Relazione Tenuta a Pavia sull’evoluzione dei sistemi dell’It nelle banche e confronto con la Pa

Ho già detto in precedenza  che ho in animo di recuperare dei lavori fatti in fasi diverse  della vita nel corso delle quali ho scritto testi legati alla attività del momento. Li sistemo sul blog come repository  delle stesse consentendone cosi una lettura a chi ne fosse interessato.  Il testo che segue è la relazione scritta di due testimonianze rese alla Università di Pavia per giovani studenti di economia che stavano avviando una fase conoscitiva sui sistemi informatici della Pubblica amministrazione.La data è dell’ottobre 2005. Sono stato ospite del prof Giovanni Cordini della Università di Pavia.

E’ un testo ponderoso molto documentato come si conviene per una relazione fatta ad uso di studenti universitari e per un contesto accademico. Chi avrà la pazienza di leggere tutto però ritroverà una ponderosa documentazione per la quale va fatta una precisazione. Da quella data sono passati 14 anni nel corso dei quali l’evoluzione tecnologica ha fatto passi stellari. I principi fondanti rimangono inalterati. Se si dovesse condensare il tutto in una pillola per agevolarne la lettura si potrebbe cosi concludere: il mondo delle banche  e della finanza è salita su vettori stellari ed i cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti.

Il mondo della pubblica amministrazione è purtroppo ben lontano dagli obiettivi attesi che costituiscono le ragioni di base della società delle cinque E.

Il cittadino in Italia è ancora in serie B, in alcune parti del paese in serie C  addirittura D.

Il gap digitale con l’Europa è ben rilevato dalle statistiche dell’UE e dell’OCSE . Non sarà anche questa una delle ragioni della bassa produttività del paese insieme al basso tasso di scolarità ?

Evvero, ci sono anche limiti strutturali dati dalle vie di trasporto dei dati. Ma il problema di fondo è costituito dalla insufficiente attitudine del nostro cittadino a farsi protagonista del cambiamento e dalla incapacità e cattiva volontà della politica di far crescere ” il popolo” che  lo vuole più nel ruolo di suddito che non di cives digitale. Si legga su questo Blog il pezzo che tratta il Codice digitale,

Processi informatici del Sistema Bancario e Finanziario negli anni 90: “un utile confronto per i modelli di sviluppo dell’E-government Nazionale ed Europeo.

  1. Introduzione

Sul finire degli anni 80 l’informatica e le telecomunicazioni vivono un periodo di radicale cambiamento e di inaspettata evoluzione. Negli anni immediatamente precedenti poche grandi aziende, quasi tutte americane, dominano il mercato; esse impongono tecnologie fatte di sistemi centrali , cioè di grandi elaboratori e protocolli trasmissivi a per il trasporto dei dati su linee telefoniche dedicate. Protocolli e sistemi, definiti “proprietari” perché capaci di parlare quasi esclusivamente con gli ambienti tecnologici della casa madre, producevano nei fatti un solo effetto: rendevano molto complessa una qualsivoglia integrazione con mondi esterni e molto costoso ogni tentativo di aprirsi verso tecnologie di terze parti o verso ambienti diversi da quelli specifici del business di riferimento.

Era allora del tutto impensabile una relazione tra il sistema delle banche e quello delle imprese, cosi come con altri settori, ad esempio della pubblica amministrazione. Ma lo era anche all’interno delle stesse banche. Quello informatico era, anche a cagione di tali peculiarità, un mondo chiuso, ristretto ed isolato nei diversi contesti, padroneggiato da conoscenze che facevano degli uomini che vi si dedicavano dei guru di scienze, ma ignoti ai più; un mondo costituito da pochi.

I softwares gestionali di banche ed imprese avevano funzioni limitate ed assai poco espandibili; venivano realizzati quasi sempre in casa (in house ) dagli specialisti delle aziende con l’impiego di linguaggi di programmazione complessi; riuscivano ad assicurare funzionalità poco più che minimali. Con quei softwares si affrontava negli sportelli bancari la operatività con la clientela mentre nelle imprese solo raramente si potevano trovare applicazioni con impatti sulla relazione con il cliente. Ben più strutturati erano invece i programmi gestionali ad uso dei mainframe (dei grandi elaboratori centrali) con i quali venivano utilizzati i dati elementari delle singole applicazioni per lo sfruttamento delle informazioni acquisite; venivano realizzati anche essi , tra l’altro, con linguaggi e metodi propri del sistema elaborativo posseduto dalle aziende.

Il sistema era di fatto impenetrabile e poco aduso al colloquio; le banche non parlavano tra di loro e, tutt’al più, quando era necessario per esigenze di raccordo usavano modalità di trasferimento dei files prima su dischi che venivano scambiati materialmente all’interno dei centri di elaborazione, poi mediante trasmissione elettronica degli stessi ( files trasfer programm ) con informazioni costruite in modo seriale e con tecnologie frutto di grandi standardizzazioni. La quantità di dai trasmessi nell’unità di tempo caratterizzava la capacità delle singole aziende costrette in ogni caso ad un lavoro defatigante di controlli tecnici ed amministrativi. I dischi ed i file rappresentavano sempre moneta di conto inviata in grandi quantità. Chi volge lo sguardo all’indietro, in un arco temporale di appena 15 anni fa , avendone consapevolezza, ricordo e capacità di raffronto, trae immediatamente una conclusione banale: l’informatica e le telecomunicazioni di quel tempo se confrontate con i livelli di tecnologia oggi disponibili, si situavano quasi nell’era dei primordi, in una era che per paradosso potrebbe definirsi della preistoria della new society delle cinque “E”, costruita sui cinque tracciati dell’E- government ( nella pubblica amministrazione ) dell’E-learning ( nella formazione e nella didattica ), dell’E- commerce ( nel settore del commercio del B2C ) dell’E-business (imprese del B2B ) , dell’E-Healt ( nel settore della medicina ).2

Qualche esempio può valere meglio di tante parole a tradurre la portata dell’informatica di appena 15 anni fa e la distanza con quella di oggi: la memoria in dischi del sistema centrale di una delle prime 5 banche Nazionali del momento si misurava in termini di giga intorno al 150/200 giga, quanti oggi ( nel 2005) ne può ospitare un Desktop o un Pc portatile di buon livello ad un costo di circa 1500/2000 €.

1)a modalità tecniche per leggere i bit attraverso i segnali delle onde magnetiche

2 )New Society immaginata dal Consiglio Europeo prima nella Risoluzione 376, del Novembre 1996, , sulle priorità in materia di politica relativa alla Società dell’Informazione e in seguito, ripresa poi nella successiva decisione del Marzo 98, la numero 253, del Consiglio che adotta un programma comunitario per incentivare la realizzazione della Società dell’informazione ed infine descritta nella terza decisione del 99, la numero 168 CE, che adotta un programma specifico di ricerca e sviluppo tecnologico e di dimostrazione intitolato la “Società della informazione di facile uso”
3)Nell’Action plan di Lisbona del marzo 2000 si indicheranno poi le linee strategiche per fondare entro il 2005 la nuova società che deve poggiare , in altri termini , la sua solidità strutturale sulle tecnologie già disponibili, sulle tecnologie aperte ed intercomunicanti , fatte di grandi reti di telecomunicazioni, tra cui quella della WWW meglio conosciuta come la madre di tutte le reti “Internet” e fatta di grandi “data base”( basi di dati), capaci di ospitare miliardi di informazioni, al punto da far definire il nuovo ordine sociale attuale come società della conoscenza , cioè del sapere ( del Knowlegment e dell’E-content). Il tutto reso possibile oltre che dalla forza delle telecomunicazioni anche dalle grandi capacità elaborative disseminate ovunque, idonee a gestire nello spazio temporale di nanosecondi miliardi di informazioni anche distribuite in data base diversi, allocati in centri sistemati di aree geografiche lontane tra loro centinaia di chilometri

La capacità di trasporto delle reti in megabit ) che servivano il sistema di una grande banca equivaleva a quella di un solo collegamento Internet di uso domestico che utilizza la larga banda , se si pensa che esso oggi può arrivare anche a 10 megabit ( cioè diecimilioni di caratteri al secondo ).

La Banca richiamata nei due esempi, che è un caso concreto, disponeva di quasi 700 sportelli, contava circa 12mila dipendenti e disponeva di una rete informatica nella periferia nel 1988/90 di quasi 2000 posti di lavoro automatizzati; tutti insieme e simultaneamente i 2000 posti di lavoro forse non erano capaci di immettere, nello stesso spazio temporale, una quantità di dati pari ai 10 megabit.

A) I punti di partenza del sistema

La premessa è fondamentale per capire il punto di partenza dei sistemi informatici delle Banche e della società del tempo, per capire il trend evolutivo che ha segnato nell’arco di un decennio il necessario salto di qualità imposto prima da eventi sopranazionali di natura ordinamentale connessi alla liberalizzazione dei mercati monetari e finanziari in Europa , ed ai nuovi modelli dei sistemi di pagamento nazionali e comunitari, culminati entrambi nel nuovo ordine dell’unico mercato dell’Euro e della finanza globale. Solo successivamente il salto di qualità sarà suggerito anche da esigenze mercantili dettate dalla decisione di rendere più servizi ai clienti ed una tipologia di servizio diversa basata sull’impiego delle risorse di rete.

A1) Assetti organizzativi

Ma la premessa è altresì basilare per capire il punto di partenza degli assetti organizzativi interni ed esterni delle grandi banche 3, per capire il loro rapporto con la società, il loro modello relazionale con i clienti e le aziende , per capire i cambiamenti che sono stati introdotti sulle modalità di gestione interne e sul modello delle prestazioni lavorative , argomenti questi che rappresentano il tema di confronto tra quei sistemi ed i sistemi nascenti o in fieri della società Europea delle cinque E.

Il lavoro si soffermerà in prosieguo in particolare su quello dell’E-government che interessa ai fini della rappresentazione delle tendenze della Pubblica Amministrazione in Italia ed In Europa , delle linee strategiche sottese e dei limiti che esse incontrano nei vari paesi in conseguenza dell’articolazione delle strutture istituzionali e degli ordinamenti che non sembrano, ed è il caso Italiano, favorire del tutto la nuova filosofia delle cinque E.

Chi ha vissuto gli anni del cambiamento nel sistema bancario, specie in un posizione di visibilità dell’intero scenario, ha avuto modo di percepire le diverse ottiche nei singoli passaggi. presenti nelle diverse fasi dell’intera progettazione. Esse andrebbero guardate come esperienza da seguire per traguardare i grandi cambiamenti imposti dalla scenario della nuova società delle cinque E , il cui obiettivo , nella prospettiva della Nuova Europa e delle decisioni di Lisbona, è da ricercare in una sola grande finalità: quella del servizio per i clienti consumer nel settore mercantile ( dell’E- commerce), per i pazienti , clienti della medicina nel settore della salute (dell’E.healt) , e del servizio per cittadini ed imprese e per tutta la società civile ,cliente primaria della pubblica amministrazione in tutte le sue manifestazioni , centrali e locali, e in tutte le sue branche e funzioni ( Ministeri, Istituzioni etc etc )

A2)Le tappe del processo di informatizzazione.Linee guida

Ma andiamo per gradi ed esaminiamo i passi fondamentali dell’evoluzione in un contesto che è stato di successo e che deve i risultati alle diverse pressioni subite al punto da costringere tutta la filiera degli attori a seguire linee strategiche ed organizzative chiare e precise sin dall’inizio, vivacizzate e pungolate anche dall’aspirazione a massimizzare i ricavi ed i risultati del conto economico. Una cosa va anche detta per amore di verità: la pressione normativa, ordinamentale ed Istituzionale è diventata via via più stringente mano a mano che le tappe di avvicinamento all’anno zero della nuova moneta ,l’Euro,si facevano immediate.

A3) Stato dell’arte degli anni 90

Sul finire degli anni 80 i sistemi delle Banche , anche delle grandi, difficilmente avevano la denominazione di sistemi informativi; tutta la attività infatti si fondava su una collection di dati elementari ( raccolta di dati elementari ) favorita dalla natura delle applicazioni della banca , di sportello e retrosportello, 4 e su una successiva attività di rielaborazione dei dati , con procedure specifiche dei sistemi centrali, che riordinavano le informazioni elementari attraverso decine di ore di attività elaborative, tant’è che le funzioni della Banca quasi dappertutto negli organigramma si chiamavano “Centri per la elaborazione del dati”.

La capacità elaborativa misurata in mips era dell’ordine di circa cento mips al secondo ( milioni di istruzioni al secondo) Una banca media ne contava 80/90 , quelle più grandi di più. Quindi per necessità il sistema puntava sulla forza centrale dei sistemi.

3Le banche rappresentavano già all’epoca una punta avanzata nelle tecnologie. Il mondo delle imprese era peraltro ben distante dal modello tecnologico del sistema bancario e finanziario.

c Materia della sessione del 25 ottobre a Pavia

4 esempio delle prime, le procedura dei conti correnti e dei deposito a risparmio, esempio delle seconde, la procedura della contabilità,

di ore di attività elaborative, tant’è che le funzioni della Banca quasi dappertutto negli organigramma si chiamavano “Centri per la elaborazione del dati”.

A5) I grandi eventi tecnologici del 90

Agli inizi degli anni 90 i tempi erano maturi per il grande salto. Le tecnologie cominciavano a fare capolino e si proponevano in Europa come nuova opportunità a condizione di investimenti rilevanti; le esigenze nuove imposte da regole di Vigilanza della Banca di Italia sollecitavano l’adozione di modelli per una gestione dei dati più performante , più immediata e da rendere in tempo reale; le tecnologie dei data base si affacciavano prepotenti dall’America con i cosiddetti Data Base Relazionali , modelli di gestione dei dati che consentivano mediante interrogazioni di avere risposte anche su una enorme quantità di dati ed elaborazioni in tempi più rapidi.

Il modello per sviluppo delle applicazioni in house diventa costoso ed inadeguato per inseguire le tecnologie; l’evoluzione rapida dei linguaggi di programmazione imponeva un cambiamento nelle politiche di realizzazione delle procedure che cosi vengono acquistate dal mercato o commissionate ad imprese di software che tendono alla normalizzazione dei pacchetti applicativi.

