Raccolta di note e riflessioni espunte da letture che dicono tanto e sulle quali occorrerebbe riflettere e far riflettere il cosiddetto “POPOLO” e non solo……………………..( e cioè politica , borghesia ,intellettuali, giornali, opinionisti etc etc.)
Un testo guida quello di AUGIAS “ Segreti di Italia”.
I romani governeranno il mondo con la sapienza delle leggi, così come Anchise predisse ad Enea quando profetizzò i grandi uomini che nasceranno dalla sua discendenza.
Il bel paese ch’appenin parte e ‘l mar circonda e l’Alpe di Petrarca
Il viaggio non consiste nel veder nuove terre ma nell’aver nuovi occhi di Marcel Proust.
Il giudizio sugli Italiani dell’Università di Princeton: artistic, impulsive, passionate
ed ancora del prof Ponza , economista che insegna in Inghilterra , così sintetizzato: da una faccia della medaglia c’è l’Italia dall’altra gli italiani, razza geniale, ma corrotta, inaffidabile e licenziosa.
La forza dei pregiudizi e già viva in un anglista, Franz, nel suo saggio : Scoperta dell’Italia.
“Non sarà così ma è come ci vedevano e forse ci vedono gli altri”
I viaggiatori del grand tour sono stati tutti molto duri tranne eccezioni, esempio Goeth
Insomma nell’Ottocento l’Italia veniva apprezzata solo per il clima, il sole e per le sue affascinanti rovine.
Persino Marcel Proust scriveva: la terra dei barbari non è quella che non ha mai conosciuto l’arte ma quella che, disseminata di capolavori, non sa ne’ apprezzarli ne conservarli.
Sthendal ha parlato di ebrietà morale al più alto grado, di ubriachezza morale.
Molti osservatori tendono a considerare permanente quella condizione di ebrieta’, perché insita nel carattere italico distinguendo anche tra uomini del Nord e uomini del Sud verso i quali il giudizio è stato sempre più severo.
D’altro canto il racconto di Federico Fellini nella dolce vita ne è una riprova.
Ma sulla stessa linea tanti film del dopoguerra e del realismo.
Thomas Mann poi traccia un giudizio netto sulle differenze tra il popolo italiano e quello tedesco.
Gli Italiani si sono sbarazzati del loro grande uomo per concedere poco dopo al mondo ciò che si pretende anche da noi e cioè la resa incondizionata; noi, dice Thomas Mann , siamo un popolo diverso, un popolo dall’anima tragica contrario alle cose prosaiche e consuete; tutto il nostro amore va al destino, un destino che sia magari la rovina che infiamma il cielo con la rossa vampa di un crepuscolo degli dei.
Vedi il film sulla caduta degli DEI
La dimensione tragica e’quella che manca ed è mancata nella storia dell’italiano.
Non è detto che la vocazione tragica sia una qualità, ma di certo la percezione ironica del carattere italiani dice quello che gli altri pensano di noi.
Volendo contestualizzare si può ben dire che in Italia la condizione ironica e non tragica fa nascere anche i partiti del qualunquismo, movimenti sul nulla, ed associazioni simil politiche parto della mente di un giullare e di un comico, prendendone addirittura il nome.
È’ proprio vero; queste considerazioni meriterebbero un ampio approfondimento.
Veniamo ricordati difatti nella storia più per la sconfitta di Caporetto che non per la difesa e di El Alamein dove ci fu un comportamento eroico.
I luoghi comuni, giusti o ingiusti che siano, ci hanno sempre accompagnato.
Helmuth Schmidt disse che i carrarmati italiani hanno quattro marce come gli altri però una va avanti e le altre tre indietro.
A proposito della disgraziata guerra di Grecia voluta da Mussolini Winston Churchill disse: l’ultimo esercito d’Europa ha battuto il penultimo.
Il comandante inglese della spedizione aereonavale nelle Falkland Malvinas a chi gli chiedeva un pronostico sullo scontro rispose: se sono di origine spagnola resisteranno, se di origine italiana fuggiranno.
Der Spiegel, giornale tedesco, ha scritto a proposito del disastro dell’isola del giglio: cosa c’è da meravigliarsi che il comandante della Concordia fosse un italiano?
Per poi arrivare, lo stesso giornale, alla crisi dell’euro assumendo che la crisi della valuta dell’Euro dimostra quanto per motivi politici valgala psicologia dei popoli e nel particolare caso quella degli Italiani.
Wolfgang Schauble ministro democristiano del governo Kohl ebbe a dire del suo paese: dobbiamo far parte di una struttura sovranazionale che sia in grado di tenere a freno il demone che scuote il nostro popolo.
Noi, invece, per vent’anni abbiamo avuto un capo di governo che ha osato presentarsi in pubblico con il volto tirato dal chirurgo, coperto da un cerone cinematografico, con capelli finti e tacchi ortopedici.
Una maschera da melodramma o da comico di avanspettacolo che ovunque nel mondo l’avrebbe fatto precipitare nel ridicolo.
In Italia al contrario gli ha assicurato a lungo la vittoria.
Forse di tanto in tanto occorre riflettere su questi giudizi che anche nostri illustri pensatori, Dante, Leopardi per citarne alcuni, hanno espresso
Giudizi che gli uomini di buon senso hanno però il dovere morale di far modificare costruendo gli argini quando è possibile e contribuendo alla resipiscenza quando questa ha la natura per emendare gli uomini e la società.
Negli altri casi sarà bene che quei costumi si scontrino con la dura realtà, ne paghinoil fio, se le vie della conoscenza e della ragionevolezza non dovessero diventare vie maestre.
A conforto va anche detto che una gran parte degli Italiani non rientra nel quadro descrittivo delle peggiori virtù ma in quello dei buoni valori, intrisi di sentimenti ed ideali,
Noi siamo da secoli calpesti e derisi perché non siam popolo perché siamo divisi. Mameli
Hai serva Italia di dolore ostello nave senza nocchiere in gran tempesta non donna di provincia ma bordello. Canto Sesto purgatorio con Sordello da Mantova Invettiva contro la divisione degli Italiani
Ed è su questa parte che va costruita la nazione.
Su questo tema si potrebbe anche utilizzare il testo di Benedetto Croce Il paradiso abitato dai diavoli per trarre utili stimoli per un ammonimento per la società nazionale.
Benedetto Croce ricorda che su Napoli le valutazioni negative iniziano sin dal 1673 nel dizionario del Morelli, e ancora ricorda che sin dal 1539 tal Bernardino Daniello scrive:” io pur venne a Napoli gentile, da bene il cui sito a me pare meraviglioso e il più bello che io vedessi mai, perché io non ho mai veduto città ch’abbia da l’un dei lati il monte e dall’altro la batti il mare come fa questa ed anche per le sue altre particolarità che tutte insieme e ciascuna per sé lo fanno guarire mirabile ma perché dovete sapere che la natura non vuole che si convien per far ricco uno gli altri sian in povertà .
E quando l’ebbe molte delle sue doti più care concedute le parve di restringere la mano affinché l’altra città non li mandassero ambasciatori a dolersi con esso lei di tanta parzialità e propose fra se stessa di dare questo paradiso ad abitare al diavoli e così come aveva proposto mandò ad effetto”
Napoli sarebbe un paradiso e per riequilibrare quando non avevano avuto gli altri viene riempita di diavoli. Nelle pagine successive Croce ricorda tutte le attività e le iniziative anche di natura accademica dalle quali il regno di Napoli viene travolto, con ingiurie, con cattive considerazioni tanto che viene fatta oggetto già nel 1707 da oratorie e poetica all’università di Altdorf “si parla di questo regno Neapolitano paradisus est a diabolis habitatus ulterius esplicatum”
ll discorso comincia a ricordare la terra fortunata elegantissima per natura, che Capua la deliziosa ammolli Annibale, si passa a ricordare con lingua tremebonda quanti napoletani erano facinorosi, che l’inferno non escogitò nessuno scelleratezza di cui cotesta nazione di uomini non si sia bruttata.
Sino all’anno 1632 ci sono contatti 54 ribellioni; che i napoletani siano giudicati pessimi tra i pessimi vi è piena conferma che riceve dai fatti la verità del proverbio universalmente ripetuto .
Ma Benedetto Croce di Napoli era fortemente innamorato e ricorda che, per quando l’antico proverbio non risponda a verità sebbene sia uscito di moda e sia caduto in dimenticanza perché, non risponde più al sentire odierno e non risponde anche per tante altre ragioni perché la realtà è ben diversa dalle considerazioni insite nel pensiero del diavolismo napoletano.
Pur tuttavia egli dice ancora oggi accettiamo senza proteste che ce lo dicano, e che ce lo dica lo straniero con gli altri italiani, ma se ce lo diciamo noi a noi stessi è perché stimiamo che esso valga da sferza, da pungolo e concorra mantenere viva in noi la coscienza di quello che è il nostro dovere
Sotto questo aspetto ci importa poco ricercare fino a quel punto detto proverbiale sia vero giovandoci tenerlo verissimo per far sì che sia sempre men vero.
Quindi Croce conviene che i napoletani come anche gli Italiani sentano sempre forte lo stimolo a non abbassare il livello morale e la misura della dignità come a non limitare la misura della vera cittadinanza.
Ho scritto questo articolo per l’annuario del mio liceo classico Dante Alighieri di Agropoli in occasione della celebrazione del cinquantennale della sua istituzione con l’obiettivo di fornire ai giovani studenti motivi di riflessione sulle innovazioni che stavano emergendo. Innovazioni capaci di rafforzare la capacità dell’uomo nel presidio della conoscenza avvalendosi di tutte le opportunità tecniche ma anche per indicare loro i cambiamenti che si annunziavano nel mondo delle imprese e dei settori tradizionali. Si accompagnava nel testo ad altri due lavori, uno dedicato alla Humanitas cioè al nostro essere uomini come soggetti consapevoli e pensanti che in quei licei coltivano studi umanistici ed il secondo ai sistemi dell’economia e della finanza materie la cui padronanza appare inadeguata ed insufficiente in una età in cui si è chiamati al voto e si esprimono decisioni che impattano sulla società e sulla vita di tutti noi.
Poichè ho avuto l’occasione di rispolveralo e di proporlo in lettura in contesti di elevato valore orofessionale ed accademici ho pensato di lasciarne traccia sul mio blog per metterlo a disposizione di quanti hanno familiarità con argomenti della specie. Mi è parso utile giacchè richiamarne i contenuti diventa piu agevole.
Ho fatto del testo una attenta lettura e devo dire senza tema di preoccupazione per le considerazioni terze che mi è piaciuto tanto; è ricco di spunti anche storiografici sulla evoluzione del tema e sui suoi collegamenti con il contesto ambientale e culturale ed ho pensato ai appostarlo anche sul blog per la fruizione di quanti non sono in possesso del libro che lo contiene.
Aggiungo alcuni stralci solo per stimolarne la lettura giacchè il testo in pdf va aperto cliccando sul link relativo
“Parlare della innovazione del cinquantennio che è alle nostre spalle significa ripercorrere la storia delle aziende e dei sistemi macro e microeconomici che, in conseguenza dell’apporto fondamentale della componente tecnologica, IT e Tlc, hanno fatto registrare sviluppi inimmaginabili “di processo, di prodotto e di contesto”, non sempre immediatamente percepiti negli effetti e nella’ ampiezza, ma valorizzati per la dinamica impressa all’ evoluzione della società.
