore a Genova per capire.
Il mio collaboratore, che poi per un certo tempo è stato anche Capo della macchina informatica del San Paolo, al rientro produsse una ricca relazione nella quale si leggeva che Unicredit stava solo immaginando di avviare una rete X25 antesignana della rete www (l’ingegnere elettronico può ben intendere) mentre noi allo scadere del Marzo 1993 avevamo, come venne testimoniato anche da Ibm, realizzato un prototipo di sistema bancario open nel quale potemmo infilare anche tutta una serie di applicazioni che rivoltarono il guanto e consentirono per un certo tempo alla mia azienda di essere veramente prima nell’It e nelle telecomunicazioni.
La Sip ingrossò le sue fila a Napoli e l’Ibm al centro direzionale si allargò al punto fa fare un pezzo su una sua rivista (che conservo) così titolato, con le immagini dei suoi collaboratori: I campioni all’ombra del Vesuvio. Uno schiaffo a tutto il Nord visto che la sede nazionale della Ibm era a Segrate.
Naturalmente con quella innovazione crebbero tutti: le aziende che impararono a lavorare in gruppo (a fare contratti in gruppo), i miei collaboratori dell’area tecnica, le aziende di informatica che dovettero sviluppare per noi, perchè la macchina interna non ce la faceva, e soprattutto la banca che mantenne quel punto di forza, purtroppo oscurato da vicende gestionali e mai messo in evidenza ed in risalto perché attratto nella morsa venefica della vicenda bancaria. Ma la documentazione è tutta li per ricordare un momento di grande innovazione che avuto tanti pregi ed uno in particolare: ha salvato per le competenze prodotte tutti gli uomini dell’It e delle telecomunicazioni che nella nuova vicenda bancaria sono diventati punti di forza del nuovo gruppo.
Il San Paolo costruì proprio sull’It e sulle Tlc il momento di sintesi della fusione di lì a qualche anno facendo planare i sistemi informativi senza difficoltà sui suoi dati e sulle sue infrastrutture “Plag to plag”, come si dice in gergo con pochissime integrazioni.
E la Olivetti purtroppo non seppe capitalizzare abbastanza quel punto di forza che avevamo costruito e che grazie ad alcuni collaboratori (di cui dovrei ricordare tanti nomi, cioè gli informatici veri non quelli come me che orecchiavano dall’alto del ruolo manageriale) avevamo saputo ingegnerizzare al massimo tanto da diventare “i campioni all’ombra del Vesuvio” son solo per Ibm ma anche per Olivetti e Telecom. Un po’ di cifre: circa 40 miliardi a Olivetti, altrettanti a Sip e circa 30 a Ibm spesi non solo per l’acquisto dei mezzi ma anche per le risorse dell’azienda americana con sede Segrate che, posso affermare, erano tutte napoletane.
Federico d’aniello ex Ceo Sistemi Informativi Banco di Napoli