L’introduzione del modello di Bilancio Europeo4, datato 1993, e le stringenti esigenze connesse alle segnalazioni di Vigilanza danno alle banche il colpo di grazia e la spinta a cambiare radicalmente la vision dei sistemi informatici che cosi diventano “ sistemi informativi e sistemi di trasporto intelligente dei dati” aperti al nuovo mondo che impone alle aziende non più di pensare solo a se stesse , all’interno della propria organizzazione, ma di pensare al loro profilo  come parte di un contesto più ampio nel quale interagire e del quale poter fare parte e con il quale diventava sempre più necessario parlare solo informaticamente e telematicamente. Nello stesso periodo prende prepotentemente corpo anche un nuovo filone che diventerà fondante per l’attuale assetto dei mercati nazionali ed Europei, ma anche transeuropei, : quello dei sistemi di pagamento che avrebbe preparato ( le prime diagnosi risalgono al 1986) le banche nazionali e quella Centrale (Banca d’Italia ) a ripensare il ruolo nell’ambito del Mercato Unico Europeo.

A6) Il nuovo ruolo delle Banche

La strategia aveva una guida prestigiosa e di livello, nella persona del dott. Padoa Schioppa, all’epoca Vice Direttore Generale della Banca d’Italia; profondo studioso e conoscitore di tutti i meccanismi della moneta e dell’economia ne ha immaginato il pieno funzionamento alla luce del protocollo inserito nel trattato sulla Unione Europea del 1992 e del successivo trattato di Maastricht. Negli stessi anni il sistema Bancario sotto la guida della Banca d’Italia e dell’Abi , nei due settori di competenza dà forza a due Organismi che diventeranno fondamentali per lo sviluppo del nuovo sistema : il CIPA ( Comitato interbancario per l’automazione fondata nel 1968 era deputata ad orienta le banche nella definizione delle priorità e nella adozione dei modelli applicativi di sistema) e il Comitato strategico dell’Abi (sorto nel contesto dell’associazione Bancaria Italiana per normare processi e procedure che dovevano, nella parte alta, diventare procedure di sistema ).  Il primo dei due Comitati sarà per un lungo periodo presieduto proprio dal Dott. Schioppa, divenuto poi membro della BCE ( Banca della Comunità Europea ).

Alle banche nell’intero progetto, di fatto, veniva lasciata la sola autonomia di incidere sui sistemi interni e sulle applicazioni aziendali nella parte bassa , cioè in quel pezzo di procedura che invece doveva interagire con le regole ed il sistema proprio della Banca , fatto di processi e procedure specifiche e che doveva interagire con il mondo applicativo aziendale. Tutto il resto invece doveva entrare in piani rigorosi di modalità e di tempo , con la contribuzione ai costi di sistema rapportati alla forza delle singole banche, ed essere realizzato secondo standard applicativi e tecnologici di sistema.

4 Modello per definizione delle tecniche di esposizione dei dati di bilancio conformati ai principi Europei , per consentire una lettura univoca delle rappresentazioni dei dati esposti nei documenti di sintesi, accompagnato da regole altrettanto univoche per la loro costruzione. Modello Europeo.
5 Le banche alla fine di ogni mese devono trasferire alla Banca d’Italia nella sua funzione di Vigilanza una enorme quantità di dati ; in pratica tutto il data base delle informazioni elementari statiche e dinamiche delle aziende , di tutte le procedure proposte con tecniche e modalità che quasi in via immediata devono permettere alla Banca d’Italia di verificare tutti i profili di rischio della banca ai fini dei ratios, ( vigilanza prudenziale ),di mercato ed anche al fine di consentire alla Banca d’Italia di tenere il controllo delle quantità e delle variabili primarie e secondarie presenti nel sistema :moneta, credito, raccolta diretta ed indiretta ( risparmio, fondi, transazioni finanziarie ete etc )
6 Testo edito dal Mulino editore –anno 1992- Autore Tommaso Padoa Schioppa : La moneta ed il sistema dei pagamenti sintesi dei capitoli Parte prima -1 Sistema bancario e sistema dei pagamenti-2 diagnosi e linee di azione- 3 Gli interventi di riforma e la tesoreria bancaria 4- Le infrastrutture tecniche 5 -Il sistema italiano alla fine del 1991 Parte II Capitolo 6 I rischi di credito- 7 Verso quale banca centrale – 8 Il sistema dei pagamenti internazionali- 9 Un sistema per il Mercato unico.
7 Si tratta di regole e principi che saranno fondamentali per uno sviluppo delle applicazioni di sistema, visto che quasi tutte con l’apertura dei mondi ( e non siamo ancora in ambiente Internet ) finiranno per far parlare applicazioni e dati per assecondare lo sviluppo ad esempio di Pos, Bancomat, bonifici, Rid, Mav, cash management e tante altre ancora e per assecondare lo sviluppo di Centri Applicativi di Sistema quali SIA ( Società interbancaria per l’automazione ) e SSB ( Società dei Servizi Bancari ) che si pongono al Centro del Contesto per fare da governo dei flussi, da instradamento ai flussi e per fare da cerniera tra tutti gli ambienti delle banche piccole, medie e grandi e per fare da cerniera con il Mercato della Borsa, e da cerniera con i mercati sopranazionali ed il sistema delle Banche estere. E tutto deve rispettare una sola regola quella dell’on line e del tempo reale

A7)I fattori di successo

Standard applicativi e tecnologici sono state leve fondanti per trasformare nell’arco di un decennio e forse meno il mondo delle banche da un livello di automazione , per quanto performante ed idoneo, in un mondo di alta tecnologia e di sofisticati livelli applicativi, nei quali il servizio al cliente è diventato una risposta naturale e conseguenziale , tanto che già nei primi anni 90 ( ed esattamente nel 1994 ) venivano pubblicati numerosi tomi a mo di divulgazione interna con i titoli “Verso la Telebanca” ed Innovazione informatica in Banca”.

Ma fondanti sono state anche governance globale dei progetti, date di avvio e date di conclusione , che avrebbero visto fuori dai benefici del nuovo mondo tutte quelle aziende incapaci di partecipare alla realizzazione Un esempio : chi non avesse partecipato alla procedura bonifici in tempo reale , che impone tempi rigorosi di esecuzione, di completamento nell’interesse delle aziende ai fini della gestione della tesoreria e della liquidità e nell’interesse del cliente che deve avere la certezza nei tempi di perfezionamento della operazione. e chi fosse stato presente allo start up della procedura interbancaria avrebbe subito un duro colpo alla concorrenzialità e competività all’interno del mercato.

Quello dei bonifici è l’esempio più banale che può essere però esteso per similitudine concettuale a tutte le applicazioni della banca dalle piccole alle grandi operazioni della finanza , del credito ed tante altre ancora.  In un parola sola a tutto il mondo della operatiività.

Sicchè rincorsa ed allineamento sono stati stimoli e dogmi competitivi, il motivo per sopravvivere nella sviluppo ma anche fattori di successo dell’intera progettualità che ha portato le banche a superare due tappe senza sofferenza : quella dell’anno 2000 millenniun bag e quella del 2001 della moneta unica.

In tutto il progetto non era estraneo l’altro forte vincolo connesso alle segnalazioni di Vigilanza la cui inosservanza era produttiva di gravi irregolarità, oggetto di sanzioni e di altri provvedimenti amministrativi. Insomma la frusta e la carota. Una cosa è certa:tutto il sistema dalle grandi alle piccole ha giocoforza assecondato e bene l’intero cambiamento.

Qualche dato desunto dai documenti della CIPA sullo stato della automazione del triennio 1989/1992 si può cosi sintetizzare:

“ il portafoglio applicativo automatizzato delle aziende bancarie ( notare il termine automatizzato che traduce la funzione di collectione dei dati ) si estende a tutte le attività caratteristiche del sistema bancario ove è prevalente l’aspetto della operatività. Nelle altre aree quelle non connesse alla operatività si nota una tendenza alla automazione di altre applicazioni , quali analisi dei bilanci , gestione della liquidità di tesoreria, gestione dei beni patrimoniali”. Si manifesta un iniziale interesse per i servizi di banca elettronica quali POS, Bancomat.

Il valore dell’investimento complessivo di quel periodo ascendeva per tutto il sistema intorno ai 5mila /6mila miliardi , il settore delle banche era considerato trainante per l’ITC e le TLC.

B )Conclusioni

In sintesi nel decennio le banche sono passate da una automazione spinta ad una informatizzazione spinta, da mondi chiusi in mondi aperti ed interattivi, da processi e procedure manuali con immissione di dati allo sportello alla gestione di procedure in tempo reale che hanno contribuito a modificare pesantemente modalità di lavoro, modelli organizzativi di filiale e di centrale, conoscenze e sistemi con una conseguenza che oggi è visibile e percepibile con grande immediatezza: non esiste più una divisione del lavoro per funzioni, non esistono se non in percentuali estremamente contenute posizioni gerarchiche basate sulla conoscenza della materia, ma solo basate sui poteri decisionali verso la clientela, non esistono se non in minima parte attività di retrosportello cioè di chiusure contabili ed amministrative, tant’è che ormai gli orari della operatività con la clientela sono quasi pari all’intera giornata lavorativa.

Tutto, infatti, viene svolto e risolto con affidamento delle vecchie attività all’elaboratore centrale che ha in pancia tutti i dati del cliente delle aree amministrative,che si accontenta di leggeri aggiornamenti fatti con estrema facilità e che conclude e perfeziona ogni operazione in real time, anche la più complessa ed anche se esprime milioni di €.

E questo real time si è anche trasformato in capacità di interazione delle postazioni domestiche e professionali , tanto che oggi ben 8 milioni ci clienti (dati 2003 ) pari a quasi un terzo dell’intero ceto della clientela bancaria opera da  casa, dall’ufficio, perfeziona ogni operazione senza l’aiuto del vecchio impiegato di banca , salvo i rari casi in cui ha necessità di contante o di un documento materiale quale può essere la consegna di un carnet.

Ma certamente tutto ciò non è stato indolore , ha fatto pagare dei prezzi enormi al ceto dei dipendenti ridotto nel tempo di oltre il 10% della forza lavoro ( nel 2003 n. 338 mila), costretta a cambiare ruoli, posizioni , conoscenze , ridotto nei ranghi direttivi e portati verso un modello adhocratico che snellisce ,semplifica

Ha fatto aumentare notevolmente ( decuplicandole ) il numero delle transazioni, il numero dei conti ( nel 2003 arrivati a 33,3 milioni per il passivo e 7,5 milioni per l’attivo ), la tipologia delle operazioni perfezionate e soprattutto ha fatto diventare tutto il mondo delle banche, della finanza , della borsa, dei mercati in genere un unico gramde sistema elevando complessità e know how per la sola governance.

Ma ha portato anche a fusioni e concentrazioni di aziende ( da circa 1000 del 90 a 788 del 2003) perché l’informatica e tutte le attività connesse quando non sono razionalizzate sono fattori di costo elevati che incidono pesantemente sui conti economici e richiedono pertanto per una efficiente ripartizione crescita delle masse e dei dati amministrati.

Ed infatti il mondo delle banche ha vissuto nello stesso periodo momenti di concentrazione , dettati evvero dalla logica di mercato, ma ispirati soprattutto dalla logica del profitto che è quella che tende ad esaltare i ricavi ed a comprimere i costi.

Insomma l’insieme della società civile ne ha tratto vantaggi solo in termini di servizi accresciuti per numero e tipologia e speditezza di esecuzione ; i bilanci delle banche al contrario dal loro punto di vista hanno contabilizzato significativi  e ponderosi vantaggi in chiave economica.

Uno sguardo ai dati dei bilanci ufficiali netti degli ultimi due anni fa constatare che i conti economici delle sole grandi banche hanno presentato risultati pari alle quantità della manovra di una finanziaria del nostro paese talia, e nonostante le grosse perdite derivanti dalle disastrose operazioni finanziarie ben note..

Ma questo è un altro tema e richiede altra sede per discuterne che potrà essere però di aiuto per capire anche le scelte che invece andavano fatte a monte per razionalizzare i costi della informatica pubblica.

  • Gli obiettivi finali da tenere presenti ai fini dell’analisi comparativa con l’E-government della pubblica amministrazione possono essere così riassunti:
  • le banche dispongono di potentissimi e concentrati sistemi informativi e di reti di trasporto dei dati di eccellenza
  • La Banca d’Italia riassume mensilmente tutti i dati elementari di sistema, attraverso le segnalazioni di Vigilanza, dati che in parte cede anche alla BCE per consentire il controllo sulla liquidità, sulla moneta e sui tassi , in altri termini su alcune variabili dell’economia nell’ambito delle competenze istituzionali del Trattato.
    • E tutto avviene in tempi brevissimi
  • La Banca d’Italia e la Consob, per la parte di vigilanza che le compete, dispongono di una enorme quantità di dati macroeconomici che alimentano il sistema informativo nazionale , sempre in tempi rapidi, per l’esercizio dei controlli di adeguatezza patrimoniale delle Banche , degli assetti e del
  • L’intero sistema bancario e finanziario , dei mercati , delle borse ( tutte ) ,l’intero sistema dei pagamenti nazionali e trasfrontalieri si chiude elettronicamente attraverso le aziende di Sistema ( SIA –Società interbancaria per l’Automazione –per le operazioni di grosso taglio tra banche e clientela ed SSB –Società servizi interbancari- per le operazioni mercantili di piccolo taglio, Pos, Bancomat etc etc ) e si chiude in tempo reale. Gli esempi più banali ma significativi sono le applicazioni sulle carte di credito e Bancomat che prevedono accessi alle banche del cliente e sistemazione delle operazioni nel volgere di
  • Il numero dei conti è arrivato alla iperbolica cifra di 33,2 milioni per quelli passivi e 7.5 milioni per quelli attivi sui quali figurano operazioni creditizie ( l’Italia conta una popolazione di 58 milioni di abitanti, 5 milioni circa di imprese , circa 22 milioni di occupati e circa 20 milioni di famiglie e questi numeri danno l’idea della bancarizzazione alla quale si è arrivati )
  • Il numero delle carte di credito attive è di ben 13 milioni , come di 24,7 milioni è quello delle carte di pagamento, mentre ai tradizionali n. 31 mila circa sportelli si aggiungono 27 mila Bancomat e 678 mila
  • E da ultimo il numero dei servizi di Home banking sempre al 2003 è di bem 8 milioni di
  • Le sole transazioni sui Pos ( dati della Banca d’Italia al 31 12/2004 sono state …………………

Sono numeri che impressionano ed erano assolutamente impensabili meno di 6 anni fa.