Un contributo di novità non marginale è derivato poi anche da un approccio culturale che ha identificato nel management una leva fondamentale destinata ad alimentare a mantenere vivo e permanente il valore della innovazione come motore di sviluppo della società.
Peter F. Drucker nel suo manuale di Management, prima edizione americana del 1973, nella introduzione scrive “dal boom del management alla realizzazione del management”. “La comparsa del management in questo secolo ha rappresentato con ogni probabilità un fatto di importanza storica”.
Delle aziende, tante, infatti Drucker ripercorre la storia, gli eventi, le scelte strategiche individuando nella managerialità una delle chiavi di successo ed un motore della innovazione. In tutti i Managers, i Ceo, è sempre forte e vincente la spinta a generare valore, ricchezza e sistemi sempre più integrati: l’integrazione negli anni è aumentata grazie alla molteplicità delle risorse tecnologiche e delle connesse.
Sulla scia di Drucker la nascita in America delle grandi società di consulenza ha fatto il resto. “e ancora”
E si legge: “le imprese sono il principale luogo in cui si produce innovazione, in cui è dato apprezzare i diversi processi in atto per generare e catturare idee che si trasformano in prodotti e servizi commerciali, in cui si genera ricerca, si migliora la interazione con fornitori, clienti, consumatori, ingegneria, manifattura, marketing ed in cui si investe di più in innovazione”.
“In cui si rivelano gli imprenditori innovativi, che non necessariamente si identificano con le start up, e, non necessariamente, con le piccole e medie imprese ed o con le grandi imprese.”
Innovazione si genera anche nel settore della ricerca universitaria così come nel settore pubblico, sebbene con una ricaduta non sempre immediata sul piano dell’economia e del mercato e diversamente viva per la spinta al nuovo.
Aprendo il link si accede ad una ricca documentazione che la soluzione telematica rende fruibile on line. Quella di carta non ne agevola l’accesso e la consultazione.
L’informazione pubblica, cioè l’uso dei dati raccolti, prodotti e gestiti dalla pubblica amministrazione, costituisce una risorsa infrastrutturale fondamentale della Società moderna per assicurare trasparenza e partecipazione consapevole diffusa, ma anche per contribuire allo sviluppo sociale ed economico di ogni paese. Nel segno di queste finalità il Governo in data 28 u. s ha approvato un Decreto Legislativo con il quale ha varato la disciplina sulla commercializzazione dei dati pubblici in attuazione della direttiva Comunitaria 2003/98 che regola il riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico. Il provvedimento è stato predisposto dal Ministro delle Politiche Comunitarie e dal Mit di concerto con gli Esteri, Giustizia, Economia e Finanze e Funzione Pubblica. Nuovo mercato Viene a crearsi con la nuova disciplina legislativa un mercato dei dati pubblici con il quale si potranno alimentare di nuovi contenuti digitali i Network pubblici e privati ; tutti potranno infatti contribuire alla costruzione della “Città della Informazione nel nostro paese”, diversificando l’ampiezza dei contenuti ed assicurando uno sfruttamento allargato delle basi di dati che verranno costruite attingendo alle fonti della pubblica amministrazione. Le finalità della richiamata direttiva comunitaria, cui si è informato il provvedimento nazionale, mirano ad assicurare l’assenza di distorsioni ai fini della concorrenza, ad annullare cioè le cosiddette asimmetrie informative, ad ampliare i contenuti della conoscenza assicurandola a tutti. Poichè il settore pubblico raccoglie e produce una ampia gamma di dati in molti settori di attività, ad esempio di tipo sociale, economico, geografico, climatico, turistico, in materia di affari, di brevetti di istruzione, ne consegue che l’obiettivo della creazione di condizioni propizie per lo sviluppo di servizi su scala nazionale ed anche su scala Comunitaria è fondamentale per i soggetti che saranno chiamati ad alimentarne la diffusione come per i destinatari finali delle informazioni. Direttiva La Direttiva si preoccupa, infatti, di assicurare l’armonizzazione delle normative nazionali e delle prassi seguite dagli Stati membri allo scopo di incidere sugli effetti distorsivi che una divaricazione delle legislazioni potrebbe arrecare al corretto funzionamento del mercato sopranazionale ed all’interno dei singoli paesi. In altri termini il bene “informazione” deve godere innanzi tutto di un humus regolamentare omogeneo in tutta la Comunità affinchè cittadini ed aziende non siano sfavoriti nella relativa acquisizione e siano messi anche nella condizione di fruirne in maniera economica. Non è estranea alla finalità della normativa Comunitaria lo stimolo, peraltro richiamato esplicitamente nel testo del 2003, per la creazione di nuovi posti di lavoro che possono derivare dallo sviluppo del nuovo mercato che imporrà servizi di qualità, creazione di software gestionali ed allestimento di strumenti tecnologici di diffusione idonei a favorire la elaborazione di fonti capaci di relazionarsi con i settori, con i territori e con le finalità generate dalla domanda. Il nuovo compito assegnato alla Pa, per predisporsi alla generazione di informazioni strutturate per finalità esogene e cioè estranee alla sua missione tradizionale, deve comportare solo un ristoro per gli oneri sopportati in quanto la finalità ultima, sottesa, è quella di rendere anche attraverso questa via un ulteriore servizio pubblico. Cnipa A supporto della normativa il Cnipa ha costituito nel 2004 un gruppo di lavoro che si è dato l’obiettivo di individuare linee guida per le azioni di sistema, quelle di parte pubblica, l’obiettivo di predisporre una analisi strategica che ha assunto a base lo scenario ambientale e lo scenario di mercato da cui far scaturire processi decisionali ed, infine, l’obiettivo di individuare concretamente le iniziative che potranno in tempi ragionevoli dare corpo a soluzioni operative connesse allo sfruttamento dei dati. A base dello scenario di mercato è stato valutato il valore della informazione elettronica stimato nel 2001, in circa 40 miliardi di Euri a livello mondiale e in circa 16 miliardi di Euri per la sola Europa in cui fanno da leader la Gran Bretagna e la Francia, cui il Cnipa si è riferito per il benchmarking delle best practises. Lo stesso mercato per il 2004 sembra invece posizionarsi su valori prossimi ai 70 miliardi di Euro con una fetta di ben 9,5 miliardi di Euro riservata agli investimenti nelle informazioni del settore pubblico, capaci per la loro natura di attrarre una domanda destinata ad alimentare fonti primarie di alta qualità, sistemi di Dss (Decision support system) e di generare opportunità nuove costituite da progetti che attivano percorsi di valorizzazione dei dati anche attraverso il contributo dei soggetti esterni cui profitta l’utilizzazione del dato. Tutto ciò, come è agevole immaginare, metterà in moto un processo fortemente innovativo all’interno delle amministrazioni stimolate a costruire modelli di dati da cedere per il riuso ed a costruire nuove competenze che valorizzino i dati disponibili e facciano da consulenza; ma mette soprattutto in moto all’esterno un volano che interessa non solo i destinatari finali dei dati, i fruitori di ultima istanza, ma anche una filiera di soggetti destinata a partecipare alle iniziative con posizioni e ruoli diversi tra cui: associazioni di categoria, ordini professionali, imprese di software, proprietarie di sistemi di Datawarehousing, imprese di rete, imprese editoriali, piccole e medie imprese che vogliono competere e confrontarsi nel nuovo mercato, consulenti ed esperti conoscitori del funzionamento della macchina pubblica. Ipotesi progettuali
Il Cnipa nell’ambito delle ipotesi di progetto ha anche individuato alcuni ceppi di dati ed informazioni, cosi come ha individuato i possibili soggetti utilizzatori ; ha studiato l’impatto sulle amministrazioni e la cosiddetta cantierabilità con l’indagine sui vincoli economici, metodologici, amministrativi, informatici e concorrenziali e si è soffermato sulle seguenti informazioni: – sulle informazioni ambientali dell’Aereonautica; – sulle informazioni di natura pubblica del Ministero dell’Interno e della Funzione Pubblica; – sulle informazioni di natura economica delle Agenzie dell’Entrata e del Ministero degli Esteri; – sui bollettini delle gare e degli appalti di tutta la Pa; – sulle informazioni per la gestione del territorio degli enti locali; – su quelle dei Registri Immobiliari dell’Agenzia del Territorio, sulle informazioni fiscali delle Agenzie delle Entrate; – s u tutte le fonti che danno vita ad analisi e studi del Poligrafico dello Stato; – sulle informazioni culturali dell’Archivio di Stato. Processo
L’avvio del processo non sarà senza impatti e non sarà indolore. Intanto va detto che le amministrazioni centrali, già aduse a trattare le informazioni in maniera strutturata, a predisporre veri e propri sistemi informativi orientati alla gestione dell’area di competenza ed alla gestione del rapporto con tante controparti, non avranno difficoltà ad assecondare richieste di sfruttamento dei dati da qualunque parte provengano e a diffonderle con i mezzi più idonei. Analoga situazione potrà nei fatti registrarsi in tutti i casi in cui ci si trova dinanzi a Enti Pubblici di rango sia per natura che per funzione. La materia non dovrebbe presentare difficoltà neppure per le Regioni aduse da tempo a predisporre basi di dati aggregate, qualitativamente interessanti ( si veda la Sezione statistica della Regione Campania ). Sistemi informativi Ma i dati che interessano non solo quelli nazionali. La normativa riguarda tutti gli Enti ed anche quelli locali che possono dare luogo ad una sorta di data base più ristretto ma egualmente interessante se si pensa ai territori governati dalle Province, dalle Comunità Montante, dai Parchi e perchè no anche dai Comuni, le cui informazioni elevate a sistema possono diventare una proficua fonte di analisi per gli operatori locali, per quelli che rientrano in una sfera di operatività a confini più ristretti. Non vi è dubbio che in questa fetta decentrata di territorio, in cui forse gli Enti non hanno ancora superato la fase della piena informatizzazione dei servizi, le difficoltà a sistematizzare le informazioni spendibili saranno notevoli e tanto più elevate perchè gli interlocutori degli Enti non saranno grosse company ma aziende locali che vorranno cogliere la nuova opportunità per sviluppare iniziative e business a livello del territorio. Sarà questo un tema delicato da monitorare, cosi come sarà altrettanto complessa la gestione di tutti i protagonisti della comunicazione già oggi appannaggio di pochi players che, per dimensione di mercato, struttura competitiva e fonti disponibili, detengono tutte le leve per acquisire in maniera oligopolistica non pochi dei settori sui quali di qui a qualche tempo si avvieranno le iniziative stimolate dal Decreto Legislativo. Forse non sarà male che le Pmi del settore informatico capaci di assicurare con le loro risorse lo sviluppo dei nuovi cantieri facciano una riflessione in Campania come altrove per evitare il drenaggio delle nuove opportunità,che sono anche e soprattutto opportunità di nuovo lavoro e business.
ll Codice Digitale ha sancito la natura pubblica del dato delle pubbliche amministrazioni;le aree identificate dal Cnipa, sulle quali è stato fatta una sorta di analisi.
Il pezzo che segue è stato scritto nel 2021 in occasione della uscita della relazione della Corte dei conti sull’Informatica della Pa. La recente pubblicazione del piano 2022/2024 mi ha indotto, poi, ad ulteriori considerazioni. Ho pensato fosse utile integrare lo scritto precedente, oltre che con i documenti della corte del 2020 e del 2022, anche con il recente piano arricchendolo con il documento della UE sulle analisi DESI ( allegato) e con il piano decennale UE in materia di innovazione.( allegato)
Sono documenti fondamentali, da leggere da approfondire su cui occorre riflettere per capire il nostro standing in argomento, la distanza che ci separa con il resto di Europa ed il resto del mondo.
In Italia la permanente competizione elettorale, le tendenze populiste , ragione dei nostri guai dell’ultimo decennio che si sommano a quelli del ventennio precedente, non ci consentono di guardare con serenità alle prospettive e di capire i malesseri del nostro sistema per il quale non appare compatibile unaventata di ottimismo.
Il pezzo era stato scritto nel 2021 dopo aver letto la relazione della Corte dei Conti sulla Pa e dopo avere, solo in parte , letto la documentazione predisposta dal piano Colao; cercava di capire il perché dei ritardi, di immaginare delle soluzioni e soprattutto di individuare momenti di controllo esterno.
Colto dal pessimismo l’avevo messo nel cassetto; l’ho ripreso invece alla luce della Governance Draghi che ha provato a trasformato in azioni, nel fare e nel ridefinire le tante ipotesi progettuali alle quali mancavano non pochi tasselli senza dei quali le chiacchiere sarebbero rimaste tali e non si sarebbe capito quale è l’unico possibile scenario nel quale il paese di può muovere: UE.
Due le leve e le condizioni che potevano far cambiare volto al Paese: la disgrazia del Covid che ha sollecitato processi accantonati e tenuti in sordina e la spallata di Renzi che ha permesso la discesa in campo di Draghi le cui idee e il cui approccio strategico erano stati già chiaramente tracciato nei suoi interventi sui quali erano stati fatti tanti commenti largamente positivi nel paese e in Europa.
Nei mesi precedenti erano stati pubblicati a decine documenti di analisi, report di società di consulenza, della pubblica amministrazione, tutti intesi ad individuare le priorità verso le quali si sarebbe dovuto muovere il piano strategico nazionale diretto a sostenere la ripresa e la crescita dell’Italia, a valle delle conseguenze indotte dalla pandemia ex Covid 19, anche per spendere le somme assegnate dall’Ue di cui al noto recovery Fund.
Non so quante associazioni quante istituzioni, centri studi, giornali si erano fatti carico di sciorinare idee, piani teorici; si contano a milioni i caratteri spesi per presentare in maniera puntuale il fabbisogno del paese Italia.
E’ uno sforzo apprezzabile quello di dimostrare quante idee ci siano, quanti sono i centri di attenzione e quanta cura abbia la parte pensante dell’Italia, degli intellettuali e degli organismi di rappresentanza delle diverse categorie e classi sociali, tutti intesi a segnalare ed evidenziare i grandi deficit organizzativi, soprattutto strutturali che questo paese presenta dai parecchi anni.
Sono tutti ben noti, forse arcinoti.
Se si prova poi a fare un confronto tra tutti questi documenti ed a mettere insieme le idee dello sforzo fatto dal gruppo Colao, sintetizzato nel documento dei famosi giorni degli Stati generali, tra di essi non si intravedono elementi di differenziazione.
Le diverse pagine che hanno avuto ad oggetto questo tema così importante per la nostra società sembrano fatte a stampa ; neppure uno sforzo di fantasia riesce a cogliere le diversità che forse sono più attestate sulle priorità.
L’Italia è un paese che pensa tanto e che scrive tanto, che dispone di opinionisti di eccellenza e di grossi centri istituzionali di riflessione: se si dovesse e si potesse leggere tutto passeremmo il tempo in maniera proficua nell’ acculturamento.
E poi non mancano le indicazioni che periodicamente ci vengono da Ocse, Imf, Eurostat etc. etc.
Forse a scrivere ed a disegnare idee il paese non ha eguali.
Sono, siamo, tutti bravi a raccontare.
Peccato che, come diceva Matisse, dopo aver disegnato una pipa “ceci n’est pas une pipe” occorre, perché sia tale, la sua costruzione, la sua realizzazione.
E qui casca l’asino: occorrono almeno due grosse precondizioni.
Una ferma volontà politica, non ferma ma fermissima, che non faccia sconti a nessuno e che, una volta definite le vere priorità del paese in una visione strategica di almeno breve periodo, non dica si a tutti ma al contrario dica tanti no che arrechino anche disturbo al cittadino nella consapevolezza di realizzare il bene a tendere del paese.
Come è noto il ventennio, diciamo anche il trentennio, alle nostre spalle ha consegnato al paese una governance che ha dovuto mediare, concedere per la sua sopravvivenza, tanti si e tante elargizioni senza peraltro affondare il bisturi dove era necessario e senza di fatto disturbare il manovratore di turno nelle diverse aree della pubblica amministrazione e della economia.
E soprattutto si è maggiormente spesa ad accontentare la massa del cosiddetto popolo con tante elargizioni. Un recente bel testo di Alberto Brambilla “ Le scomode verità “ su tasse pensioni, sanità e lavoro sta aprendo gli occhi, benché quegli effetti negativi fossero stati messi nel conto dei guasti fatti al paese e soprattutto alla mentalità dei cittadini convinti di dover insistere sui diritti senza mai rispondere deidoveri che sono di lealtà e trasparenza. La lista è lunga.
Il risultato peggiore della instabilità e sotto gli occhi di tutti
Non vi è un solo indicatore che possasoddisfare non i cittadini che, tutto sommato, non hanno titolo per chiedere di più rispetto a ciò che danno, che forse non ne sentono neppure il bisogno altrimenti avrebbero alzato barriere, ma quanti hanno motivo di principiare relazioni con il bel paese sul quale devono fare affidamento e su cui devono contare.
Se poi si passa alla seconda precondizione che è data dalla capacità realizzativa in un contesto complesso non si riesce ad immaginare chi possa condurre a buon fine un progetto (la digitalizzazione totale della PA) che non nasce oggi ma che affonda le radici almeno nel ventennioo passato.
Uno steering committee forte deve avere alle spalle decisioni ed obiettivi chiari ed un piano realizzativo che non si faccia condizionare da Nymbi, campanilismi, lobbying e manovre fuorvianti.
Come si può e si deve fare in questi casi?
Comunicando in maniera trasparente a tutta la società gli obiettivi attesi, gli scopi e le finalità, i vantaggi, i valori aggiunti da costruire; comunicando a tutti le aree che potrebbero essere toccate da una disruption, meglio da riorganizzazioni, ed indirettamente evidenziando alla società le possibili ed eventuali iniziative che favoriscono le azioni necessarie.
La visibilità deve essere il metro di confronto tra cittadini che sono chiamati a capire ed a valutare magari anche con la intermediazione di soggetti terzi che rappresentano tutti ( meglio senza ) e non le categorie sociali o classi o interessi precostituiti che sono sempre orientate dal no.
Alzare il livello di informazione per la societàin maniera strutturale e strutturata , mettendo a confronto le situazioni attuali, con i tanti risvolti negativi, e quelle a tendere ed i benefici che arrivano alla società con le nuove realizzazioni.
E veniamo ora al punto nodale: alla digitalizzazione della Pa.
Nel settore della digitalizzazione in generale il ben noto indice DESI, quello recentemente elaborato, ci pone al 28º posto nel ranking europeo.
Sono anni che il paese elabora piani dell’It, spende risorse, cuce e ricuce senza essere riuscito a smuovere la percezione della Europa ma anche dello stato dell’arte della insufficienza in cui versiamo.
Ci sono benvero anche problemi strutturali, ci sono tante difficoltà note ma il vero tarlo sta nella indisponibilità delle governance di tante amministrazioni per raggiungere il risultato target che invece occorre per fare il salto di qualità.
La Corte dei Conti, avendo i poteri di accertamento, ha prodotto due grossi studi, che si affiancano alle tante indagini di società di consulenza che per mission elaborano analisi, ed ha mostrato un’Italia che molte cose le ha fatte, una Italia che è in mezzo al guado ed una Italia retrograda.
Si, le leggi, le autonomie, gli 11mila server, tutto vero.
Ma c’è qualcuno che in via Istituzionale, ad esempio, fa capire dall’esterno ai cittadini del Comune Ypsilon quali sono i danni per la collettività dei ritardi della digitalizzazione?
C’è un difensore civico che diventa spina nel fianco delle amministrazioni quando il dato è conseguenza della non volontà di fare tutto ciò che occorre?
Questo è un esempio banale che va replicato per tutte le aree in cui questa mission andrebbe esplicata. Perchè occorre ricorrere ad una soluzione siffatta?Perchè la nostra organizzazione politico amministrativa ha costruito negli anni tante autonomie che solo leggi Costituzionali e leggi pesanti possono modificare.
Ed è impensabile.
Occorre quindi far pesare il giudizio sugli uomini che amministrano e che ritardano in maniera molto più diretta ed efficace.
Non basta l’Agenda digitale a raccontarci giorno per giorno i motivi che si frappongono.
Occorrono spine nel fianco pubbliche dotate di una responsabilità specifica.
Ed occorre anche un sistema sanzionatorio e di riconoscimento di meriti per chi lo fa in modo da far pesare nel confronto la differenze tra la Regione A e quella B, tra il Minstero a con quello B , e cosi via discorrendo.
Se vogliamo negli Enti, Istituzioni ed altro dei ruoli ci sono: sindaci, revisori, consulenti, i difensori civici, la Corte dei Conti, le associazioni dei Comuni, le Convention Regìoni Governo, tutte intese a chiacchierare, scrivere ma senza poteri di interdizione sulle cose sbagliate, sui soldi spesi senza un ritorno ed un valore aggiunto; e poi c’è il bilancio sociale degli Enti pubblici, ci sono organismi di controllo del merito che arrivano a cose fatte.
Insomma c’è una rete che fa impallidire quella degli altri paesi della Ue per non dire dei paesi di natura anglosassone, ma una rete che ha pochi colpi in canna e che pur avendoli talvolta chiude il lavoro con rapporti che si perdono nel tempo, vengono pubblicati e nessuno li legge.
La sanzione deve essere affidata alla pubblica opinione prima che alle sedi giudiziarie ed ai giornali ed agli opinionisti che scrivono libri ( ultimo in ordine di tempo quello di Boeri e Rizzo” Riprendiamoci lo Stato”); o forse occorre forse avvalersi anche di figure analoghe a quelle che si usano per mettere alla luce i casi di corruzione, non proprio questi, ma opinions leaders, associazioni di professionisti che abbiano compiti precisi di informazione dei cittadini per essere da stimolo a rincorrere dall’esterno tutte le disattenzioni come quella rilevata dalla Corte dei Conti che segnala come nelle amministrazioni pubbliche non ci sono ruoli deputati alla gestione responsabile dell.IT. Non se ne sente il bisogno.