Ma per raccontare il livello di efficienza del sistema, occorrerebbe citare anche l’area contigua della finanza e dei mercati , in uno ai sistemi di pagamento, i cui dati hanno abbattuto , quasi azzerandoli , documenti cartacei e titoli di credito divenuti una specie residuale. Insomma l’obiettivo dell’Economia “paper less e cash less” , senza carta e senza moneta scritturale è stato raggiunto in pieno. E questo riguarda anche il mondo delle azioni, dei titoli di stato e delle obbligazioni che sono solo espressioni telematiche tradotte in bit in tutti i sistemi informativi.

E da questo punto occorre ripartire per capire quali sono i motivi per i quali il Progetto di “E-government, di E-Healt e di E- Learning” stenta a decollare salvo rare eccezioni.

I

L’Europa delle cinque “E”

Per capire l’’E-govenment occorre riandare alle origini dei Trattati, delle Risoluzioni, delle Direttive delle Unione Europea ; aiutano a capire quando sono nati i principi fondanti del fenomeno che sta attraversando l’Europa , di cui si parla molto poco , molto meno di tutte le politiche dei vari settori, molto meno di tanti eventi ad effetti più limitati

Di questo fenomeno delle cinque “E” della Società dell’Informazione Europea di cui in silenzio si stanno portando avanti progetti che cambieranno radicalmente le fondamenta della società nazionale ed Europea e che impatteranno anche sul modo di essere di noi cittadini europei ,con effetti a mio avviso rilevanti sui contenuti e sui profili della cittadinanza,si avranno ricadute oggi impercepibili nel loro insieme, impensabili e con effetti di deconstruction come dicono gli esperti di organizzazione e delle scienze sociali. Si deve smontare la vecchia Società Nazionale ed Europea per ricostruirne una altra.

La collettività nel suo insieme non ne ha grossa percezione; anche la politica non ne avverte l’onda d’urto, per fortuna, non la cavalca. La politica è disattenta, forse considera tutta l’Ict e le Tlc una materia per addetti ai lavori, anche quando essa nelle decisioni alte finisce per irrobustire Aziende , Regioni, Città. La politica vede più l’amministrazione nel suo insieme, fatta di regole e meccanismi che non di processi e tecnologie.

I giornali dicono poco rispetto all’ampiezza del fenomeno, lo dicono solo quelli con un certo profilo. Le grandi associazioni ( le lobby di potere) guardano ciascuno il loro pezzo ed interpretano le esigenze di parte. I testi dei giornali sono, infine, frammentari, più legati agli eventi che non ad una funzione di education, ( non è il loro mestiere ) e non danno la visione d’ensemble che è percepita solo dagli addetti ai lavori.

La televisione è quasi assente. Le materie trovano spesso in Rai Educational sui canali digitali (quindi con audience limitata , in orari limitati )

Le informazioni tutte sono invece largamente presenti sulle decine di siti dedicati difficili da interrogare per la complessità delle tematiche ed anche perché accedervi senza una preparazione di base senza sapere la loro storia , la loro origine , la loro finalità può contribuire a disperdere.

Se si potessi costruire un solo sito. o fare un libro, per spiegare le finalità di ognuno, indicando le aree di maggiore interesse per ogni tipologia di utente sarebbe un’opera di grande rilevanza nazionale,tanta è l’enormità di dati e tanto ponderosa è la documentazione che richiama ad altri link e ad altre materie e tanto forti sono i legami con il Diritto pubblico, con il Diritto amministrativo, con il diritto Costituzionale, con la Giustizia amministrativa, con il funzionamento della macchina pubblica.

E tutto ciò accade anche per una ridondanza che è tipica delle fasi in cui tutti fanno tutti e non c’è una autority o una funzione che governa le informazioni. Ma a valle dell’intero progetto ci saranno cambiamenti epocali della società, delle masse, dei ceti, della ricchezza , delle professioni ; sono cambiamenti che andrebbero governati nel durante e non a fine corsa.

Uno dei più grossi rischi è quello del digital divide di cui si parlerà con richiami specifici

Tutti gli esiti finali dell’Europa delle cinque “E” sono peraltro ampiamente descritti , immaginati esplosi in alcuni documenti fondamentali della Comunità.

Di ICT e di Telecomunicazioni i Trattati non ne parlano; ed anche quello di Maastricth, molto noto per una serie di ragioni diffuse ( Unione Europea, Vicinanza ai cittadini, cooperazione, progresso economico e civile, moneta unica , cittadinanza dell’unione, tema caro al Prof Cordini, artt a e B ed altri ) non ne parla né nei 17 Protocolli né nelle 33 dichiarazioni se non indirettamente alla dichiarazione n.ro 17 quando cita il diritto di acceso all’informazione.

Ne parla per incidens nella parte prima dei principi lettera M. quando dice che l’azione della Comunità comporta la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico e l’incentivazione della creazione e dello sviluppo delle reti transeuropee.

Dichiarazioni di intenti che non vengono tra l’altro ripresi nel 1996 nel Trattato di Amsterdam che ha una finalità di natura Istituzionale, sull’acquis di Schengen, su alcuni profili della cittadinanza , sull’allargamento, sugli organismi. Infine nelle 50 dichiarazioni non vi è alcun cenno alla società della informazione.

Ma di Ict e di Tlc si comincia a parlare anche con obiettivi chiari nel libro Bianco di Delors del 1993 (1993) “Crescita, competitività, occupazione Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo – Libro bianco e se ne parla nel successivo libro verde del 1996 Libro verde (Vivere e lavorare nella società dell’informazione )

 

  • Quali sono i documenti fondanti?

Se fa un rapidissimo cenno. Sono una fonte inesauribile di conoscenza sui cambiamenti dei prossimi 5 anni, favoriti tra l’altro da una velocità delle tecnologie solo fino a qualche anno fa inimmaginabili.

Il primo è la risoluzione del Consiglio del 27 novembre 1995 sugli aspetti industriali nell’ambito della creazione della Società della Società della Informazione.

Il secondo è la risoluzione del Consiglio del 21 nov 1996 n. 96 /C 376/01 sulle nuove priorità in materia di politica relativa alla società della Informazione in cui il Consiglio invita a migliorare i servizi pubblici istruzione , sanità , cultura,trasporti e amministrazione, e l’accesso ai servizi.

Poi arriva la risoluzione del Consiglio del gennaio 1999 168/CE che adotta un programma specifico di ricerca e sviluppo tecnologico e di dimostrazione intitolato “La Società della informazione di facile uso, dove per la prima volta si parla anche di “amministrazioni”

In esso c’è scritta tutta la summa teologica sull’uso dell’ICT e c’è un capitolo dedicato alle amministrazioni pubbliche con un richiamo forte alle informazioni per l’ampliamento e l’approfondimento dell’Unione Europea soprattutto per raggiungere cittadini nelle zone più remote e rurali. Leggere quei testi ed immaginare lo scenario finale della società di qui a qualche anno in avanti è un tutt’uno.

Gli stimoli sono enormi .Aiutano a capire quali saranno le nuove professioni vincenti , le attività vincenti sul piano della impresa e dei servizi,quali saranno gli strumenti, i supporti , i modelli relazionali ,come sarà la nuova società dopo il 2010..

Ma il documento che sintetizza tutto è la risoluzione del Parlamento Europeo su E-Europe “Una società dell’informazione per tutti ( tutti cioè cittadini, imprese , professioni, istitituzioni, nazioni etc )”, su iniziativa della Commissione per il Consiglio straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000.

 

Per la prima volta su parla di E-Europe cioè l’Europa delle 5 “E”cioè della Europa della Informazione e della informazione come strumento competitivo per (E-gov., E-Healt,-E-learning-, E-commerce- e-Business )  che copre un periodo 2000/2002.

 L’Unione comincia a mettere a disposizione risorse e budget , regole e piani. I documenti ai quali riferirsi per capire il nuovo mondo sono :

Il Piano di azione per il Consiglio di Siviglia del 21 e 22 giugno 2002 tra cui si parla di moderni servizi pubblici on line ed Il documento n. 2 sugli indicatori per l’analisi comparativa tra paesi.

Il programma di lavoro viene inserito nel VI programma quadro con un budget di 2,660 miliardi di Euro sino al 2005. le ricadute sono quelle dei Por e delle altre iniziative cofinanziate a carattere nazionale e regionale e locale.

 Stato dell’arte in Italia tra passato e presente

 L’Aipa e la legge Istitutiva del 1993.

All’epoca dei documenti comunitari l’Italia non versava in una situazione di arretratezza

Per saperlo basta leggere l’art 7 del Dlgs 12 febbraio 1993 n. 39 “Norme in materia di sistemi informativi ed automatizzati delle amministrazioni pubbliche” e leggere ancora i documenti dell’Aipa dal 1994 in avanti per capire quanto lavoro nel periodo sino al 2001 sia stato fatto per far penetrare nella Pubblica amministrazione l’ICT, peraltro senza risorse dedicate e con un assetto normativo, organizzativo e strutturale inadeguato.

Ma leggi fondanti ai fini del cambiamento nella Pa sono quelle sul funzionamento della macchina pubblica : quella del 1987 delle Bassanini , e della Bassanini bis e ter sulla semplificazione amministrativa e la legge 7 Agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo, pietra miliare del rapporto cittadini pubblica amministrazione.

L’Aipa sulla materia della informatizzazione scrive decine di documenti, pagine , direttive e piani con una efficacia ed una effettività di poteri “relativa”. Trattasi di una autority che viene percepita più come un organo tecnico che come un organo strategico e politico.

Copre tutti o quasi gli spazi e le tematiche e non poche di esse vengono anche assunte in dlgs ancor prima della partenza dei piani Europei e dei piani Nazionali battezzati sotto l’acronimo dell’E-gov.d Viene anche istituito un Comitato dei Ministri per la Società dell’Informazione.

 Mancano però talune risorse di cui si dirà e manca la finanza che sarà poi alimentata, anche come risorsa aggiuntiva, specie nelle aree dell’obiettivo 1 attraverso i piani ed i programmi del VI programma quadro con i fondi della Comunità attraverso i Por Regionali ed altre risorse aggiuntive partitamente per i piani di sviluppo degli Enti locali a cominciare dalla Regioni.

Il dopo è da collegare alle iniziative della legislatura in corso che di fatto ha sfruttato l’abbrivio documentale dell’Aipa, le risorse della Comunità, il piano ineludibile 2002,2003,2004,2005 per stare al passo con l’Europa , il piano di E-gov per le Istituzioni locali e tante altre opportunità sia di natura organizzativa che di natura legislativa e regolamentare.

Senza voler scendere nelle diverse aree di funzionamento delle Pubblica amministrazione va detto e precisato che l’obiettivo finale dei piani , di tutti i piani, che da esso sono accomunati , è quello di far colloquiare come avviene nel sistema bancario e finanziario il cittadino e le imprese, senza limitazione di materie e senza limiti nella interlocuzione ,in maniera agevole e come si usa dire “friendly”,con tutti gli Enti dell’amministrazione centrale e locale. E questo deve poter accadere anche nel settore della sanità, della medicina e della formazione.

dFirma digitale: Direttiva 1999/93/CE, Legge 59/1997, T.U. 445/00 (Testo unico in materia di documentazione amministrativa

Efficienza interna della Pubblica Amministrazione:

Documento informatico: Legge 59/97, T.U. 445/00 (Testo unico sulla documentazione amministrativa), Dpcm 13/1/04 (Regole tecniche documento informatico).

Rete Nazionale della Pubblica Amministrazione e Sistema Pubblico di Connettività: Legge 127 del 1997.

Protocollo informatico: Dpr 428/98, T.U. 445/2000, Dpcm 31/10/00, Dpcm 14/10/03, Direttiva Pres. Cons. Min. 28/10/99. Archiviazione ottica Del. AIPA 42/01

E-procurement: Dpr 4/4/02, Regolamento per l’acquisto con procedure telematiche.

Processo telematico: decreto ministeriale 123/2001.

Telelavoro: Legge 191/98, Dpr 70/99, Del. AIPA 16/01. Armonizzazione IVA: D. Lgs. 52/04. Valorizzazione delle risorse umane (accesso e alfabetizzazione):

Sportello Unico: D.lgs. 112/98, Dpr 447/98.


I motivi sono chiari: efficacia ed efficienza dei servizi, abbattimento di fasi burocratiche e trasparenza, razionalizzazione dei procedimenti, riduzione di costi nella società per il cittadino comune e per le imprese che devono poter interagire con l’Ente di turno da casa o dalla sede dell’azienda, come oggi avviene nel sistema bancario.

Alla base delle nuove modalità il progetto sta facendo registrare evoluzioni tecniche , normative e strutturali fondamentali.

Con decorrenza 1 gennaio 2006 la Società tutta si avvarrà di un nuovo ordine giuridico costituito dal Codice Digitale , fatto di ben 76 articoli ponderosi, assistito da norme tecniche che in buona sostanza recitano della possibilità del cittadino e delle imprese di poter pretendere che il rapporto si sviluppi solo ed esclusivamente in maniera digitale.

Strumenti di questa nuova riorganizzazione la posta elettronica , la posta elettronica certificata , la carta elettronica per i cittadini e le imprese ; per le pubbliche amministrazioni il protocollo elettronico, il documento elettronico , gli archivi elettronici ed un riassetto che deve trasformare tutti i back office in front office , atteso che le operazioni devono potersi concludere solo ed attraverso la telematica.

In altri termini la Pa tutta deve ,in analogia al processo completato all’interno del sistema bancario, pervenire ad un livello di automazione tale da poter gestire pratiche semplici e complesse , ed anche pratiche nelle quali sia richiesto il contributo di un solo ente o di più enti , il tutto con una sola attività un solo procedimento.