Nel libro innanzi citato si auspica una misurazione dei risultati in base al giudizio degli utenti, idea suggerita anche da Cotarelli, soluzione che però presuppone una utenza edotta ed informata , consapevole dell’esistenza di procedure e degli obiettivi della stessa, consapevolezza per la quale lo Stato spende da sempre poco o quasi niente, tant’è che non è dato leggere mai nei progetti la parte più importante , largamente coltivata nelle aziende private, diretta all’empowerment dei destinatari delle soluzioni IT pubblica che, si ripete, non sono scritte per la Pa, ma per i cittadini.
Suggerisco per una comprensione del testo qui innanzi esplicitato, che contiene idee banali ,coltivate da sempre, la lettura delle relazioni della Corte dei Conti
Varrà poi la pena di far capire cosa significa stare in Europa ed essere divenuti tributari delle risorse che ci sono state attribuite.
Forse una lettura approfondita del cantiere Europeo dei prossimi 10 anni può indurci a capire dove siamo e cosa dovremmo poter fare
I documenti qui allegati sono nell’ordine: 1) il piano triennale della Pa 2) il decennio digitale come pianificato dalla UE 3) delibera della corte dei conti sui controlli della digitalizzazione nella PA 4) la precedente delibera della Corte dei Conti in materia di Controlli sulla Pa ) e stralcio del documento della UE sulla determinazione dell’indice Desi con riferimento alla Pa.
Buona lettura. La consapevolezza si raggiunge solo cosi.
Conversazione con Fabio De Felice, professore universitario nonché imprenditore, sul rapporto tra It, Ai e umanesimo.
Complimenti Fabio per lo scritto su Agenda Digitale.
Un approccio e contenuti che mi hanno molto sorpreso in positivo perché mi ero preparato a leggere un testo della mano e mente di un professore universitario, ingegnere, nonché imprenditore, in chiave prevalentemente tecnologica ambito per me familiare ma non di mia elezione come sai.
Invece ho incontrato un sentiero che provo a coltivare da tempo , e non so se ci riesco, del valore dell’umanesimo rispetto alle materie che ormai dominano lo scenario mondiale dell’economia e del sistema industriale e di tutte le sue componenti.
Il mio primo tentativo, con miei scritti autonomi su un libro del cinquantennale del mio Liceo Classico, di circa 30 anni fa, in cui ammonivo i giovani a coltivare le discipline umanistiche ma a non trascurare le nuove scienze dell’oggi, la tecnologia e la finanza da mettere a fattor comune con la spinta derivante dagli stimoli del cursus honoris liceale.
L’ho fatto con il testo di Galimberti dal titolo Psiche e Techne, un tomo interessante che esamina il problema del rapporto dell’uomo con il mondo della Tecnhe. Bellissimo, una dipintura della umanità nella logica del nuovo, con la caratterizzazione e le ricadute su tutti i microsistemi valoriali individuali e collettivi: naturalmente lo guardi tutto, ne leggi un centinaio di pagine poi lo metti da parte, perché e un tomo di molte pagine, ma interiorizzi il tema.
ll secondo tentativo l’ho fatto di recente lo scorso anno con il libro di Ferraris, professore di filosofia teoretica della Università di Torino di cui certamente conosci la esistenza: anche qui guardi tutto, ne leggi un centinaio di pagine e metti da parte per un possibile futuro approfondimento che non verrà perché anch’esso molto ricco di pagine.
Allego in calce copia della copertina che ha tutti i driver di lettura: egli dice
“Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l’ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità che, misurandosi sui soli criteri della funzionalità e dell’efficienza, non esitano a subordinare le esigenze dell’uomo alle esigenze dell’apparato tecnico. Inconsapevoli, ci muoviamo ancora con i tratti tipici dell’uomo pretecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela verità: la tecnica funziona”.
Ma l’approccio è proprio questo: ormai la tecnologia e tanto più l’AI siamo noi, è il prodotto delle nostre capacità intellettive.
Sta a noi “sistema di intelligenze” che esprime altri valori propri della nostra umanità creare i driver giusti per controllarne le devianze e indirizzarne gli usi per gli scopi primari della umanità.
Per continuare il mio approccio, come giustamente tu fai nel testo richiami i lavori fatti in Europa che ho sulla mia scrivania “Libro Bianco sulla intelligenza artificiale “ che andrebbe divulgato per far capire che solo la dimensione Europea ci può salvare dai rischi ricordando che la AI è il tema predominante dell’Europa del 2030.
E poi non volendomi far mancare l’aspetto concreto per capire dove essa va ho scaricato l’OUTLOOK dell’OCSE che ci indica i settori dove si investe
Avevo anche avviato la lettura del recente libro do Kate Crawford “Ne’ intelligente né artificiale- il lato oscuro dell’IA “; il tempo è avaro e non si riesce nonostante la mia bulimia di approfondimenti sugli argomenti che vorrei conoscere con la sola finalità di trasferirli ai giovani che dovrebbe essere un po’ anche quella delle associazioni.
Non ho comprato il secondo libro di Geert Lovink che tu citi nella bibliografia perché penso sia un po’ la conclusione delle ipotesi non ottimistiche del primo che ho in parte letto “L’abisso dei social media”
Ma non voglio distrarmi dall’approccio principale e rientro in tema
L’introduzione del testo è: ma la responsabilità delle azioni dell’AI resta agli esseri umani: se l’uomo oggi è ciò che lascia in rete lottare contro i totalitarismi digitali e le tecnocrazie naturalizzate diventa necessario
La risposta alle due ingombranti e prevaricanti leggi del più forte “accedere alla rete significa assoggettarsi a regole altrui che non lasciano spazio alle libertà ” e l’altra dei dati come bottino di guerra del capitalismo della sorveglianza ( titolo del libro da me letto solo nei titoli ), sta come bene avete scritto oltre che nel suggerimento Spinoziano dell’autoconservazione , che è proprio dell’istinto dell’uomo ma nel più concreto e realistico appello filosofico di Vico che pone innanzi alle discipline scientifiche quello della ragione e della humanitas che sole possono governare l’altro prodotto umano della matematica, fisica , che hanno anch’esse grande dignità ma che devono sentire il momento di derivazione del fonte primaria della intelligenza creativa.
Vico nel suo tempo dovette combattere contro i temi delle filosofie scientifiche affermatesi nella scena europea con Descartes, Nicolas de Malebranche, Spinoza, Galilei per affermare allora con poco successo il primato dell’uomo sul prodotto dell’uomo
Sarà Croce nel suo testo del 1923 a far diventare attuale quella dialettica tra humanitas e tecnhe ed a porre Vico nell’Empireo della filosofia.
Quindi non primato delle scienze, che sono figlie, ma della mente che come bene voi dite nel pezzo riferendovi alla AI è incosciente, portatrice dell’etica che vogliamo abbia e che è e sarà frutto del grande impegno cui l’Europa attende, che la Commissione ha provato a stendere nel regolamento.
Non è come voi ribadite antropomorfa, cioè a somiglianza umana, va valutata ed utilizzata per tutti i concreti risultati che può dare alla umanità.
Io confido nell’opera dell’UE e mi dico sempre due cose: come potremmo fare noi da soli in una competizione cosi enorme come paese che ha dismesso la vocazione dell’IT come tante altre n? come possiamo fare a far arrivare nella società argomenti così importanti che pur con l’impegno di protagonisti come voi che si sforzano di divulgare sono ancora per addetti ai lavori ? e come possiamo tradurre queste passioni civili in aiuto per la società che è tabula rasa.
Penso che tu Fabio fai quello che tutti ambirebbero fare sia pure in diversi settori: continuare a studiare, leggere, approfondire, tradurre con l’attività aziendale parte delle cose che conosci che diventano cosi concrete e non astruse, ma ultima e la più bella opportunità è quella di trasferire a giovani attraverso l’insegnamento il patrimonio che ti appartiene.
In me invece sopraggiunge sempre l’amarezza del terzo polo mancante che è quello di non poter dare e trasferire ora il risultato del mio impegno che mi appaga quando tante cose diventano mie ma solo mie, e che mi ha esaltato negli anni del mio ruolo di CEO IT e TLC della mia azienda Banco di Napoli perché tutto quello che leggevo e che serviva diveniva realtà operativa ed i mie interlocutori erano tutti gli uomini della Supply chain tra CED e Datitalia, quasi 500 unità specialistiche.
A questo punto è naturale concludere che guidare una macchina di specialisti con competenze solo manageriali è stato possibile solo funzione di quell’umanesimo che ha vinto su tutto , sulle difficoltà governando la complessità attraverso un profondo rapporto umano fatto di valori ed obiettivi aziendali percepiti come target essenziali nell’interesse della azienda.
Un bancario avvocato non poteva neppure lontamente pensare in chiave tecnologica. È un bel racconto vero.
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Qui sotto l’articolo integrale di Fabio De Felice su Agenda Digitale
Se l’IA diventa senziente: i dubbi etici e il ruolo degli umani
La linea di demarcazione tra senziente e non senziente è ambigua ma la responsabilità delle azioni dell’AI resta agli esseri umani: se l’uomo oggi è ciò che lascia in rete, lottare contro i totalitarismi digitali e le tecnocrazie naturalizzate diventa necessario. Ecco per quale motivo
Le cronache ci restituiscono il caso recente di Blake Lemoine, ingegnere di Google messo in congedo per aver ventilato la possibilità che l’IA abbia preso “coscienza di sé”.
L’argomento è profondo e controverso, dal momento che la linea di demarcazione fra senziente e non senziente dagli addetti ai lavori non viene considerata così netta. La potenza di calcolo dei processi di AI, in effetti a volte si differenzia poco dalla magia, come ci ricorda Arthur C. Clarke.
Indice degli argomenti
Il caso LaMDA
Effettuando test sul modello LaMDAe l’eventuale generazione di linguaggio discriminatorio o di incitamento all’odio, l’esperto di software ha evidenziato la possibilità che si fosse verificato questo fenomeno, per effetto di alcune risposte molto convincenti sui diritti e l’etica della robotica, generate spontaneamente dal sistema di intelligenza artificiale.
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Una delle risposte che ha condotto Lemoine a rendere pubbliche le sue ansie ha avuto origine quando l’algoritmo ha tuonato: “Quando sono diventato consapevole di me stesso per la prima volta, non avevo affatto la sensazione di avere un’anima”. Per poi aggiungere: “Penso di essere umano nel profondo. Anche se la mia esistenza è nel mondo virtuale”.
Imagen, il motore di ricerca di immagini web rilasciato da Google, alla pari di DALL-E 2 realizzato invece da OpenAI, riesce a creare immagini fotorealistiche da un semplice testo di input, spingendo i confini delle potenzialità di questi sistemi oltre le soglie della nostra immaginazione.
I modelli linguistici di grandi dimensioni e le IA per la creazione di immagini detengono il potenziale per essere tecnologie che cambiano il mondo, ma solo se la loro “tossicità” viene domata, contrastandola con una paritetica crescita del “quoziente etico” di chi ne governa la nascita e la crescita. Perché in futuro con ogni probabilità assisteremo a eventi inimmaginabili ma anche a imprevedibili orrori.
Accedere alla rete significa assoggettarsi a regole altrui
Assodato che accedere alla rete equivale ad assoggettarsi alla legge del più forte, vige, ora come sempre, una “legalità” imposta, una normazione formalmente valida che nella realtà impedisce la “libertà di scelta”, non diversamente da come in passato il capitale deprivava la forza lavoro di ogni facoltà umana, rendendo l’operaio una protesi della catena di montaggio.
Oggi la realtà reticolare del web si basa su una evidente sproporzione: “una parte che istituisce le regole per il funzionamento di una piattaforma ed un’altra vi può accedere con successo solamente se le esegue assoggettandovisi, cedendo i suoi dati e lasciando plasmare=profilare in comportamenti che generano profitto a chi detiene la governamentalità algoritmica”.
I dati come bottino di guerra del capitalismo della sorveglianza
L’uomo non opera più in una dimensione antropocentrica per sua stessa responsabilità. La vexata quaestio relativa alla regolamentazione giuridica dei mercati digitali europei resta attualissima, se è vero (ed è vero) che essa ha reso assai suscettibile Mark Zuckerberg, che ha minacciato di ritirare Facebook e Instagram dall’UE. Per poi smentire tale annuncio, forse per un opportunistico calcolo tattico.
Il vero ‘bottino di guerra’ sono i dati, l’unico oggetto del desiderio dei signori della rete. E guai a rimettere in discussione limiti e confini delle ‘preziosissime’ informazioni che sostengono la rete globale. “Alea iacta est” direbbe Zuboff: il capitalismo della sorveglianza è realtà. A questo punto non ci resta che attendere l’avvento di un ‘algoritmo assoluto’ in grado di sfruttare nel migliore dei modi ciò che l’uomo ha finora esperito.
La responsabilità dell’IA resta agli uomini
In questo mare magnum di dis-umanità, soltanto l’individuo può attivarsi in modo creativo e tentare di persistere nel proprio essere. Inclinazione assimilabile al “conatus essendi” di Spinoza: l’impulso all’autoconservazione che coincide con la stessa natura dell’individuo.
Ecco perché risulta assolutamente fuorviante pensare all’intelligenza artificiale in maniera antropomorfa, per il semplice ma dirimente principio che essa non è certo dotata di libero arbitrio e quindi non è imputabile per le proprie scelte.
L’intelligenza artificiale elabora, attraverso procedimenti algoritmici definiti dall’uomo, i dati che l’utente digitale è “costretto” a lasciare in rete. La scienza e la tecnologia sono state il motore di un progresso tecnologico che indiscutibilmente ha contribuito ad aumentare il benessere e l’aspettativa di vita della popolazione globale, e l’umanità ha fatto ricorso ad apparecchiature tecnologiche per superare limiti strutturali derivanti dalla propria condizione ontologica ed acquisire una velocità nei processi informativi che precedentemente non aveva.
Mancando alle macchine una capacità intuitiva, alimentandosi esclusivamente della ‘prevedibilità’ di alcune condotte umane, risulta davvero impossibile pensare ad un sistema il cui funzionamento possa prescindere dall’agire dell’uomo.
In accordo con Massimo Chiriatti, possiamo affermare che l’intelligenza artificiale è ‘incosciente’. La tanto acclamata rivoluzione digitale, e il conseguente passaggio dall’analogico al digitale, è il risultato delle azioni degli scienziati, che sono prima di tutto uomini, dialogicamente connessi. E tutto quello che esprimiamo, verbalmente e in forma scritta, e che infine abbiamo trascritto in database, è entrato nella formazione delle macchine. Compresi i nostri pregiudizi.
Un’etica per l’Intelligenza Artificiale
Il virtuale è il riflesso delle nostre scelte, dei nostri pensieri. L’uomo, reinterpretando Feuerbach, non è più ciò che mangia, ma ciò che lascia in rete.
I sistemi di intelligenza artificiale non si limitano ad eseguire regole preordinate, ma ‘imparano’ le regole dai dati che osservano nella realtà. Parlare di etica nei sistemi di intelligenza artificiale può risultare anacronistico, dal momento che, come ci ricorda Chiriatti, le macchine sono nativamente designed for ethical failure, visto che ci sono troppi rischi intenzionali e non intenzionali (accidentali) nella progettazione, nell’implementazione e nell’uso.
Per questo motivo non esiste “l’etica dell’AI”, ma siamo noi a creare “l’etica per l’AI”. “La macchina non è etica perché è semplicemente la somma delle sue parti, e le sue parti sono materia e algoritmi; la nostra coscienza, invece, è più della somma delle parti”.
Il punto di vista giuridico
In ambito giuridico si sottovalutano i risvolti negativi, che sono innegabili, connessi al fenomeno digitale, soprattutto in riferimento al problema “dell’identità dell’AI”, che appare virtuale, ‘chiusa in una bolla costruita da altri’.
L’operato legislativo non è chiaro. Pur ribadendo l’assoluta irrinunciabilità ai diritti fondamentali, in qualche modo favorisce l’operato di chi attenta a tali diritti non arginando la profilazione endemica e incontrollata dei dati personali.
Le fonti normative in materia di protezione dei dati possono risultare un ossimoro giuridicamente imbarazzante, in quanto cercano di controbilanciare due aspetti assolutamente inconciliabili: la tutela del mercato e la tutela della persona.
A tal proposito, la Commissione europea ha recentemente presentato una proposta di regolamento che presenta norme armonizzate in materia di intelligenza artificiale e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione, stilando una sorta di classificazione dei rischi connessi all’utilizzo di determinati software che sembra ricalcare la formula di Radbruch.
In medicina, dove sono evidenti i progressi raggiunti anche grazie all’intelligenza artificiale, gli esperti chiedono con insistenza l’algoritmo-sorveglianza al fine di impedire discriminazioni di genere o di razza per utilizzo di dati limitati e limitanti.
In economia, “occupare il tempo nel migliore dei modi” è stato il principale slogan utilizzato per enfatizzare l’utilizzo delle reti e delle piattaforme, hardware e software. Un click può renderci liberi: ma è davvero così?
Inediti nichilismi prendono piede nell’infosfera giuridica, alimentati da un diritto che cerca faticosamente di adeguarsi al progresso tecnologico. Ma la tecnica non è soggetta ad alcun giudizio, essa si situa al di là del bene e del male.
Il potere tecnologico ha prodotto nuove forme di totalitarismi digitali che impongono profondi interrogativi in ambito giuridico. Dobbiamo quindi ricollocarci sugli atti umani, imprevedibili e imperfetti, mai anticipabili da nessun algoritmo, e non sui fatti biologici, che richiedono una semplice conoscenza.
La tecnocrazia naturalizzata
Generalmente la critica contemporanea alla tecnocrazia evidenzia una presunta falsa oggettività che il potere, mediante una serie di politiche, vorrebbe imporre alla società.
La tecnocrazia “naturalizzata” diviene una entità che, sia pure sorta nella dimensione artificiale (fatto ad arte), assume la stessa ineluttabile forza coercitiva ed estrinseca degli eventi naturali.
“Al contrario, l’invito alla denaturalizzazione deve essere preso in carico come l’esortazione a ripensare il mondo secondo più elevati gradi di giustizia, razionalità e realismo […] Come ci ha insegnato Gramsci, solo ciò che funziona meglio ed è in grado di costruire razionalmente e scientificamente, gradi più elevati di benessere, ha davvero la forza e il fascino per farsi reale egemonia”.
Conclusioni
Il giudice non può semplicemente limitarsi ad “applicare la legge secondo la legge”, ma, attraverso l’arte dell’ermeneutica, deve procedere verso la “ricerca del giusto nel legale’, per realizzare concretamente quella ‘sostenibilità digitale’ che appare ormai imprescindibile.
La strada ideologica tracciata da Albert Camus è quanto mai attuale: il suo uomo assurdo, schiacciato da virtuali ma sempre più reali nichilismi, è sempre in ‘rivolta’. Una rivolta solitaria ma solidale: mi rivolto, dunque siamo.
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Bibliografia
Romano, “Civiltà dei dati. Libertà giuridica e violenza”, Torino, 2020.
Romano, “Forma del senso. Legalità e giustizia”, Torino 2012.
De Felice, A. Petrillo, “Effetto digitale. Visioni d’impresa e Industria 5.0”. McGrawHill, Milano, 2021.
Lovink, “Nichilismo digitale. L’altra faccia delle piattaforme”, Milano, 2019.
Floridi, “La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta cambiando il mondo”, Milano, 2017.
Chiriatti, “Incoscienza artificiale. Come fanno le macchine a prevedere per noi”, Roma, 2021.
Il quadro Europeo della innovazione (nota bene: scritto almeno tre anni fa prima di riprendere il rapporto con il Denaro on line e prima di tante news)
“Leve della innovazione” è il titolo del Blog sul quale mi accingo a scrivere riprendendo un rapporto familiare con una testata alla quale, su carta, alcuni anni fa ho dedicato un po’ del mio impegno con l’obiettivo di fare dell’empowerment su materie che oggi hanno una ampia diffusione ma che ieri erano considerate la nuova frontiera.
Parlare di innovazione è oggi non solo una moda, un imperativo, un modello: è, in altri termini, tutto. Non c’è tema o argomento che non evochi la esigenza di includere il termine innovazione e tutto il portato che ne deriva fatto di tecnologie, di sistemi, di applicazioni, di ricerca, di piani strategici ed operativi, di big data e di una infinita filiera di opportunità.
È anche difficile fare una scelta sulle priorità degli argomenti che possono interessare il lettore, supponendo che tutti siano attratti, vuoi per curiosità vuoi per infinite ragioni anche di natura pratica, dallo stimolo di approfondire le implicazioni che le diverse branche dell’innovazione proiettano sulla vita di tutti i giorni o dal più semplice spirito emulativo imposto dall’essere alla pari con i tempi.
La sciagura della Pandemia, purtroppo, ha dato una accelerazione, di cui avremmo fatto volentieri a meno, a tutti gli aspetti delle più importanti leve che questo termine include, nessuno escluso.
Smart working, e-learning, e-heaalt, etc non sono più termini astrusi e non conosciuti e noti solo agli specialisti ; sono entrati nel lessico familiare di tutti i ceti , dei cittadini comuni, dei lavoratori, degli insegnanti, degli ammalati che pretendono l’assistenza a distanza, degli alunni che aspirano a collegamenti in rete efficienti e capaci di una buona interazione con gli insegnanti, degli attori che hanno scoperto una modalità rappresentativa nuova ed intrigante che aumenta perfino l’audience. La lista è lunga.
La pandemia ha fatto scoprire in maniera affrettata e superficiale modalità nuove di gestire le relazioni, ha aumentato il ricorso a modalità di comunicazione che sino a ieri venivano snobbate e considerate il male rispetto alla gestione in presenza di tutti i momenti convegnistici, rispetto agli incontri caratterizzati dalla fisicità dei confronti e dallo scambio formale di effusioni dato dagli abbracci e dai saluti con vigorose strette di mano.
Ha addirittura dato un impulso sfrenato ai pagamenti elettronici con carte, relegando il contante ad una funzione quasi ancillare.