Il progetto si snoda in tre livelli: quello centrale riferito alla Pa Centrale, quello intermedio riferito agli Enti Regionale cui può essere associato il mondo delle Istituzioni Province e quello periferico dei Comuni.

 In sintesi si può dire : che l’Amministrazione Centrale ha raggiunto punte di eccellenza riconosciute anche in Europa in alcuni Ministeri , ormai pervenuti ad un elevato livello di informatizzazione ( Finanze, Mef, Agenzie delle Entrate, ) ed in alcuni Enti , Inps.Inail , etc ove sono prevalse ottiche di riorganizzazione ai fini della cassa e delle speditezza dei processi connessi ed ottiche di riassetto della finanza pubblica.

Molti Ministeri sono impantanati in complessità che trovano anche ragioni in ritardi storici ed inefficienze derivanti da resistenze del sistema: Il Ministero della Giustizia. è un esempio. Il processo telematico già immaginato dall’Aipa è ben lungi dall’arrivare alla meta.

Le Regioni e le Province che non sono deputate a sviluppare un rapporto diretto con il cittadino presentano un vestito variegato e sono un po’ lo specchio dell’efficienza complessiva del sistema , derivando esse le risorse anche , in parte , dai bilanci propri ed avendo esse una autonomia che deriva dal rango Costituzionale, nel primo caso, e nel rango derivato dell’autarchia per le funzioni assegnate alle Province.

E qui cominciano i primi problemi della nostra società, che sono di scelte, di progettazioni autonome, di modalità che purtroppo sono state anche frutto della storia e del passato.

Sul sito del Cnipa. http://www.cnipa.it e sul sito cricitalia.it sono stati pubblicati i tomi 2004 che Regione per Regione rassegnano lo stato dell’arte del paese che, in considerazione delle problematiche sottese, finisce per diventare un paese a due tre velocità, in funzione dell’autarchia , della autonomia , della devolution , con una ricaduta ancor più pesante di quello dello stato dell’economia, perché automazione ed informatica sono condizioni strutturali che non si recuperano in mesi e lustri e che segnano differenze nella qualità della vita e dei servizi abissali irrecuperabili. Il sistema bancario tutto lo ha percepito tanto che oggi è difficile cogliere differenze nei servizi tra piccole e grandi se  non nella qualità e nella capacità dei rapporti.

Sullo stesso sito del CNIPA viene pubblicato in rassegna lo stato dell’arte dell’automazione dello Stato Centrale che vede punti di forza e di debolezza, aree quasi complete che introducono nella amministrazione centrale anche grandi cambiamenti nelle strutture e nei processi.

Per una comprensione dell’impatto va navigato il sito dell’Ex Tesoro oggi Mef.

In tutti i siti dei Ministeri è comune una grande dote di informazioni e di dati che da soli aggiungono valore all’idea progettuale.

Ma il vero problema italiano sul quale sono in corso studi,approfondimenti ed iniziative è quello degli Enti Minori , Comuni,Comunità Montane, Piccole Province che sono poi gli Enti deputati ad erogare secondo gli obiettivi della Comunità Europea e Nazionale 40 servizi fondamentali per i cittadini e 40 per le imprese che devono di fatto sovvertire il modello di società.

La devolution, l’autonomia amministrativa ed organizzativa saranno un problema sino a quando le amministrazioni, o meglio gli amministratori ed i politici, non avranno capito che il loro business è il servizio, come previsto dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, che può e deve essere, attraverso soluzioni economiche, affidabili e di qualità. Quindi anche attraverso soluzione non proprie ma gestite da terze parti o attraverso soluzioni consorziate , consortile le più ampie possibili. Non una informatica per ogni campanile ma sotto un solo stendardo.

Imprese e cittadini, ma poi dobbiamo aggiungere studi , professioni, associazioni e chiunque abbia motivo di rapportarsi ,devono poster utilizzare un solo modo per relazionarsi: utilizzo dello strumento della rete.

L’E- government che non nasce, come per le Banche, sotto la spinta della rivoluzione ordinamentale, istituzionale ,  che non ha una scadenza ineludibili ( come l’Euro ) che non ha subito dalla fase di avvio la governace unitaria delle standardizzazioni di modelli , di processi e di procedure , che non è soggetta a sanzioni se non di natura politica attraverso il voto, ma che invece è stata anche un po’ lasciata libera di produrre e di pensare , è diventata e diventerà, a condizione che la società se ne avveda , il problema sociale degli anni dal 2005 in avanti. Il digital divide già presente sarà cosi di territorio, di infrastrutture ed anche di servizi.

Circa 12 milioni di cittadini quanti sono quelli dei Comuni sino ai 5000 abitanti difficilmente potranno aspirare a servizi on line. Ma differenze significative dipendenti dalle scelte sono anche dei Comuni Maggiori o Medi. Di certo si può dire che già oggi il digital divide è un problema rilevante sia per il paese al suo interno ma può esserlo anche domani per la Comunità che sulle cinque E punta per accrescere efficienza e competitività..

Conclusione:

Non è possibile in poche e sintetiche battute dare conto della Entità del problema.

Forse questa è materia di cui si dovrebbe fare carico una Autorità che renda pubblici i dati e le differenze e li faccia sapere .

E per stimolare la lettura in chi voglia ampliare il tema e capire cosa sta succedendo si segnalano i seguenti gruppi di siti, cui se ne potrebbero aggiungere molti altri che integrano le informazioni disponibili, tra cui quelli dell’E-Healt

Va anche detto che al tema di carattere generale dell’intera materia può subentrare anche la esigenza di esaminare singole aree, sulla base della divisione funzionale delle competenze dello stato.

Certamente all’obiettivo interno dei servizi va aggiunto per la migliore comprensione quello più generale costituita dal processo di completamento della Unione Europea, che mano a mano tende ad avvicinare legislazioni norme e modalità di esercizio del diritto di cittadinanza.

Certamente la leva dei sistemi informativi, dei dati e dei processi che li supportano è un fattore unificante. Lo è stato nel sistema bancario può esserlo in altri, a condizione che il presupposto normativo ,che ha linee comuni, diventi sempre più anch’esso unificante.

http://www.elearningeuropa.info/ http://www.learningcitizen.net/

Siti che presentano il problema , le iniziative in corso , che vedono l’Italia almeno in questo settore in forte ritardo, soprattutto nelle Università.

http://europa.eu.int/information_society http://www.innovating-regions.org/index.cfm http://www.europportunita.it http://fp6.cordis.lu/index.cfm http://www.eipa.nl/default.htm

http://europa.eu.int/information_society/eeurope/2005/all_about/egovernment/index_en.htm http://www.oecd.org/document

Siti dell’Europa dai quali è possibile attingere strumenti ed informazioni relative al processo di normalizzazione della pubblica amministrazione, di normazione Europea e di informatizzazione.

http://www.cnipa.gov.it http://www.impresa.gov.it http://www.impresa.gov.it http://www.crcitalia.it http://www.indicepa.gov.it/mappa.php http://www.italia.gov.it http://www.mininnovazione.it/

Siti nazionali i più importanti dai quali è possibile attingere normativi, strumento conoscitivi strategici, progetti, risorse impegnate e quant’altro che la sede di un piccolo documento non può riassumere e tradurre se non attraverso idee e indicazioni.

Forse il paragone con il sistema bancario fatto di circa 500 mila addetti e di 788 banche non è idoneo, perché i pubblici dipendenti oggetto della riorganizzazione e del nuovo modello culturale sono circa un milione escludendo medici ed insegnanti) sotto in cappello di Ministeri , Regioni 21, Province 101. I grandi Comuni non assommano a più di 50.

Ma chi volesse leggere qualche articolo pubblicato sul Denaro, giornale della Campania, sul sito il Denaro.it non ha che da fare una ricerca sugli articoli pubblicati sotto il nome di federico d’aniello.

Un pezzo sul ruolo delle banche nelle dinamiche della economia criminale

Ho pensato che il Blog possa rappresentare  il repository dei miei tanti impegni per i quali ho scritto per esigenze particolari. Quindi apposto un pezzo del 2014 , pubblicato su un libro che è ad uso universitario. E’, a mio avviso, interessante perchè fa giustizia di tanti luoghi comuni sulle banche cosi come prova a far capire l’orientamento della politica in materia fiscale che ha sempre richiamato, come spesso ha fatto anche parte della magistratura , le manchevolezze sul sistema bancario a giustificazione dei ritardi sulla incisività vuoi dei risultati in tema di antiriciclaggio vuoi dei risultati in tema di evasione fiscale. Vorrei solo ricordare che l’ABI  nel periodo caldo pubblicava un libro, tosto, un tomo molto articolato dal titolo: le banche ausiliarie  di giustizia.

CapitoloQuinto
Banche, istituzioni finanziarie e sviluppo delle imprese criminali

 

5.1 – Premessa

Le attività e le imprese malavitose hanno fatto registrare nel ventennio uno sviluppo costante; il dato più allarmante è, però, costituito dalla crescita continua dell’economia sommersa (sommerso economico in cui è da comprendere il sommerso criminale) valutata in 410 miliardi di € pari 27%[1] del nostro PIL (con un’evasione fiscale stimata di 180 miliardi di €)[2]. Il che induce a una riflessione sui modi e sull’efficacia nel tempo circa la tenuta del sistema delle banche e delle istituzioni finanziarie rispetto agli obblighi nuovi derivanti dalla legge 197 del 1991 e successive modificazioni (la 231 del 2007): legge antiriciclaggio[3]. Obblighi nuovi, che si aggiungono a quelli preesistenti già inquadrati dalla pubblicistica quali funzioni ausiliarie delle pubbliche autorità al punto da far definire le banche, da parte dell’ABI, “ausiliarie di giustizia” (La banca ausiliaria di giustizia, 1997). Dal 1991 l’intero sistema diviene destinatario di un munus pubblico aggiunto, diviene portatore di una delicata funzione socio/economica costituita dalla partecipazione attiva al contrasto verso il crimine finanziario che va sotto il nome di riciclaggio; modalità quest’ultima con la quale il denaro, frutto di attività illegali, viene ripulito attraverso il sistema finanziario e reimmesso nel circuito dell’economia legale attraverso i canali delle aziende bancarie. La partecipazione delle banche e del sistema finanziario alla lotta verso la criminalità organizzata e la collaborazione attiva sono state dal quel momento considerate una risorsa fondamentale[4] tra tutte quelle disponibili finalizzate al contenimento dell’economia criminale e auspicabilmente alla sua eradicazione. I dati che ne segnano l’entità nel mondo, in Europa e in Italia, rappresentano una grave minaccia per i mercati e l’economia (UNDOC, report 11/2011). L’intreccio tra economia legale e illegale, tra finanza e malaffare, quale patologia del sistema, viene sovente considerato un male inevitabile delle società complesse. Accettando questa visione in parte cinica in parte rassegnata si dimostra di non avere abbastanza fiducia sul fatto che questa malattia socio-economica può essere significativamente ridimensionata sol che se ne voglia veramente la sua fine.

«Vero è, invece, che essa vive e prospera solo in conseguenza di imperfezioni nella costruzione, tempo per tempo, dei meccanismi di presidio, di imperfezioni risalenti a cause storiche, congiunturali, di cultura, di assetto organizzativo dipendente dall’insufficienza delle risorse a disposizione della società e dalla priorità che si assegnano. Essa è anche funzione della scelta operata dal malavitoso se compiere o non compiere il crimine, scelta razionale basata su un confronto costo benefici dato dall’impunità e dall’entità della sanzione rispetto al ricavo dei guadagni illeciti.» (Donato e Masciandaro, 2005)

Approfondire le modalità con le quali può manifestarsi l’intreccio/relazione colpevole o inconsapevole del sistema finanziario con le aziende e le attività malavitose che indeboliscono la tenuta degli assetti sociali e del sistema economico generale appare doveroso e utile.

Lo studio, però, non può prescindere dall’analizzare la reale efficacia nel tempo del quadro legislativo dipendente anche dal suo rapporto con altri sistemi di prevenzione e di repressione oltre che con le note carenze sistemiche: una per tutte quella della disciplina per lotta all’evasione portatrice di un inspiegabile ritardo[5] e la mancata adozione nel sistema penale del reato di autoriciclaggio[6]. La lotta all’evasione, specie in Italia, è tema strettamente connesso all’altro dell’economia criminale a cui appare contiguo e spesso strumentale (CRIM, Tavares, 2012 e Audizione pres. Corte dei Conti, 2013 Montecitorio). Purtuttavia non si può escludere che l’intreccio possa essere conseguenza di infedeltà colpevoli (occasionali e non sistemiche) di agenti singoli o frutto di inadeguatezze di singoli sportelli, di banche e/o agglomerati dipendenti anche dalla complessità organizzativa e della gestione dell’intera materia. La legge 197 (ora 231/07) infatti, da sempre rivolta all’intero mondo delle banche e della finanza, ha riguardato indistintamente modelli operativi d’impresa largamente diversificati per dimensione, per territorio e per contenuti gestionali. La risposta alle istanze regolamentari non poteva perciò essere di eguale entità, qualità ed efficacia. Da tanto non può dedursi, come spesso si fa e si scrive, la considerazione di un sistema che tende a favorire l’economia criminale per ragioni di conto economico e di mercato benché appaia evidente che l’economia criminale abbia trovato soluzioni e modalità delle quali servirsi negli anni, avvalendosi proprio delle istituzioni finanziarie; grazie ad esse sono cresciute le risorse illegali mantenute in un sistema occulto e non palese. Il raggiro nella gran parte dei casi è avvenuto nei punti di maggiore debolezza coincidenti con aree territoriali deboli o con insufficienze organizzative e strutturali, ove più agevole è apparsa l’opera dei dipendenti e dei colletti bianchi dell’area grigia nel supporto alle attività senza la quale probabilmente l’emersione delle illeceità sarebbe più agevole.

5.2 – Banche, sistema finanziario ed evoluzioni del quadro strutturale e regolamentare negli anni dal 1990 a oggi

Nel periodo sotto esame il sistema bancario e quello finanziario hanno vissuto ventitré anni terribili. Dopo una fase sonnecchiante, durata cinquantaquattro anni dal 1936 sino al 1990, in vista dell’apertura verso l’Europa il sistema è costretto ad abbandonare regole consolidate e collaudate ad abbracciare nuove visioni orientate all’imprenditorialità, al conto economico e agli affari, al mercato e alle nuove opportunità derivanti dalla finanza: ordinaria e innovativa. La legge Amato induce, attraverso stimoli di natura fiscale, tutte le entità sino allora presenti a trasformarsi in Spa. Nel 1994 entra in vigore il nuovo Testo Unico bancario, il TUB emanato dalla Banca d’Italia nel 1993, un corpus iuris assolutamente innovativo, seguito a breve distanza nel 1998 dal TUF, il testo unico della Finanza. Di entrambi i Testi unici le banche divengono, di fatto, destinatarie assolute. La finanza diventa una nuova e importante modalità operativa dell’impresa bancaria. Nel 2005 la legge per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari completa il quadro delle fonti primarie lasciando alla Banca d’Italia la cura del quadro normativo e regolamentare della Vigilanza prudenziale. In questo complesso articolato di regole è presente sin dal 1991, con le sue specificità, anche la legge Antiriciclaggio che avrà evoluzioni continue stimolate dalle Direttive Comunitarie e dalle indicazioni del GAFI.[7] In uno alle trasformazioni della natura giuridica (privatizzazioni) si mette anche in moto un processo di aggregazioni e di concentrazioni che rivolta gli assetti modificando l’intera toponomastica e tutta la filiera: 17 concentrazioni nel 1991, 33 nel 1992, 16 nel 1993, 36 nel 1995 e 33 nel 1996 per un numero complessivo di 166 sino a quell’anno e di 300 sino al 2008. Le quote di mercato per le prime cinque banche passano dal 36% del 1995 al 50% del 2008. Il numero delle banche passa a quella data da ex 935 a 806 e quello dei gruppi da 87 a 82. Traumi organizzativi profondi e ampi sconvolgono via via sia assetti interni e di mercato anche d’intere aree geografiche. Le diverse responsabilità, poi, facenti capo ad aziende con governance autonome e la differenza nei sistemi si sono presentate con una altrettanto diversa capacità di tenuta rispetto all’intero quadro regolamentare di Vigilanza (TUB e TUF) in cui è da considerare anche la normativa antiriciclaggio. Infine il passaggio alla moneta unica, l’evoluzione dei sistemi di pagamento al retail e all’ingrosso, la cosiddetta nuova banca elettronica[8], e il processo d’internazionalizzazione imposto dall’Europa Unita di nostre aziende andate in Europa e di aziende dell’Europa venute a operare in Italia, dicono quanto divenisse complesso e competitivo il sistema delle banche, non solo all’interno dello scenario nazionale Italia quanto e soprattutto nello scenario europeo. Da ultimo l’emergere della finanza innovativa, come area sempre crescente negli assets e nel conto economico delle banche, rende più evidente il contesto di settore nel quale occorreva e occorre assicurare la tenuta della normativa dell’antiriciclaggio fondata su impegni operativi, adempimenti ma anche su collaborazioni attive, e fa anche capire ex adverso quanti canali e opportunità si siano presentate per le operazioni di pulizia dei profitti illeciti e con quanti strumenti, nel primo decennio (sino al 2005/2006) della legislazione, è stata gestita la intera problematica. Quanto, poi, questo quadro evolutivo abbia concorso a una presa d’atto reale e consapevole del nuovo munus pubblico per la lotta alla criminalità organizzata lo si desume dal numero delle operazioni sospette segnalate nel periodo in questione nonostante investimenti in strutture, risorse e attività di formazione facessero pensare a iniziative più concludenti. Ben altre forse e forse persino più prioritarie apparivano le esigenze di compliance verso il quadro normativo generale orientato al riassetto di impresa rispetto al mercato nazionale ed alla nuova realtà dell’unione monetaria.

Tabella 5-A: Numero di segnalazioni per operazioni sospette, in valore assoluto, pervenute all’UIF nel periodo 1997-2011. Fonte: UIF

5.3 – Gli strumenti e l’evoluzione normativa

L’excursus sulla evoluzione strutturale e regolamentare del sistema bancario ha individuato solo le ragioni ambientali e di contesto che spiegano la modestia dei contributi rispetto alla mission pubblica di contrasto segnata nella legge del 1991. Qualcosa occorre dire anche sugli strumenti e su alcuni pezzi della normativa. La qualità delle soluzioni informatiche organizzative apprestata per assecondare gli indirizzi del legislatore della 197, per quanto ritenuta all’avanguardia dai paesi europei, non è apparsa da subito e sempre all’altezza delle esigenze conclamate. La normativa nasce nel 1991, a ridosso delle grandi trasformazioni, in un momento di inadeguatezza e in una fase di insufficienza organizzativa e culturale, in un contesto inidoneo per guardare con una nuova ottica i fenomeni bancari dal punto di vista della natura sottesa delle transazioni oltre che della qualità non percepita del cliente. In precedenza non c’era ragione per esserne attenti. Le banche collaboravano con la giustizia su altri piani e con altre modalità. Le procedure bancarie[9] dell’epoca, tutte di profilo gestionale e amministrativo peraltro sprovviste di un dato critico fondamentale costituito dal codice fiscale (vedi la nota 5), poco orientate al trattamento dei dati e delle sue qualificazioni, non sono state da subito integrate con la struttura organizzativa e informatica imposta dal nuovo compito pubblico oltre che con i profili conoscitivi e formativi del personale e del quadro dirigente. L’AUI (Archivio unico informatico), previsto in punto tecnico un anno dopo dal D.lgs. del 1992, nodo essenziale per la gestione del fenomeno perché collettore delle transazioni di importo superiore ai 20 milioni (valore del 1992) transitate sui conti, è stato, quasi sempre, per le tutte le banche e sino ai primi anni del nuovo millennio, una applicazione informatica stand alone, alimentata con pesanti attività di back office, mai collegata in real-time con il complesso dei dati bancari ordinari e non dell’area finanza, crediti, mercati, sistemi di pagamento e giammai fruibile on line nel primo periodo sotto esame. Un’applicazione più rivolta allo sportello che portata a interagire con i database delle aree sensibili del credito, della finanza, della finanza innovativa laddove, insieme all’operatività transazionale, si generano informazioni qualitative e critiche sui profili dei clienti. Oggi, in quasi in tutte le banche, quello stesso archivio rileva in tempo reale le operazioni di importo superiore a 15.000 € (art. 15 legge 231 del 2007) passate sui conti o fuori dai conti dei clienti e interagisce con il mondo applicativo. Lo spettro delle operazioni censite è quello indicato nell’elenco contenente le 102 causali delle singole operazioni (aggiornato con tutte le operazioni del mondo della finanza)[10]. L’Archivio unico informatico (disegnato con tutte le informazioni, parametri e attributi definiti dall’UIC) ha richiesto il sostenimento di costi non lievi, di costi ricorrenti perché sollecitati dalle revisioni normative, dagli adeguamenti non solo di contenuto ma anche di processo e di rapporto con le strutture aziendali deputate alla gestione della materia nella fase di acquisizione delle informazioni prescritte (arricchitesi via via), di controllo successivo e di invio, ieri all’UIC (Ufficio Italiano dei Cambi), oggi all’UIF (Unità di indagine finanziaria ). E’ divenuto il serbatoio cui ha attinto e tuttora attinge la procedura informatica interbancaria Gianos[11], altro sistema nato nel 1993 con l’obiettivo di contribuire all’applicazione della normativa, fatto oggetto di ampi sviluppi, con il quale si è provato a individuare gli indici di anomalia, in modo da risalire alle operazioni di natura sospetta sulla base delle relazioni qualitative indicate dal Decalogo della Banca d’Italia del 1994 (vedi primi documenti del Gafi). Con Gianos oggi si generano anche i profili di rischio del cliente che, in sede di attivazione del rapporto e durante il suo corso, è invitato a fornire informazioni qualitative della sua posizione[12]. I ritardi nell’apprestamento di soluzioni tecniche e tecnologiche ottimali rispetto al pressante impegno di controllo su un’enorme massa di dati e «il ritardo nell’acquisizione di una nuova cultura della legalità come valore di mercato» (Masciandaro, 1999), che profitta all’economia in generale e poi di riflesso anche alle banche, hanno limitato il contributo del sistema bancario nella lotta al crimine.

In presenza di insufficienze diffuse di diverso genere, l’intercettazione qualitativa (non quella quantitativa frutto delle registrazioni pedisseque – fatta di identificazioni e registrazioni) non ha dato risultati apprezzabili. L’operazione di laundering dei capitali sporchi trasformati in depositi bancari, obbligazioni, capitali di imprese, fondi di investimento e altro, sotto la titolarità di soggetti puliti ma carenti dal punto di vista della produzione lecita del reddito, ha potuto contare su molteplici opportunità date dalla configurazione stessa del sistema, fatto di molti canali e di tante soluzioni. Il risparmio, la raccolta, i fondi, le obbligazioni, la liquidità privata sono sempre cresciuti anche in tempi di crisi (ed anche dopo il 2008 anno di buio profondo).[13] Ciò può essere accaduto non solo con la clientela ordinaria, che poi a partire dal 2007 relativamente alle crescenti operazioni dell’area finanza sarà sottoposta ex lege (MIFID), nel suo solo interesse (non quello della banca) anche alla profilatura del rischio finanziario, ma anche con quella fruitrice di affidamenti nonostante questa diventi tale solo a valle di rigorose procedure selettive sul merito creditizio.[14] Le condizioni di agibilità sono state costruite quasi sempre con l’apporto dell’area grigia della società che si è prestata al bisogno e che in molti casi è divenuta funzionale all’intestazione di conti e rapporti sia dal lato passivo sia attivo. Scendendo nello specifico nel panorama delle più frequenti modalità di riciclaggio adottate dalle organizzazioni criminali, l’impiego del sistema bancario è avvenuto attraverso il ricorso a operazioni tradizionali, comportanti la titolarità di conti correnti, di depositi, titoli, di quote di fondi, operazioni a supporto della gestione: di attività commerciali ad alta redditività solitamente caratterizzate da numerose transazioni in contanti, quali alberghi, centri turistici, bar, ristoranti il cui giro di affari si riversa sulle banche; della costruzione e acquisto di immobili, settore che, da sempre, nel mirino della criminalità organizzata, privilegia le grandi ed eleganti strutture alberghiere e/o i villaggi turistici (di cui al precedente punto); di attività commerciali per le quali è già previsto un programma di fallimento e di bancarotta “pilotati”; di compensazioni internazionali attraverso cui viene, ad esempio, accreditata all’estero una somma a favore di un cittadino residente in Italia a fronte di identica procedura effettuata nel nostro paese a favore della controparte residente all’estero; della creazione di fondi occulti mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti. Operazioni queste tutte idonee a dissimulare la titolarità, mediante tecniche di interposizioni personale, caratterizzate dall’impiego di prestanome (c.d. “teste di legno”), o di strutture societarie ovvero di gestioni fiduciarie; e idonee, altresì, a dissimularne la provenienza illecita (la c.d. “opera di certificazione”), mediante l’attribuzione di fittizie causali economiche o mediante l’intestazione di quote societarie, immobili, attività commerciali che alla banca si presentano in apparenza scortate dai profili di regolarità e legittimità. Profili illeciti che altre tipologie di approfondimenti non tipiche della banca, quali quelle offerte dalla centrale dei bilanci, registri pubblici, etc. se contemplate ex lege, farebbero emergere de plano: esempio mediante accesso alle banche dati della amministrazione giudiziaria, (con i profili di reità), dei contenziosi tributari e altre.[15]

5.4 – Considerazioni conclusive sul primo periodo

L’insufficiente significatività delle segnalazioni sospette[16] per numero e importo, oltre che per qualità, è stata la spia dei risultati poco lusinghieri dei primi quindici anni. Il dato di insufficienza e di insoddisfazione emerge anche dalla lettura di testi di settore pubblicati sul finire degli anni ‘90 «i risultati sono apparsi tanto più inefficaci e inefficienti se rapportati ai notevoli investimenti comunque fatti». Pur non essendo stato determinante ai fini della lotta al crimine il Sistema ha in ogni caso ispirato la sua operatività alle regole della prudenza insite nella regolamentazione propria di tutti gli intermediari e dei mercati finanziari di cui la normativa antiriciclaggio rappresenta una parte anche delicata.Legalità e normativa antiriciclaggio hanno rappresentato un valore tendenziale di riferimento come le relazioni dell‘Abi testimoniano e come emerge da quelle della Banca d’Italia e dell’Ufficio Italiano dei cambi, e dal 2008, da quelle dell’UIF e del Ministero del Tesoro al Parlamento, ministero diventato con la legge 231 del 2007 responsabile delle strategie e della politica sul tema.

Ma è del tutto evidente che i flussi finanziari criminali sono transitati nei primi quindici anni della normativa attraverso le banche, si sono anche fermati sulle stesse banche quando invece non siano passati per andare stabilmente verso paradisi fiscali.[17] Oberate da una enorme quantità di adempimenti (addotti anche a giustificazione), fatti nei primi anni con attività labour intensive e connotati dalla gestione di masse cartacee e dati non trattati con la logica della integrazione sistemica, le aziende di credito hanno lamentato di essere state chiamate a svolgere funzioni improprie di “collaboratori di giustizia”, sopportando costi non ristorati per finalità che, per quanto condivise, andavano prioritariamente messe in capo allo Stato. Non è stata la materia dell’antiriciclaggio a far assumere la qualifica “di ausiliaria di giustizia” ma tutto l’insieme di altri compiti affrontati con i mezzi disponibili al momento: a) indagini in materia penale; b) indagini in materia fiscale; c) curatele fallimentari; d) usura etc. Su tutto ha poi influito, come è ovvio e naturale, l’adeguatezza o inadeguatezza degli strumenti propria della struttura e della dimensione della banca e del suo modello organizzativo, considerato per definizione spinto e articolato a sufficienza almeno nelle prime 10 banche, ma via via più cagionevole e poco resistente al variare della grandezza dell’azienda. E lo è divenuto soprattutto in presenza di una contiguità con il territorio degli organi di governance, contiguità che talvolta indebolisce la decisione per ragioni di prudenza. Ciò è potuto accadere, talvolta, anche per talune banche di dimensione medio grande. [18]

5.5 – Il secondo periodo dal 2005/2006 ad oggi: evoluzione della normativa, innovazioni di processo e nuovi modelli organizzativi.