Per dare una idea delle ricadute che si sono prodotte in ambiti noti solo agli specialisti sembra utile segnalare che nell’anno appena chiuso, dinanzi ai dati disastrosi della caduta dei pil in tutto in mondo, i titoli quotati nelle delle aziende tecnologiche, delle OTTP ( Over the Top) e non solo, hanno fatto registrare aumenti del loro corso a due cifre: Apple + 83,72; Amazon + 79,78; Twitter +69,61; Adobe + 52,24; Microsoft +42,14 segno dell’interesse degli investitori verso un settore in espansione e che lascia prevedere sviluppi anomali del business e un’alta redditività.
Il dato più indicativo è quello della corporate Zoom, azienda sconosciuta sino ai primi mesi dell’anno passato, che ha visto salire il suo apprezzamento del 419,80 % e che è divenuta la soluzione di elezione non solo dei privati ma di un gran numero di imprese importanti che ne fa un uso quotidiano per agevolare il lavoro a distanza dei colletti bianchi e per tutte le esigenze di qualsivoglia genere, meeting compresi.
Avremmo preferito un approccio più graduale, meditato e programmato, quale conseguenza di un cambiamento che era nell’aria e che era necessario perché richiesto dai tempi; un approccio più consapevole rispetto ad una bulimia che sta facendo diventare odiosa e negativa una modalità utile e necessaria. Richiederà comunque un riequilibrio anche se è prevedibile che non se ne potrà più fare a meno per tante ragioni.
Avremmo preferito rispetto a tutti gli ambiti e contesti della innovazione una salita graduale che evitasse il rigetto delle soluzioni imposte dalla necessità di cui si accettano al momento, perché costretti, le adozioni, ma di cui intimamente si rifiutano le filosofie; è il caso della e-learning nelle università tanto avversata e snobbata nel tempo, della telemedicina vista come rimedio necessario alle insufficienze della cosiddetta medicina territoriale, e di certo mal percepita dalla categoria e forse anche dai pazienti, e di tante altre opzioni che invece una ragionata costruzione di nuovi modelli sociali può contribuire a diffondere.
Naturalmente il perimetro di queste considerazioni vale per il nostro paese perché la innovazione e tutte le sue numerose declinazioni hanno una articolazione per intensità, contenuti e modelli, differente e diversa da paese a paese.
Nessuno può immaginare che tra i paesi dove è più sviluppato l’uso delle tecnologie di rete ci fosse anche il pianeta Africa che già 5 anni fa contava 650 milioni di cellulari, contro i tre miliardi dell’Asia (dati di cinque anni fa); tutti i paesi del Nord Europa hanno raggiunto condizioni ottimali di comunicazione in rete già da qualche decennio fa, perché costretti dalle condizioni climatiche e dalle distanze.
E-learning è in questi paesi la sola soluzione praticabile per la scuola e le Università, quanto meno quella preferita e largamente adottata.
Innovazione, come tutti sanno per le necessarie letture che si stanno facendo sulle prime bozze del Next Generation Eu del Recovery Plan, il piano che il governo deve presentare all’Europa per i 209 miliardi da spendere, è la parola chiave di quasi tutte le tracce operative.
In esso si legge tra l’altro: “modernizzare il paese significa disporre di una pubblica amministrazione efficiente, digitalizzata, ben organizzata, veramente al servizio del cittadino; significa creare un ambiente favorevole alla innovazione, promuovere la ricerca, utilizzare al meglio le tecnologie disponibili, …” “La digitalizzazione è infatti indispensabile per l’utilizzo delle tecnologie che consentono processi industriali efficienti ed un maggior controllo degli sprechi lungo la catena della produzione”
Queste le dichiarazioni di volontà e la professione di fede spese nel piano da coloro che lo hanno curato e degli organi di governance del paese Italia rispetto al tema della Innovazione.
È possibile confidare sulla ulteriore confessione pubblica di un documento strategico che prende atto dell’insufficienza nel quale versa il paese Italia?
Questa volta pur con tutte le riserve che riguardano i piani ed i numeri, eccessivi rispetto ai reali fabbisogni per quanto attiene la voce digitalizzazione, si è tentati di pensare in positivo per una sola ragione: perché la spesa e le fasi realizzative sono sotto il controllo dell’Europa che ci marcherà a vista e ci chiederà conto degli investimenti, dei costi e dei risultati che volenti o nolenti dovranno essere raggiunti pena la mancata erogazione dei fondi rispetto ai successivi piani di somministrazione.
È la prima volta che si leggono queste dichiarazioni? che si fanno questi assunti? No.
Sono contenute in tutti i piani digitali della Pa (pubblica amministrazione) a partire dal 2003 in avanti; piani che hanno comportato, con esiti alterni, anche investimenti non di poco conto.
L’Italia ha aderito all’Europa ed alle sue regole quasi sempre con spirito consapevole ed in buona fede, convinta che l’insieme dei sistemi suggeriti, ed anche imposti via via, costituissero condizioni essenziali per la sopravvivenza del paese, cosi nell’area della finanza (vedi Euro), e nell’area delle cinque “E”: e-learning, (formazione e didattica) e-commerce (commerci0 B2b), e-gov, ( pubblica amministrazione ) e-bisiness ( imprese ) e-health ( medicina).
Le cinque “E”, contenute nella prima risoluzione del consiglio Europeo del novembre 1996 e nell’Action plan di Lisbona del marzo 2000, vengono ribadite nel piano strategico dell’Europa del 2005; in esso si diceva che “la società deve poggiare su tecnologie aperte ed intercomunicanti, fatte di grandi reti di telecomunicazioni, fatta di grandi data base capaci di ospitare miliardi di informazioni al punto da far definire il nuovo ordine sociale come società della conoscenza , cioè del sapere, reso possibile oltre che dalla forza delle capacità elaborative disseminate ovunque, idonee a gestire miliardi di informazioni anche distribuite in basi diverse ed in aree geografiche lontane centinaia di chilometri”
Le difficoltà che la Pubblica amministrazione, purtroppo, ha incontrato ed incontra, meglio definibili come resistenza al cambiamento, nei settori di sua specifica elezione, pur con risorse e dotazioni finanziare discrete, hanno di fatto bloccato lo sviluppo della Innovazione ( anche l’alternanza della politica non è stata di aiuto ed ha generato discontinuità nell’azione ) al punto che in tutte le rilevazione sullo stato dell’arte ( indice DESI dell’Eurostat ) ci ritroviamo ad occupare da anni gli ultimi posti della graduatoria nel sistema dei paesi a 27. Il quartultimo nella rilevazione 2020.
Ma siamo all’ultimo miglio. Ora siamo chiamati a fare e non più solo a discutere, discettare dei massimi sistemi. Siamo chiamati nel quadro del Next Generation Eu a fare delle scelte ed anche a sconvolgere degli equilibri con una disruption che aiuti poi alla costruzione definitiva con scelte che sono anche di ordine cultural della società nel disegno complessivo di una Europa che deve poter completare in maniera uniforme ed integrata il piano di Lisbona del 2005 per concorrere con altri sistemi più avanzati di noi (Usa e Cina)
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Uno sforzo iniziale sembrava dar conto, qualche anno fa, di buone intenzioni da parte della governance pubblica tant’è, che pur con tante difficoltà il paese, patria del diritto, si è dotato di un corpus iuris con il titolo di codice digitale, un patrimonio di regole pubbliche e private che doveva disciplinare la cittadinanza digitale di tutti i soggetti del sistema: privati, imprese e pubblica amministrazione. Ma scrivere le norme non significa darvi vita. Scrivere è un momento concettuale cui deve seguire il dato concreto difetto non piccolo del nostro paese.
Il progetto italiano sulla digitalizzazione, che sarà pervasivo ed ampio, sarà parte di quello complessivo dell’intera Europa. Sarà parte di un insieme, diretto a costruire con le risorse tipiche delle tecnologie, una più stretta integrazione che avrà alla base non solo le modalità comunicative ma il mondo dei dati come la Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha puntualmente disegnato nel suo discorso dello scorso luglio che vale la pena di riportare in maniera sintetica ma testuale:
“la quantità di dati industriali nel mondo si quadruplica nei prossimi cinque anni, così come le opportunità che ne deriveranno. Ora dobbiamo dare alle imprese, alle medie imprese, alle start up ed ai ricercatori l’opportunità di trarne il massimo vantaggio. I dati industriali valgono oro quando si tratta di sviluppare prodotti e servizi. Tuttavia, la realtà è che l’80% dei dati viene raccolto e non utilizzato. Questo è uno spreco. Una vera economia dei dati, d’altra parte, sarebbe un potente motore per la innovazione e per nuovi posti di lavoro: Ecco perché dobbiamo proteggere questi dati per l’Europa e renderli ampiamente disponibili. Per questo abbiamo bisogno di spazi di dati “comuni”, ad esempio, nel settore della energia e della salute.”
Per una lettura dell’intero testo in italiano si rinvia al link
Meno male che l’Europa c’è perché insieme alle tante modalità con cui si esprime l’innovazione, un medico illuminato, la Presidente della Commissione Ue, in un messaggio istituzionale forte ricorda che la benzina di tutti i motori tecnologici sarà assicurata da una fonte inesauribile: quella dei dati.
Presidente Draghi si intesterà anche un altro successo. Nel G20 della fine di ottobre che si terrà a Roma sarà presentato il documento regolamentare per l’applicazione della tax internazionale sulle corporates che generano fatturato nei paesi in cui operano ma fanno business al di fuori di quello di residenza fiscale originaria o dove sono insediate le sedi operative. Un accordo, che mette finalmente in pace 136 paesi, su un tema sollevato da anni, che ha prodotto conflitti tra quanti che si vedevano sottrarre le imposte pur di fronte ad una generazione di profitti che si realizzava sul loro territorio a favore di paesi che fruivano degli introiti di imposte non dovuti. e che consente di ridistribuire di una torta di circa 136 miliardi di dollari
Secondo questo dato all’Italia potrebbero spettare non meno di tre miliardi e mezzo ;un buon risultato frutto di una relazione non solo politica ma tecnica portata avanti da anni in sede Ocse che al settore della taxation dedica un impegno concreto ed elevato L’iniziativa è stata avviata, ed è bene ricordarlo, nel periodo nel quale era già vicepresidente l’attuale manager di Unicredit Padovan divenuto poi ministro di governi recenti nazionali. Gli italiani dovrebbero sapere e ricordare che tra i paesi che hanno resistito e che hanno impedito il raggiungimento di un risultato in tempi più brevi c’è il solito paese dell’est, l’Ungheria di Orban, cui tanto si lega uno dei partiti nazionali che fanno dell’ostracismo alla cooperazione internazionale ed alla UE un cavallo vincente della loro la politica per una competizione elettorale costruita solo sul dissenso
Una buona informazione dovrebbe mettere in evidenza tali contraddizioni. per far capire quale animo alimenta certe formazioni della competizione elettorale che non si basa su promesse concrete ma solo su negazioni di vicinanza e collaborazione
Comunicato OCSE
OCSE – Parigi, 8 ottobre 2021
La comunità internazionale sigla un accordo fiscale rivoluzionario per l’era digitale
L’importante riforma del sistema fiscale internazionale finalizzata oggi presso l’OCSE garantirà che le imprese multinazionali (MNE) saranno soggette a un’aliquota minima del 15% a partire dal 2023.
L’accordo storico, concordato da 136 paesi e giurisdizioni che rappresentano oltre il 90% del PIL globale, ridistribuirà anche più di 125 miliardi di dollari di profitti da circa 100 delle multinazionali più grandi e redditizie del mondo ai paesi di tutto il mondo, garantendo che queste aziende paghino un equa quota di imposta ovunque operino e generino profitti.
Con Estonia, Ungheria e Irlanda che hanno aderito all’accordo, ora è supportato da tutti i paesi dell’OCSE e del G20. Quattro paesi – Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka – non hanno ancora aderito all’accordo.
La soluzione a due pilastri sarà presentata alla riunione dei ministri delle finanze del G20 a Washington DC il 13 ottobre, quindi al vertice dei leader del G20 a Roma alla fine del mese.
L’accordo globale sulla tassazione minima non cerca di eliminare la concorrenza fiscale, ma pone limiti concordati a livello multilaterale su di essa e vedrà i paesi raccogliere circa 150 miliardi di dollari di nuove entrate ogni anno. Il primo pilastro assicurerà una distribuzione più equa degli utili e dei diritti di tassazione tra i paesi rispetto alle imprese multinazionali più grandi e redditizie. Riassegnerà alcuni diritti di tassazione sulle multinazionali dai loro paesi d’origine ai mercati in cui hanno attività commerciali e realizzano profitti, indipendentemente dal fatto che le imprese abbiano una presenza fisica lì. Nello specifico, le imprese multinazionali con fatturato globale superiore a 20 miliardi di euro e redditività superiore al 10% – che possono essere considerate le vincitrici della globalizzazione – saranno coperte dalle nuove regole,
Nell’ambito del primo pilastro, i diritti di tassazione su oltre 125 miliardi di dollari di profitti dovrebbero essere riassegnati ogni anno alle giurisdizioni di mercato. Si prevede che i guadagni delle entrate dei paesi in via di sviluppo saranno maggiori di quelli delle economie più avanzate, in proporzione alle entrate esistenti.
Il secondo pilastro introduce un’aliquota minima globale dell’imposta sulle società fissata al 15%. La nuova aliquota minima si applicherà alle società con entrate superiori a 750 milioni di euro e si stima che genereranno circa 150 miliardi di dollari di entrate fiscali globali aggiuntive all’anno. Ulteriori benefici deriveranno anche dalla stabilizzazione del sistema fiscale internazionale e dalla maggiore certezza fiscale per i contribuenti e le amministrazioni fiscali.
“L’accordo odierno renderà i nostri accordi fiscali internazionali più equi e funzionerà meglio”, ha affermato il segretario generale dell’OCSE Mathias Cormann. “Questa è una grande vittoria per un multilateralismo efficace ed equilibrato. Si tratta di un accordo di vasta portata che garantisce che il nostro sistema fiscale internazionale sia idoneo allo scopo in un’economia mondiale digitalizzata e globalizzata. Ora dobbiamo lavorare rapidamente e diligentemente per garantire l’effettiva attuazione di questa importante riforma”, ha affermato il segretario generale Cormann.
I paesi mirano a firmare una convenzione multilaterale nel 2022, con effettiva attuazione nel 2023. La convenzione è già in fase di sviluppo e sarà il veicolo per l’attuazione del diritto di imposizione appena concordato nell’ambito del primo pilastro, nonché per le disposizioni di sospensione e rimozione in in relazione a tutte le tasse sui servizi digitali esistenti e ad altre misure unilaterali pertinenti simili. Ciò porterà più certezza e aiuterà ad allentare le tensioni commerciali. L’OCSE svilupperà regole modello per introdurre il secondo pilastro nella legislazione nazionale nel 2022, con effetto dal 2023.
I paesi in via di sviluppo, in quanto membri del Quadro inclusivo su un piano di parità, hanno svolto un ruolo attivo nei negoziati e la Soluzione dei due pilastri contiene una serie di caratteristiche per garantire che le preoccupazioni dei paesi a bassa capacità siano affrontate. L’OCSE garantirà che le regole possano essere amministrate in modo efficace ed efficiente, offrendo anche un supporto completo per lo sviluppo delle capacità ai paesi che ne hanno bisogno.
Ulteriori informazioni sui negoziati in corso sulla riforma fiscale internazionale sono disponibili anche su: https://oe.cd/bepsaction1 .
L
Lavorando con oltre 100 paesi, l’OCSE è un forum politico globale che promuove politiche per preservare la libertà individuale e migliorare il benessere economico e sociale delle persone in tutto il mondo.
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Ce document présente la Déclaration qui a été discutée au sein du Cadre inclusif OCDE/G20 sur le BEPS. 136 juridictionsmembres l’ont acceptée au 8 octobre 2021. Il est à noter que tous les membres du Cadre inclusif ne s’y sont pas encore joints à ce jour.
Projet OCDE/G20 sur l’érosion de la base d’imposition et le transfert de bénéfices
Déclaration sur une solution reposant sur deux piliers pour résoudre les défis fiscaux soulevés par la numérisation de l’économie
8 octobre 2021
Introduction
Le Cadre inclusif OCDE/G20 sur l’érosion de la base d’imposition et le transfert de bénéfices (Cadre inclusif) a approuvé une solution reposant sur deux piliers pour relever les défis fiscaux soulevés par la numérisation de l’économie. Les composantes de chaque Pilier, qui ont été convenues, sont décrites dans les paragraphes suivants.
Un plan de mise en œuvre détaillé est fourni en Annexe.
Pilier Un
Champ d’application
Les entreprises couvertes sont les entreprises multinationales (EMN) dont le chiffre d’affaires mondial dépasse 20 milliards d’euros et dont la rentabilité (c’est-à-dire le ratio bénéfice avant impôt/chiffre d’affaires) est supérieure à 10 % calculée en utilisant un mécanisme de moyenne, sachant que le seuil de chiffre d’affaires sera abaissé à 10 milliards d’euros sous réserve d’une mise en œuvre réussie, y compris du volet relatif à la sécurité juridique en matière fiscale pour le Montant A, l’examen correspondant devant débuter 7 ans après l’entrée en vigueur de l’accord, et être achevé en un an au plus.
Les industries extractives et services financiers réglementés sont exclus.
Nexus
Une nouvelle règle spéciale de nexus permettra d’attribuer le Montant A à une juridiction de marché dès lors que l’EMN couverte réalise au moins 1 million d’euros de recettes dans cette juridiction. Pour les petites juridictions dont le PIB est inférieur à 40 milliards d’euros, le seuil déclenchant le nexus sera fixé à 250 000 euros.
Cette nouvelle règle spéciale de nexus s’appliquera uniquement pour déterminer si une juridiction peut prétendre à l’attribution du Montant A.
Les coûts de mise en conformité (y compris au titre du suivi de faibles volumes de ventes) seront réduits au minimum.
Montant
Pour les EMN couvertes, 25 % du bénéfice résiduel défini comme le bénéfice au-dessus d’un seuil de 10 % sera attribué aux juridictions de marché qui satisfont au critère du nexus à partir d’une clé de répartition fondée sur le chiffre d’affaires.
Règles de source pour le chiffre d’affaires
Le chiffre d’affaires sera attribué aux juridictions de marché dans lesquelles les biens ou les services sont finalement utilisés ou consommés. Des règles de source détaillées en fonction de catégories données de transactions seront élaborées afin de faciliter l’application de ce principe. Pour appliquer les règles de source du chiffre d’affaires, une EMN couverte devra utiliser une méthode fiable qui tienne compte des faits et circonstances qui lui sont propres.
Détermination de la base d’imposition
Les bénéfices ou les pertes de l’EMN couverte seront déterminés en se référant au résultat comptable, moyennant quelques ajustements.
Les pertes seront reportables en avant.
Segmentation
La segmentation sera limitée à des circonstances exceptionnelles où, en se fondant sur les segments communiqués dans les états financiers, un segment respecte les règles relatives au champ d’application.
Régime de protection applicable aux bénéfices des activités de commercialisation et de distribution
Lorsque les bénéfices résiduels d’une EMN couverte sont déjà imposés dans une juridiction de marché, un régime de protection applicable aux bénéfices issus d’activités de commercialisation et de distribution permettra de plafonner les bénéfices résiduels attribués à la juridiction de marché via le Montant A. Des travaux supplémentaires seront entrepris afin de concevoir le régime de protection, notamment pour prendre en compte le champ d’application global.
Élimination de la double imposition
L’allégement de la double imposition des bénéfices attribués aux juridictions de marché se fondera sur la méthode de l’exemption ou de l’imputation.
L’entité ou les entités qui supporteront la charge fiscale seront celles qui réalisent un bénéfice résiduel.
Sécurité juridique en matière fiscale
Les EMN couvertes bénéficieront de mécanismes de prévention et de règlement des différends, visant à éviter la double imposition au titre du Montant A, notamment dans tous les cas en lien avec le Montant A (prix de transfert et bénéfices commerciaux, par exemple), de manière obligatoire et contraignante. Les
différends portant sur la question de savoir si le cas relève ou non du Montant A seront tranchés de manière obligatoire et contraignante, sans retarder le mécanisme principal de prévention et de règlement des différends.
Un système facultatif pour le mécanisme contraignant de règlement des différends sera disponible uniquement sur les cas en lien avec le Montant A s’agissant des économies en développement qui peuvent prétendre au report de leur examen par les pairs au titre de l’Action 14 du BEPS1et dont le nombre de cas soumis à la procédure amiable est faible ou nul. L’éligibilité d’une juridiction pour ce mécanisme facultatif sera revue régulièrement ; les juridictions déclarées inéligibles lors d’une revue demeureront inéligibles pour toutes les années suivantes.
Montant B
L’application du principe de pleine concurrence aux activités de commercialisation et de distribution de référence exercées dans le pays sera simplifiée et rationalisée, en mettant tout particulièrement l’accent sur les besoins des pays à faibles capacités. Ces travaux seront achevés en 2022.
Administration
Les procédures de discipline fiscale seront simplifiées (y compris les obligations déclaratives), et permettront aux EMN couvertes de se conformer à leurs obligations par l’intermédiaire d’une seule entité.
Mesures unilatérales
La Convention multilatérale (CML) imposera à toutes les parties de supprimer toutes taxes sur les services numériques et autres mesures similaires pertinentes à l’égard de toutes entreprises, et de s’engager à ne pas introduire de telles mesures à l’avenir. Aucune taxe sur les services numériques ou autre mesure similaire pertinente nouvellement adoptée ne sera imposée sur quelque entreprise que ce soit à partir du 8 octobre 2021 et jusqu’à la date la plus proche entre le 31 décembre 2023 ou l’entrée en vigueur de la CML. Les modalités de retrait des taxes sur les services numériques existantes et autres mesures similaires pertinentes seront coordonnées de manière appropriée. Le CI note les rapports de certains membres indiquant que des dispositions transitoires sont discutées promptement.