A cominciare dal 2001, anno d’introduzione dell’Euro, gli sviluppi applicativi informatici, tesi a soddisfare prioritariamente le esigenze segnaletiche di vigilanza e ad allineare le procedure bancarie ai sistemi di pagamento e all’Europa, generano come sottoprodotto, attraverso il completamento della base dati, patrimoni informativi colloquianti tra di loro (con database relazionali) con contenuti assolutamente inimmaginabili sino qualche anno prima; diverranno questi la «vera chiave di volta come si vedrà in seguito per avviare a soluzione un problema gigantesco.» (Ciampicali, Antiriciclaggio, p.59.)

               Le tecnologie disponibili, gli strumenti di Data Warehousing alleggeriscono il lavoro delle banche e di tutti gli organismi istituzionali incaricati in via generale del munus collettivo e chiamati dalla 231 a un rapporto sistematico di collaborazione e d’integrazione; prevarrà il ricorso a una metodologia non più costruita sulla quantità dei dati ma sulla loro qualità, concentrata sul cliente. La normativa asseconda le nuove opportunità offerte dal sistema bancario. Con il decreto legislativo 20 febbraio 2004, n.56, di recepimento della seconda direttiva antiriciclaggio (2001/97/CE), viene ampliato l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina riunendo in un’unica cornice normativa tutti i destinatari degli obblighi antiriciclaggio (articolo 2 del citato decreto legislativo) con l’inclusione degli Istituti di moneta elettronica, delle SICAV, delle SGR e di altri intermediari; al di fuori del campo finanziario vengono inseriti i professionisti.[19] In nota tutto il complesso degli enti, con il relativo personale destinatario diretto ed indiretto della disciplina. Con il D.lgs. n.231 del 2007, invece, in attuazione della terza direttiva Ue 2005 che accoglie le raccomandazioni Gafi del 2003, si perfeziona il disegno legislativo con innovazioni sia di ordine strutturale sia sostanziale. All’art 2, in chiave amministrativa si ridefiniscono le azioni che danno vita al riciclaggio; all’art. 3 s’indica la natura della «collaborazione attiva» del sistema finanziario per l’adeguata verifica; poi si ridefiniscono i compiti di tutte le parti istituzionali, del Ministero delle finanze, dell’Unità di Informazione finanziaria presso Banca d’Italia, delle autorità di Vigilanza del settore, si attivano rapporti con le Forze di Polizia, la Dia e il Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza e i meccanismi inerenti agli scambi d’informazione. Si elencano tutti i destinatari degli obblighi, precipuamente gli intermediari finanziari, indicando infine le modalità dell’adeguata verifica basata sul principio della customer due diligence e del monitoraggio della relazione con un approccio basato sul rischio, fortemente innovativo, perché adeguato all’attività, alla controparte: per natura giuridica, attività svolta, comportamenti, tipologia delle operazioni e altre qualificazione delle stesse. Questi i punti salienti che si sommano a quelli di altre iniziative già attuate o in via di attuazione[20] pure scaturite da obblighi di legge (vedi nota 5), da modifiche introdotte dalla legge 30 dicembre 2004 n.311 in materia d’indagini bancarie (da eseguire solo in via telematica), dall’introduzione dell’obbligatorietà del codice fiscale previsto dalla stessa legge all’art.1 comma 332, (con decorrenza dall’1 gennaio 2006), e a seguire dalla Superanagrafe dell’art. 11 del decreto legge Monti del 6 dicembre 2011 n.201. Tutte finiranno per generare un sistema più efficace, più virtuoso fatto di dati, di relazioni sistemiche che si avvale soprattutto degli investimenti effettuati negli anni dalle banche per la gestione dei complessi adempimenti di Vigilanza, delle aree del credito, della finanza e del marketing. All’art. 41 viene disciplinata, infine, la materia delle operazioni sospette; di quelle che destano in ragione dell’entità, natura e altre circostanze il ragionevole dubbio di non appartenere alla categoria delle operazioni ordinarie o normali. L’obbligo segnaletico, come per il passato, ricade nel sistema sul responsabile della dipendenza, dell’ufficio, punto operativo o unità organizzativa «cui compete l’amministrazione e la gestione concreta dei rapporti (vedi in nota la caratterizzazione del personale bancario)» che deve segnalare al titolare o a un suo delegato le operazioni di cui al citato art. 41. A quest’ultimo compete la decisione se inviare la notizia all’UIF per i successivi approfondimenti. Il modello organizzativo della normativa ha introdotto elementi di novità capaci di sollevare le banche da una rilevante mole di lavoro non più legato alla pedissequa analisi di dati inconferenti e ad adempimenti amministrativi senza valore aggiunto, come, di fatto, è stato sino al 2007/2008. La nuova legge prevede che le ricerche vadano indirizzate sui dati qualitativi dei clienti (attraverso la customer due diligence) capaci di generare tutti gli incroci possibili sul profilo e sulla natura delle operazioni. Insomma una pre-analisi in sede di avvio della relazione, un’analisi successiva e un monitoraggio solo sulle operazioni meritevoli di approfondimenti sensibili sono i punti qualificanti della nuova disciplina assecondati da un sistema di controlli su più funzioni che Banca d’Italia richiede a tutte le aziende.  I requisiti organizzativi a cagione dell’importanza sostanziale verranno richiamati in specifici provvedimenti[21] poi inseriti nella normativa di Vigilanza, cioè in un quadro giuridico ad alta valenza preventiva e repressiva. [22] I risultati del cambiamento non si sono fatti attendere; si leggono ponendo a confronto i numeri che qualificano l’operatività delle banche in particolare a partire dal 2008 e sino a tutto il 2012. Nel comunicato ultimo dell’UIF sull’attività del 2012 si legge:

«Le segnalazioni di operazioni sospette complessivamente pervenute all’Unità di Informazione finanziaria sono state 67.000, ancora in forte crescita (+36,6%) rispetto all’anno precedente; circa 170 segnalazioni hanno riguardato sospetti casi di finanziamento al terrorismo. Oltre il 96% delle segnalazioni proviene da banche e intermediari finanziari […]. L’analisi delle segnalazioni, l’osservazione del sistema e le verifiche ispettive hanno consentito all’UIF di continuare nell’opera di elaborazione e di diffusione di schemi e modelli di comportamento anomalo: […] sono stati resi pubblici gli schemi relativi al contratto di factoring, alle frodi fiscali internazionali e a quelle nelle fatturazioni.[23] L’attività di ricerca e studio si è focalizzata sugli utilizzi potenzialmente anomali dei nuovi strumenti di moneta elettronica. […] La sempre più completa e accurata analisi dei flussi, delle segnalazioni e delle basi informative di nuova acquisizione (nelle quali si potrà a breve ricomprendere anche quelle dell’anagrafica tributaria), le verifiche mirate sul campo, l’intensa collaborazione con le autorità di vigilanza di settore, con gli Organi investigativi e giudiziari e con la rete internazionale delle Financial intelligence unit consentiranno all’Unità di svolgere con sempre maggior efficacia il proprio ruolo […].» (Comunicato UIF, 2012.)

Le relazioni annuali dell’UIF già a partire dal 2008 denotano elementi di positività del nuovo sistema ascrivibili non solo ai numeri ma anche a una più diffusa e reale percezione dell’antiriciclaggio come valore della legalità. L’ABI nella sua relazione 2012 scrive:

«la strategia condivisa a livello internazionale, comunitario e domestico per affrontare il riciclaggio ha determinato, quindi, una trasformazione del ruolo degli operatori bancari da potenziali strumenti di riciclaggio a parte integrante del sistema di contrasto imponendo una serie di obblighi di collaborazione attiva cui si sono nel tempo aggiunti obblighi che coinvolgono l’organizzazione della banca.

Si consideri al riguardo la costante opera di formazione che l’ABI svolge rispetto al settore bancario. Dal 2006 a fine ottobre 2012 sono state tenute 32 iniziative tra workshop/corsi/percorsi e Forum con un totale di 1.456 partecipanti; 270 iniziative di formazione in House e finanziata per un totale di 6.300 partecipanti; 312 banche hanno acquistato WBT e Quaderni formativi e 101 tra banche e altri clienti usufruiscono del sistema ABICS volto a supportare la funzione di compliance delle banche nella gestione della conformità alle normative.»

Nella relazione, ai fini dell’analisi della concorrenza con il sistema delle banche estere, si fa un cenno ai costi: «come più volte rappresentato dal Presidente dell’Aibe (Associazione bancaria europea delle banche operanti in Italia), Dott. Guido Rosa, i costi d’implementazione della normativa antiriciclaggio sono più elevati rispetto alla media europeaInfine si fa notare che l’archivio dei rapporti finanziari diviene pienamente operativo anche per le indagini penali a partire dal 3 luglio 2009, data nella quale il Ministero della giustizia ha sottoscritto una convenzione con l’Agenzia delle entrate per l’accesso diretto da parte delle Procure della Repubblica ai dati dello stesso Archivio per svolgere c.d. indagini di primo livello.

Le informazioni alla base della nuova struttura dell’Archivio anagrafico per le esigenze fiscali a uso dell’Agenzia delle Entrate finiscono per svolgere una funzione suppletiva che si aggiunge agli impegni del sistema delle banche e della finanza. Nella sua relazione del 2010 alla Commissione parlamentare sul tema dell’archivio anagrafico Befera, Direttore della Agenzia delle entrate, evidenzia come, con il contributo del sistema finanziario, la base dati dell’Archivio, strumento fondamentale per le indagini di natura fiscale, si presenti con 890 milioni di rapporti, di cui 290 milioni cointestati, con circa 85 milioni di extra conto e 65 milioni di deleghe.[24] Solo l’IT ha potuto assicurare un tale risultato. I dati giustificano, se occorresse farlo, le insufficienze del primo periodo e del pari pongono le basi per un’azione efficace per il futuro. I due sistemi (informatico/applicativi), quello congiunto delle banche e delle istituzioni finanziarie e quello dell’Agenzia delle entrate, sono la sola opportunità per dare una spallata determinante ai fenomeni di laundering, evasione e corruzione. Nel disegno complessivo le banche hanno contribuito svolgendo un ruolo fortemente proattivo. Il tutto non può e non potrà escludere che singoli episodi di malaffare, di infedeltà, di mala gestio possano avere spazio anche in ragione del fatto che l’economia criminale, proprio per essere impresa e perché costituita da soggetti ormai decisamente maturi come imprenditori, non è stata alla finestra; ha a sua volta migliorato le performances operative con il ricorso alle soluzioni suggerite dalla globalizzazione e dalla telematica. La lettura delle notizie di stampa sulle emersioni dice però quanto l’intero sistema sia migliorato. La recente relazione della Corte dei Conti e l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza danno i dati della collaborazione del sistema bancario in merito all’evasione: 19 mila accessi dell’Agenzia delle entrate e 9 mila della Guardia di Finanza nel solo anno 2012, due terzi più del 2010. L’evasione non è un tema a sé stante ma una faccia dell’economia sommersa ove non è agevole distinguere tra frode al fisco e impresa criminale. L’ultimo passo da compiere è nella ricerca delle opportunità per rendere omogenea la sensibilità di tutti gli operatori bancari portatori di responsabilità gestionali in tutte le tipologie di azienda, non tanto nelle banche quanto nel sistema della finanza allargata cui contribuiscono la famiglia dei consulenti e dei promotori finanziari autonomi (più esposti), delle finanziarie, delle fiduciarie, dei trust su cui le verifiche ispettive della Vigilanza e della Consob non potranno in ragione del numero essere sempre mirate, costanti e continue. Come pure forse occorrerà costruire delle professionalità specifiche interne e/o delle competenze da distribuire in tutti i livelli della filiera organizzativa a supporto di chi opera, di chi controlla e di chi gestisce le relazioni con le altre entità della catena. La relazione Greco, del Gruppo di studio sull’autoriciclaggio costituito con decreto del Ministero della Giustizia dell’8 gennaio 2013 con cui si ribadisce l’esigenza di prevedere la nuova fattispecie penale ai fini del rafforzamento dei presidi di prevenzione e repressione e la predisposizione di adeguati strumenti di controllo sui flussi finanziari da e verso l’estero, conclude il lavoro con alcuni dati indicativi:

«negli anni dal giugno del 2009 a giugno 2012 le contestazioni elevate da quest’ultima per omessa segnalazione di operazioni sospette sono state 233, di cui 113 archiviate dal Ministero per mancata valutazione del profilo soggettivo del cliente. L’UIF ha invece sempre nello stesso periodo riscontrato 146 ipotesi di omesse segnalazioni di operazioni sospette.» (FONTE ???) relazione

Dati irrisori rispetto al numero di operatori interessati e al numero di operazioni che transitano nel sistema finanziario fatto di vari miliardi di unità.

«L’approfondimento delle segnalazioni sospette, prosegue la relazione, ha consentito l’apertura di 1004 nuovi contesti investigativi di natura penale per reati contro il patrimonio, per l’antiriciclaggio e di natura tributaria.»

Fermarsi ai dati e non andare oltre, come si è detto in apertura del lavoro, appare utile e opportuno. Aggiungere la notazione sul fatto che essi sono fortemente indicativi è anche necessario : infatti possono generare fiducia e minore preoccupazione. Di certo l’insieme delle aziende indicate in nota 20 (tante) ha fatto il possibile per evitare facili congetture sugli intrecci tra banca e malaffare. Un’ultima conclusiva considerazione. Già nel 2009 l’intero quadro legislativo è stato valutato positivamente dal FAFT (FATF, Third Mutual Evaluation Follow Up Italy, 2009). La Commissione “on organised crime, corruption and money laundering” della Ue ha poi depositato le conclusioni dei lavori (rapporto n.2107 del 10/6) e le proposte di risoluzione al parlamento: circa 60. Tra esse spiccano la nomina di un Procuratore Europeo, l’aggressione dei patrimoni e l’impiego delle tecnologie (raccomandazioni 45, 46 e 47). La proposta di istituire la procura europea è stata fatta dalla Commissione in data 17 luglio scorso. Le tecnologie sono sulla buona strada in tutti i paesi Europei e del G20. Sono l’unica via. La società di consulenza americana Thomson Reuter nel White Paper di giugno 2013 “tecnologia per combattere tutti i fenomeni malavitosi compreso il riciclaggio scrive: «The biggest barrier in the fight against money laundering it’s a big data problem. There are literaly trillions of transactions going through the world’s financial system – That’s were tecnology will help in this fight”. E’ un problema di dati; va affrontato con le infrastrutture giuste messe a disposizione della filiera di tutti ruoli istituzionali. La convinzione dei partners europei e del G20 sull’esigenza di usare le leve dell’antiriciclaggio come barriera all’entrata del fenomeno mafioso e criminale diventa sempre più patrimonio del sistema finanziario e bancario, nazionale e internazionale. Va radicata anche in tanti altri ambiti della società civile. Le premesse non mancano; il collante sta anche in una strategia politica più determinata i cui contenuti, peraltro, sono rassegnati in maniera puntuale nel citato documento 2107 del giugno di quest’anno della Commissione Europea “on organised crime, corruption and money laundering” che si segnala alla lettura.

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<http://www.europarl.europa.eu/committees/en/crim/home.html>

[1] Italia al 27% contro il 16% della Germania, il 15% della Francia, il 12% dell’UK, il 21 del Belgio, il 13% dell’Olanda.

[2] Sole 24 ore del 13 luglio 2013 e Studio dell’economista Richard Murphy, direttore del Tax Research di Londra. Già nel 2008 il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso economico veniva compreso tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro e l’ISTAT sempre per il 2008 scriveva: «Il peso dell’economia sommersa è compreso tra il 16,3 per cento e il 17,5 per cento del PIL (nel 2000 era tra 18,2 e 19,1 per cento). Tra il 2000 e il 2008 l’ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni: la quota del sommerso economico sul PIL raggiunge il picco più alto (19,7 per cento) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2 per cento) e mostrare segnali di ripresa nel 2008.» (17,5 per cento è il dato segnalato «anche nella dichiarazione del Direttore Generale della Banca d’Italia, Tarantola, in sede di audizione della Commissione Parlamentare sulle attività mafiose e il costo per la economia»).

[3] Direttiva del Consiglio Eu del giugno 1991 (91/308/CEE) relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Il Consiglio delle Comunità Europee, omissis , «considerando che, nel caso in cui gli enti creditizi e finanziari vengano utilizzati per riciclare i proventi di attività illecite (operazione in appresso denominata riciclaggio), possono risultare gravemente compromesse la solidità e la stabilità dell’ente coinvolto e la credibilità dell’intero sistema finanziario, che perderebbe di conseguenza la fiducia del pubblico […] omissis.»  Il principio ispiratore, all’origine, della normativa antiriciclaggio elaborato dal Gruppo dei 10 di Basilea già nel 1988 è stato di sola difesa del sistema bancario e finanziario e della sua stabilità minacciata dagli effetti esiziali dei rischi operativi e reputazionali.  Il Comitato di Basilea in quegli anni elaborava una serie di misure che avrebbero dato vita ai meccanismi della Vigilanza prudenziale intesi a preservare la stabilità delle banche e la loro continuità. La minaccia costituita dalla crescita del crimine, specie nel traffico di stupefacenti, e la grande quantità di denaro illegale e illecito che si riservava sul sistema, insieme alla presenza di non pochi soggetti che pure interagivano con esso in quanto clienti, apparvero da subito fattori di instabilità e di incertezza del sistema da presidiare.

[4] Direttiva del Consiglio Eu del giugno 1991 (91/308/CEE) “ considerando che il riciclaggio incide palesemente sull’aumento della criminalità organizzata in generale e del traffico di stupefacenti in particolare; che vi è una sempre maggiore consapevolezza che la lotta al riciclaggio costituisce uno dei mezzi più efficaci per opporsi a quest’attività criminosa che rappresenta una particolare minaccia per le società degli Stati membri; considerando che il riciclaggio deve essere combattuto prevalentemente con strumenti di natura penale e nel quadro di una cooperazione internazionale tra autorità giudiziarie e autorità di polizia, come è previsto, nel campo degli stupefacenti, dalla convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope adottata a Vienna il 19 dicembre 1988 (in appresso denominata «convenzione di Vienna») ed estesa a sua volta a tutte le attività criminose dalla convenzione del Consiglio d’Europa su riciclaggio, identificazione, sequestro e confisca dei proventi di reato, aperta alla firma l’8 novembre 1990 a Strasburgo ……….. omissis”

[5] L’impiego del codice fiscale è stato previsto dalla legge 413 del 1991 per fini tributari. Già con essa, ex articolo 20, veniva istituita altresì l’anagrafe dei rapporti di conto e di deposito. Con decreto del Ministero delle finanze n.209 del 4 agosto 2000, attuativo della legge, dopo 9 anni, se ne ribadì la attivazione. Passeranno altri sei anni prima che diventi obbligatorio per tutti. Nel decreto legislativo per l’attivazione dell’Archivio unico del 1992 tra i dati che le banche avrebbero dovuto rilevare e segnalare era compreso il codice fiscale. Per completare tutto il processo informatico occorreranno anni. Solo a partire dal 1 gennaio 2006 non se ne potrà più fare a meno. Il codice diventerà, infatti, funzionale per la costruzione del data base dei dati anagrafici da segnalare all’Agenzia dell’entrate.

[6] Il reato di autoriciclaggio è già vigente negli ordinamenti Spagnolo, Francese, Statunitense e Svizzero. Previsto dalla Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione del 1999, già previsto dalla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, firmata a Strasburgo l’8 novembre 1990 (ratificata dall’Italia con legge 9 agosto 1993, n. 328) viene richiamato dalle raccomandazioni 2005 del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ancora, la risoluzione sulla criminalità organizzata nell’Unione Europea, approvata dal Parlamento Europeo il 25 ottobre 2011, oltre a prevedere l’eventuale punibilità del riciclaggio a titolo colposo, chiede agli Stati membri «di inserire come obbligatoria […] la penalizzazione del cosiddetto autoriciclaggio, ovvero del riciclaggio di denaro di provenienza illecita compiuto dallo stesso soggetto che ha conseguito le somme in maniera illecita» (raccomandazione 41).Ad oggi se ne sta ancora parlando giacchè occorre mediare tra la nuova disciplina e la sanatoria delle evasioni fiscali legate  all’esportazione di capitali.

[7]  Con la legge 5 luglio 1991, n. 197 (di seguito legge antiriciclaggio) l’ordinamento italiano ha avuto la prima normativa. Le misure di prevenzione vengono in seguito rinforzate con il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153, che ha affida all’Ufficio italiano dei cambi (UIC) il compito di ricevere direttamente dagli intermediari le segnalazioni di operazione sospetta prima indirizzate ai Questori. Con il successivo decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374 gli obblighi antiriciclaggio vengono estesi a soggetti che svolgono determinate attività non finanziarie. Infine il decreto legislativo 20 febbraio 2004, n.56, di recepimento della seconda direttiva antiriciclaggio (direttiva 2001/97/CE), amplia ulteriormente l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina inserendo le SICAV, le SGR e molti altri intermediari specificamente elencati; al di fuori del campo finanziario vengono inseriti i professionisti.

[8] La nuova modalità transazionale è rappresentata dai numeri che qui si riportano indicativi di relazioni non di contatto: 31,7 milioni di carte debito; 17,2 milioni di carte di credito; 1,05 milioni di POS. 15 milioni di servizi dispositivi tramite internet banking per le famiglie; 2,2 milioni di servizi dispositivi per le imprese; modalità che fanno transitare in automatico miliardi di transazioni e miliardi di importi in €.

[9] Un portafoglio applicativo nelle 796 banche di non meno di 100/120 procedure alimentato da miliardi di transazioni.

[10] Quante ne sono state previste dalla delibera della Banca d’Italia del 23/12/2009 (allegato1) per Banche, Poste, Sim, Sgr, Sicav, intermediari finanziari ex artt. 106 e 107 TUB. Per le altre entità il numero è minore.

[11] Acronimo di Gestione indici anomalie e operazioni sospette.

[12] Plus, inserto del sole 24ore n.575 del 24 agosto 2013. Antiriciclaggio. Il conto si blocca se la banca non può verificare il cliente. Obblighi della normativa antiriciclaggio. Nota: articoli come quello che si leggono su Plus denotano l’orientamento generale che è quello di trasformare in un adempimento amministrativo l’impegno alla conoscibilità del rapporto che, nella stragrande maggioranza dei casi, è decennale, consolidato e perciò stesso accompagnato da una presunzione di sana regolarità e conoscibilità. La verifica dovrebbe tutt’al più riguardare i rapporti recenti.

[13] Ricchezza investita in strumenti finanziari e depositi detenuta presso intermediari italiani (dati di fine periodo 2012) cosi rappresentata: 1.269 miliardi di euro della clientela retail privata e famiglie operatrici (Consob); 987 miliardi depositi presso le banche. I titoli obbligazionari e altri amministrati dalle banche sono a 1.027 miliardi di € (Fonti: Consob e Banca d’Italia). Di questa ricchezza complessiva 1.264 miliardi di € sono detenuti da fondi italiani ed esteri. In dieci anni il mercato dei bond si è raddoppiato; la crescita dei bond ha superato quella degli assets bancari. La clientela privata con un rapporto di conto corrente e di deposito titoli è costituita da circa 35 milioni di posizioni. Non è disponibile il numero di posizioni dei clienti dei fondi.

[14]A fine 2012 in centrale rischi (con il nuovo limite di censimento di 30 mila € in vigore dal 2009) figurano circa 12 milioni di posizioni di cui 7,8 affidati e 4,1 quali prestatori di garanzie. Circa 12 milioni di clienti che dovrebbero essere ben noti alla banca a cagione delle istruttorie che concernono il merito creditizio. La fondatezza della informazioni fornite in sede di istruttoria è tutelata dall’art. 137 del TURC in tema di mendacio bancario che prevede per il cliente una pena sino a un anno e una multa di 10 milioni di lire. Per il falso interno del dipendente è prevista una pena da sei mesi a tre anni e una multa sino a 20 milioni di lire. Per le ipotesi di reato non comprese nel citato articolo occorre riferirsi alle norme penali generali e speciali.

[15] L’elencazione delle modalità operative non è esaustiva. Per una lettura completa vedi i due ponderosi rapporti della Guardia di Finanza (a- presidi nazionali per la prevenzione da utilizzo del sistema finanziario; b- quaderni sui paradisi finanziari) nei quali sono descritte tra le altre anche tutte le operazioni di natura transfrontaliera e quelle con i paradisi fiscali, le frodi carosello, le operazioni di transfer pricing all’apparenza regolari. Solo attraverso indagini approfondite collegate con i flussi, con i dati aziendali, con i sistemi di contabilità, con le aziende e i personaggi che delinquono si riesce a svelare la natura illecita delle operazioni.

[16] Anno e (numero): 2007 (n. 12.202); 2008 (n. 14.237); 2009 (n. 20.654); 2010 (n. 37.144) 2011 (n. 48.834).

[17] Secondo lo studio recente del 2012, che si rinnova da anni, della Boston Consulting Group le ricchezze finanziarie custodite nei forzieri dei paradisi fiscali di tutto il mondo sono cresciuti del 6,1% rispetto al 2011 ed hanno raggiunto la cifra record di 8.500 miliardi di dollari. Una quota sensibile appartiene all’Italia, come sta emergendo dalla emersione di casi recenti e ben noti costituiti da operazioni di laundering connesse a evasioni fiscali e probabilmente anche a scelte di prudente accantonamento, al riparo dalla visibilità, da parte delle imprese criminali di significative risorse illecite.

[18] Relazione ABI: «In questo contesto, va tenuto presente che la “prossimità” della banca a fenomeni di denaro sporco deriva fisiologicamente da rischi di manipolazione inconsapevole dei percorsi operativi tipici della professione bancaria (sistemi di pagamento, raccolta di fondi, intermediazione in strumenti finanziari, etc.) che espongono le imprese bancarie al rischio di utilizzi da parte di terzi ai fini di “trasformazione” del denaro proveniente da reati. Ci sono casi di operazioni finalizzate al riciclaggio, di particolare complessità tecnica sotto il profilo ricostruttivo, tali da poter essere con difficoltà rilevate non solo dalla banca ma anche da operatori esperti sul piano economico e giuridico. L’ampia gamma dei servizi in cui si articola l’attività bancaria e il processo di strutturazione che rende le operazioni di riciclaggio sempre più sofisticate sotto il profilo finanziario sono elementi che debbono indurre a riflettere sulla complessità dell’opera richiesta al settore e a tenere in giusta considerazione il rischio di anomala utilizzazione cui è esposta l’impresa bancaria.»

Nota dell’autore  : Campania , Puglia, Calabria e Sicilia contano una rete di banche locali di categoria pari a 77 unità aziendali  con un numero di 547 sportelli per una media di 7 sportelli a banca. C’è da domandarsi come sia possibile, in un territorio tristemente famoso per la presenza di organizzazioni delinquenziali diffuse, applicare e attivare la rigorosa disciplina dell’antiriciclaggio non alla collection dei dati nell’archivio Unico che poi s’inviano all’UIF ma quella della segnalazione delle operazioni sospette. Tra l’altro sino al ‘97 le operazioni sospette si segnalavano direttamente alla Questura e non all’UIC, poi sostituito dall’UIF dal 2007.

 

[19]706 Banche con 197 Spa e 22.642 sportelli; 37 Popolari con 5.489 sportelli; 394 BCC con 4.448 sportelli; 78 Filiali di Banche estere con 328 sportelli; 101 SIM; 172 SICAV; 186 società finanziarie ex art 107 del TUB; 658 società finanziarie ex art 106 del TUB, 44 Istituti di pagamento e 3 Istituti di Moneta elettronica. 314.563 dipendenti ,di cui 117.459 nelle banche maggiori, 20.546 nelle banche grandi, 64.508 nelle banche medie, 74.485 nelle banche piccole e 37.765 nelle banche minori.  Con un personale così distribuito nei gradi gerarchici ai fini delle responsabilità: 2,2% dirigenti; 38,5% quadri direttivi con responsabilità affievolite e 59,3% di grado impiegatizio con responsabilità di sola natura operativa. Altre 300 mila risorse del settore finanziario diverso dalle banche, numero comprensivo dei promotori finanziari, completano il quadro soggettivo. A tutti si indirizza la normativa sull’antiriciclaggio sin dal 1991 con obblighi diversi di identificazione, di registrazione e di segnalazione delle operazioni sospette sulla base dell’articolazione delle norme aziendali e della struttura organizzativa a presidio della materia. A tutti si aggiungono 146.000 dipendenti Bancoposta, 122.000 mediatori creditizi, 70.000 Agenti in attività finanziarie, nonché le 25.131 società controllate da Isvap e 9.178 società di mediazione creditizia. (Fonte UIF.)

[20] L’Archivio dei rapporti finanziari destinato a diventare una apposita sezione dell’Anagrafe tributaria già prevista dall’art 7 del DPR 1973 n.605 e già richiamato della legge 30 dicembre 1991 n.413 che recita «disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; omissis». L’archivio inserito nel provvedimento del direttore Entrate 22/12/2005, approvato dal Garante nel provvedimento del 19/01/2007, dà attuazione all’art 37 della delega del decreto legge 4/7/2006 n.223, la Visco Bersani, che viene poi ripreso dal Decreto Legge 2 /12/ 2011 n. 201 (Legge Monti) «Disposizioni urgenti per la crescita, equità e consolidamento dei conti pubblici», in vigore dal 1 gennaio 2012. Entrerà in attuazione solo a seguito del provvedimento del marzo 2013 a partire dall’ottobre dello stesso anno. I dati dell’archivio verranno utilizzati ai fini dell’antiriciclaggio anche ad opera delle forze di Polizia, della Guardia di Finanza e dalla Magistratura e dalla stessa Agenzia delle Entrate (ex art. 36 comma 6 del D.lgs. 231/07 Nuova legge sull’antiriciclaggio).

[21] Circolare n.263 del 27/12/2006 e aggiornamento della Normativa di Vigilanza Titolo V capitolo 7 del 2/7/2013.

[22] Banca d’Italia Provvedimenti del 2011 recanti disposizioni attuative in materia di organizzazione inserite in data 2 luglio 2013 nel 15mo aggiornamento delle disposizioni di vigilanza nel capitolo VII dei controlli interni.

[23] Gli schemi sono ancora di più: usura, ricorso anomalo ai finanziamenti pubblici, utilizzo anomalo delle carte di credito, richiami sull’uso del contante etc. Costituiscono driver di orientamento per l’esame delle operazioni sospette.

[24] Nella relazione dell’ABI alla Commissione Parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro – collaborazione del settore bancario nel contrasto alla criminalità organizzata – audizione del 29 ottobre 2012, i dati, solo due anni dopo, diventeranno 1 miliardo di rapporti censiti, 200 milioni di rapporti cointestati.100 milioni di extraconti e 100 milioni di deleghe.

note sul tema fiscale italiano

Premessa.

Talvolta per aiutare la pubblica opinione basta fare una rassegna ragionata di articoli di approfondimento apparsi sulla stampa di qualità, quella che scrive e pubblica pezzi di professionisti competenti, per aiutare quanto meno a capire dove sta una parte della verità. E’ il caso della questione fiscale, tema quasi tutto italiano, non perché gli altri paesi non abbiano il problema, ma perché non lo hanno nella nostra misura come non hanno nella nostra misura il problema delle esigenze delle coperture del debito pubblico.

  • Abstract dell’articolo apparso su Espresso del 7 luglio a firma di Gloria Riva.

I profitti delle multinazionali

Per i dati di tutto il mondo il totale dei profitti delle multinazionali è di circa 544 miliardi di cui 257 restano nei paesi europei.

Il paper The missing profits of Nations pubblicato dal National Bureau https://gabriel-zucman.eu/files/TWZ2018.pdf of economic research degli Stati Uniti, considerato il più autorevole centro di ricerca economica mondiale, contiene lo studio ed i dati. E’ scaricabile dal sito del National Bureau.

Lo studio è riuscito a ricostruire quanti profitti le multinazionali riescono a nascondere nei paradisi fiscali, evitando cosi le tasse nei paesi di origine.

Il totale dei profitti spostati nei paesi a bassa tassazione è enorme; 616 miliardi di $ pari a 550 miliardi di €. 

I profitti realizzati attraverso le controllate estere sono di 1700 miliardi di $ e secondo una stima il 40% finisce nei paradisi fiscali.

Le tecniche adoperate sono quelle del transfer pricing , organizzazione di prestiti, cessioni di marchi e brevetti all’interno del Gruppo.

In Italia le multinazionali versano al fisco 32 miliardi ma ne nascondono 6,3 una cifra non piccola bastevole per risolvere alcuni dei problemi del bilancio dello stato.

17 miliardi di profitti, realizzati in Italia, finiscono invece nella giurisdizione di paesi euopei che fanno parte della famiglia allargata dell’UE ( Lussemburgo, Irlanda, Belgio, Cipro, Malta, e Svizzera per quasi 2 miliardi ).

Non siamo soli in questa perdita: 10,8 di imposte le perde Londra, 14,3 Berlino e 9,4 Parigi. Ma questi paesi hanno il loro tornaconto che da noi non si equilibra.

  • L’articolo affianca l’altro di Paolo Biondani “ Evasori trematecade il muro del segreto bancario.

L’Espresso attraverso le sue pagine ha sempre dato notizie non facili, severe e puntuali, sul tema della evasione fiscale ed una sua penna , Stefano Livadiotti, di recente scomparso era ed è stato una sua bandiera sul tema del fisco.

Il suo libro “LADRI gli evasori ed i politici che li proteggono” mira a sostenere come la virulenza della evasione fiscale , acuitasi negli ultimi decenni, sia “conseguente ad una sorta di patto di omertosa convenienza stipulato fra categorie di elettori e contribuenti e forze politiche interessate a quegli elettori; patto che ha dato vita ad un sistema in cui la regolare riscossione delle imposte risulta vanificata per un verso dalla farraginosità delle norme e procedure e per un altro verso da una volontà amministrativa apatica ed indolente”. [1]

Questo è solo uno degli aspetti del problema che emerge dalla lettura del libro giacchè l’altro, quello reale e piu insidioso, riposa nella cattiva volontà delle classi politiche al governo, un po tutte anche se non tutte, orientate a non disturbare gli elettori, come viene ricordato da un certa stampa sensibile al tema e dai suoi addetti ai lavori.

Non vi è chi non veda come oggi con le iniziative della attuale maggioranza governativa si persegue l’ennesimo e più insistente processo di blandizia del cittadino attraverso con i provvedimenti di clemenza fiscale, condoni e quant’altro a danno di chi invece, anche suo malgrado, si à fatto pienamente carico del dovere di osservanza delle regole sociali e delle regole costituzionali.

Sul tema della Flat tax non vale la pena di spendere parole.

C’è poco da aggiungere; più semplicemente occorre ricordare che gran parte dei problemi della nostra società risiedono di fatto proprio nella ingiustizia fiscale oltre che nella presenza di un sistema criminale che è parte del problema e che ha anche una sua altrettanto autonoma genetica di squilibri sociali e territoriali.

C’e cosi un problema tutto interno di ingiustizia fiscale cui deve porre mano il politico di turno, e poi c’è un problema esterno che purtroppo dipende dal funzionamentodelle regole internazionali a cui con lentezza si sta ponendo rimedio con gli accordi OCSE stipulati anni addietro la cui applicazione è divenuta per fortuna fattuale negli ultimi anni. Ed i risultati si vedono.

  • Ed è proprio su questo tema che si snoda il pezzo di Paolo Biondani del quale si riportano in sintesi notizie interessanti ed incoraggianti.

“Un accordo internazionale ed a Roma piovono milioni di dati dei conti esteri con i nomi degli italiani che hanno nascosto 85 miliardi nei paesi offshore. Cinquanta paesi hanno attivato gli accordi che hanno fatto emergere 1100000 conti di residenti all’estero. Solo nella UBS sono emersi 120 mila clienti. Tra questi si presume, secondo le valutazioni degli organi inquirenti esistano non meno di 40mila evasori.

Deriveranno, dalla applicazione degli accordi stipulati negli anni decorsi che ormai sono una realtà, notevoli benefici connessi alla partecipazione delle dinamiche regolamentari che interesseranno non solo i 28 paesi aderenti all’OCSE ma ben 150 nazioni. [2]

Questa la prefazione a firma di Angelo Gurria, president, al recente volume OECD Work in taxation che da conto dello stato dell’arte.https://www.oecd.org/tax/centre-for-tax-policy-and-administration-brochure.pdf

L'imposta è al centro delle nostre società. Un sistema fiscale ben funzionante è la pietra miliare della relazione tra stato e cittadino, stabilendo potenti legami basati sulla responsabilità e responsabilità. Esso è anche fondamentale per la crescita inclusiva e per lo sviluppo sostenibile, fornendo ai governi le risorse da investire in infrastrutture, istruzione, sanità e sistemi di protezione sociale. In tutta la gamma di questioni politiche che affliggono oggi i governi, la tassa si trova a giocare un ruolo centrale ruolo, sia che si tratti di raccogliere risorse sufficienti per finanziare l'infrastruttura di una società o agendo come leva politica per riflettere atteggiamenti e scelte su aree così diverse come i cambiamenti climatici, uguaglianza di genere, educazione, salute.

L'OCSE e il suo Centro per la politica fiscale e l'amministrazione hanno lavorato instancabilmente per perseguire i problemi e fornire un punto focale per una conversazione inclusiva che porta a standard di classe mondiale ed efficace implementazione, sempre riconoscendo l'intera gamma di contesti e vincoli affrontati dai paesi. Abbiamo raggiunto un grande successo nell'affrontare l'evasione fiscale attraverso il Forum globale Trasparenza e scambio di informazioni a fini fiscali (che comprende oltre 150 membri) - si stima che entro giugno 2018”

Nel 2008, scrive Biondani, le ricchezze nei centri Offshore erano di 1600 miliardi . Nel 2018 quei centri per effetto della inclusione nella lista degli stati che collaborano ai fini OCSE hanno perso un terzo di quelle ricchezze pari a circa 550 miliardi.

Ancora 38 paradisi fiscali annoverati tra gli Stati “Canaglia” continuano a custodire circa 1000 miliardi.

Gli Stati Uniti che sono estremamente rigorosi al loro interno e verso i paesi con cui vigono obblighi di compliance non sono ben disposti nelle regole di reciprocità che valgono solo a loro beneficio; non può essere diversamente, visto che al loro interno contano su Stati Federali Offshore come il Nevada e il Delaware nei quali anche i loro politici di turno, senza fare nomi, custodiscono le loro ricchezze sottraendole alla trasparenza fiscale. Bell’esempio di virtù politica dei repubblicani.


[1] Parole di una brillante recensione sul libro di Livadiotti che è stato in altro momento anche molto severo con i magistrati nel libro “Magistrati e l’Ultracasta”, anticipando molte delle nefaste conseguenze del sistema che oggi sono apparse con virulenza a segnalare che anche il potere giudiziario, e non solo quello politico, non gode di buona salute.

[2] La Sede centrale del Credit Suisse ha patteggiato a Milano una condanna per riciclaggio dei soldi di circa 14 mila evasori e risarcito al fisco italiano oltre cento milioni.

Una possibile conclusione

Il piu grave problema italiano è dato dalla  eccessiva ingiustizia fiscale o meglio dalla ricerca di una giustizia fiscale mai attuata ai sensi del dettato costituzionale. Il Mef produce e pubblica ogni anno, ultimo quello dei giorni scorsi, un documento sulla evasione fiscale ed indica la cifra, le aree, i settori e quanto occorre per capire cosa fare , da dove cominciare e quanto recuperare. La Corte dei conti nella sua relazione scrive note che la politica non può ignorare ma che di fatto trascura a danno dei cittadini onesti . Chi volesse approfondire non deve fare altro che scaricare la ponderosa relazione e leggere nelle pagine di riferimento le considerazioni che si ripetono con una certa sistematicità. Solo 20/30 miliardi consentirebbero di guardare al futuro con ottimismo e di chiudere il tema del debito pubblico e di far rientrare nella normalità anche le preoccupazioni dei paesi europei e del mercato. E può sembrare strano ma una normalità nel bilancio dello stato farebbe di converso emergere le tante positività di cui il paese non manca e che potrebbero addirittura portare ad una conclusione all’apparenza assurda: Italia paese virtuoso giacchè tutti gli indici cosiddetti anomali guardati con sospetto ( spesa pubblica, corruzione) se confrontati con quelli degli altri paesi farebbero emergere una normalità relativa. Cioè non siamo peggio degli altri, ma in alcuni casi anche migliori. Uno per tutto l’indice dell’avanzo di gestione che da anni caratterizza in positivo i conti del paese. Ma chi volesse rendersene conto non ha che da aprire i link sotto segnati che rinviano ad articoli di recente apparsi che danno il senso e la misura alle modeste considerazioni innanzi svolte che danno alcuni elementi a causa dei quali non può non maturare un sentimento di indignazione.

Nota di Visco apparsa su la VOCE INFO
https://www.lavoce.info/archives/60154/sconfiggere-levasione-fiscale-si-puo-anche-in-italia/

Articolo apparso su repubblica della sera a commento della pubblicazione della corte dei Conti.
https://www.repubblica.it/economia/rubriche/policy/2019/06/17/news/banca_dati_anti-evasione_una_bestia_che_la_politica_tiene_in_gabbia-228768460/

Articolo apparso sul Corriere della sera a cura del Presidente dell’Osservatorio Previdenziale,  onorevole leghista, apprezzato studioso e serio pubblicista.
https://www.corriere.it/economia/finanza/cards/tasse-pensioni-spesa-sociale-tre-verita-scomode-che-non-portano-voti/bugie-realta-storiche.shtml