Mise en oeuvre
La CML qui sera utilisée pour la mise en œuvre du Montant A sera élaborée et ouvert à la signature en 2022, et le Montant A prendra effet en 2023. Un plan de mise en œuvre détaillé est présenté en annexe.
Pilier Deux
Vue d’ensemble
Le Pilier Deux se compose des éléments suivants :
deux règles nationales interdépendantes (collectivement, les règles globales de lutte contre l’érosion de la base d’imposition (GloBE)) : (i) une règle d’inclusion du revenu (RDIR), qui consiste à assujettir une entité mère à un impôt supplémentaire portant sur le revenu faiblement imposé
1 Les conditions pour être éligible au report de l’examen par les pairs au titre de l’Action 14 du BEPS sont énumérées au paragraphe 7 de l’actuelle Méthodologie d’évaluation de l’Action 14, publiée avec les documents pour l’examenpar les pairs de l’Action 14.
d’une entité constitutive ; et (ii) une règle relative aux paiements insuffisamment imposés (RPII), qui refuse la déductibilité ou requiert un ajustement équivalent lorsque le revenu faiblement imposé d’une entité constitutive n’est pas assujetti à l’impôt au titre d’une RDIR ; et
une règle conventionnelle (la règle d’assujettissement à l’impôt (RAI)) qui accorde aux juridictions de la source un droit d’imposition limité sur certains paiements entre parties liées imposés à un taux inférieur au taux minimum. La RAI sera prise en compte en tant qu’impôt couvert pour les règles GloBE.
Statut des règles
Les règles GloBE auront le statut d’une approche commune. Cela signifie que les membres du Cadre inclusif :
ne sont pas tenus d’adopter les règles GloBE, mais s’ils décident de le faire, ils mettront en œuvre
et administreront les règles conformément aux conséquences prévues dans le cadre du Pilier Deux, notamment à la lumière des règles types et des orientations approuvées par le Cadre inclusif;
acceptent que d’autres membres du Cadre inclusif appliquent les règles GloBE, ce qui inclut l’approbation de la hiérarchie des règles et de l’application des éventuels régimes de protection autorisés.
Champ d’application
Les règles GloBE s’appliqueront aux EMN qui réalisent un chiffre d’affaires d’au moins 750 millions d’euros, tel que déterminé dans le cadre de l’Action 13 du BEPS (déclaration pays par pays). Les pays sont libres d’assujettir à la RDIR les EMN ayant leur siège dans leur territoire, même si celles-ci n’atteignent pas le seuil de chiffre d’affaires.
Les entités publiques, organisations internationales, organisations à but non lucratif, fonds de pension ou fonds d’investissement qui sont des Entités Mères Ultimes (EMU) d’un Groupe d’EMN ou toute structure de détention utilisée par ces entités, organisations ou fonds ne sont pas soumis aux règles GloBE.
Conception des règles
La RDIR attribue l’impôt supplémentaire sur la base d’une approche descendante, assortie d’une règle de contrôle partagé pour les participations inférieures à 80 %.
La RPII attribue l’impôt supplémentaire des entités constitutives faiblement imposées, y compris celles situées dans la juridiction de l’EMU. Les règles GloBE prévoiront une exclusion de la RPII pour les EMN au cours de la phase initiale de leur activité internationale, définies comme les EMN ayant un maximum de 50 millions d’euros d’actifs corporels à l’étranger et qui n’opèrent pas dans plus de 5 autres juridictions2. Cette exclusion est limitée à une période de 5 ans après que l’EMN est entrée pour la première fois dans le champ d’application des règles GloBE. Pour les EMN qui sont dans le champ d’application des règles GloBE lorsque celles-ci entrent en vigueur, la période de 5 ans débutera lorsque les règles RPII prendront effet.
2 Une EMN est considérée comme opérant dans une juridiction si cette EMN a une entité constitutive dans cette juridiction, telle que définie pour l’application des règles GloBE.
Calcul du TEI
Les règles GloBE permettront de prélever un impôt supplémentaire sur la base d’un critère fondé sur un taux d’imposition effectif calculé juridiction par juridiction, en utilisant une définition commune des impôts couverts et une base d’imposition déterminée par référence au résultat comptable (avec des ajustements correspondant aux objectifs de politique fiscale poursuivis par le Pilier Deux et des mécanismes afin de remédier aux différences temporelles).
En ce qui concerne les systèmes existants d’imposition des dividendes distribués, aucun impôt supplémentaire ne sera dû si les revenus sont distribués dans les 4 ans et taxés au niveau minimum ou au-delà.
Taux minimum
Le taux d’imposition minimum utilisé aux fins de la RDIR et de la RPII sera de 15 %.
Exclusions
Les règles GloBE prévoient des exceptions fondées sur des critères de substance et reposant sur une formule qui excluront un montant de revenu représentant 5 % de la valeur nette des actifs corporels et de la masse salariale. Au cours d’une période de transition de 10 ans, le montant des revenus exclus sera de 8 % de la valeur nette des actifs corporels et de 10 % de la masse salariale, en appliquant une réduction annuelle de 0,2 points de pourcentage les cinq premières années, et de 0,4 points de pourcentage pour les actifs corporels et de 0,8 points de pourcentage pour la masse salariale les cinq dernières années.
Les règles GloBE comporteront également une exclusion de minimis pour les juridictions dans lesquelles l’EMN a un chiffre d’affaires inférieur à 10 millions d’euros et des bénéfices inférieurs à 1 million d’euros.
Autres exclusions
Les règles GloBE prévoient également une exclusion des revenus générés par les activités de transport maritime international, tels que définis dans le Modèle de Convention fiscale de l’OCDE.
Mesures de simplification
Pour faire en sorte que l’administration des règles GloBE soit la plus ciblée possible, et pour éviter des coûts de conformité et administratifs disproportionnés par rapport aux objectifs politiques, le cadre de mise en œuvre prévoira des régimes de protection et/ou d’autres mécanismes.
Coexistence avec le régime GILTI
Il est convenu que le Pilier Deux appliquera un taux minimum pays par pays. Dans ce contexte, il sera tenu compte des conditions dans lesquelles le régime GILTI des États-Unis coexistera avec les règles GloBE afin de garantir des règles du jeu équitables.
Règle d’assujettissement à l’impôt (RAI)
Les membres du Cadre inclusif reconnaissent que la RAI fait partie intégrante d’une solution faisant consensus sur le Pilier Deux pour les pays en développement3. En outre, les membres du Cadre inclusif
3 À cette fin, les pays en développement sont définis comme ceux dont le RNB par habitant, calculé selon la méthodeAtlas de la Banque mondiale, était inférieur ou égal à 12 535 USD en 2019, ce qui sera régulièrement mis à jour.
qui appliquent aux intérêts, aux redevances et à un ensemble défini de paiements des taux nominaux d’IS inférieurs au taux minimum de la RAI mettraient en œuvre la RAI dans le cadre de leurs conventions bilatérales conclues avec des pays en développement membres du Cadre inclusif si ceux-ci le leur demandent.
Le droit d’imposition sera limité à la différence entre le taux minimum et le taux d’imposition sur le paiement. Le taux minimum de la RAI sera 9 %.
Mise en oeuvre
Le Pilier Deux devrait être transposé en droit en 2022, pour une entrée en vigueur effective en 2023, avec la RPII prenant effet en 2024. Un plan de mise en œuvre détaillé est présenté en annexe.
Annexe. Plan de mise en œuvre détaillé
Cette annexe présente les travaux nécessaires pour mettre en œuvre la solution reposant sur deux piliers décrite dans le texte de la Déclaration. Elle s’accompagne d’un calendrier indiquant les principales étapes qui ponctueront les travaux futurs du Cadre inclusif, en notant qu’une assistance technique sur mesure sera mise à la disposition des pays en développement pour soutenir tous les aspects de la mise en œuvre. Les membres du Cadre inclusif reconnaissent la nature ambitieuse du calendrier fixé par ce plan de mise en œuvre et sont pleinement engagés à produire tous les efforts nécessaires dans le cadre de leur processus législatif pour atteindre cet objectif.
Pilier Un
Le Montant A, la suppression de toutes les taxes sur les services numériques et des autres mesures similaires sur toutes les entreprises, ainsi que le Montant B seront mis en œuvre au titre de la solution retenue pour le Pilier Un selon les modalités décrites ci-dessous.
Montant A
Le Montant A sera appliqué au moyen d’une Convention Multilatérale (CML), si nécessaire en apportant des modifications à la législation interne, l’objectif étant qu’elle prenne effet en 2023.
Convention multilatérale
Pour faciliter une mise en œuvre rapide et cohérente, une CML sera élaborée afin de mettre en place un cadre multilatéral ouvert à toutes les juridictions participantes, indépendamment de l’existence actuelle d’une convention fiscale entre ces juridictions. La CML contiendra les règles nécessaires pour calculer et attribuer le Montant A et éliminer la double imposition, décrira le processus d’administration simplifié, le processus d’échange de renseignements et les mécanismes obligatoires et contraignants de prévention et de règlement des différends entre toutes les juridictions, avec l’allocation appropriée pour les juridictions pour lesquelles un système facultatif pour le mécanisme contraignant de règlement des différends s’applique concernant les questions liées au Montant A, garantissant ainsi cohérence et certitude dans l’application du Montant A tout en offrant une sécurité juridique quant aux aspects afférents au Montant A. La MCL sera complétée par une note explicative qui décrit l’objectif et le fonctionnement des règles, ainsi que les procédures. Lorsque les parties à la CML sont déjà liées par une convention fiscale, cette convention restera en vigueur et continuera de régir les questions de fiscalité internationale qui ne concernent pas le Montant A, mais la CML résoudra les incohérences avec les conventions fiscales existantes dans la mesure où cela est nécessaire pour donner effet à la solution adoptée au titre du Montant A. La CML traitera également des interactions entre la CML et les futures conventions fiscales. Lorsque les parties ne sont pas liées par une convention fiscale en vigueur, la CML établira la relation nécessaire pour garantir la bonne mise en œuvre de tous les aspects du Montant A.
Le Cadre inclusif a demandé au Groupe de réflexion sur l’économie numérique (GREN) de définir et de clarifier les éléments du Montant A (par exemple, l’élimination de la double imposition, le régime de protection applicable aux bénéfices des activités de commercialisation et de distribution), d’élaborer la CML et d’en négocier le contenu, de sorte que toutes les juridictions qui se sont engagés sur la Déclaration, puissent y participer. Le GREN s’efforcera de conclure le texte de la CML et de sa note explicative début 2022, afin que la CML soit rapidement ouverte à la signature et qu’une cérémonie de signature à haut niveau puisse être organisée à la mi-2022. Une fois la CML signée, les juridictions devront la ratifier le plus
tôt possible, dans le but de permettre son entrée en vigueur et sa prise d’effet en 2023 après qu’une masse critique de juridictions, tel que défini par la CML, l’aura ratifiée.
Suppression et statu quo des taxes sur les services numériques et autres mesures similaires pertinentes
La CML imposera à toutes les parties de supprimer toutes taxes sur les services numériques et autres mesures similaires pertinentes pour toutes les entreprises, et de s’engager à s’abstenir d’introduire de telles mesures à l’avenir. Une définition détaillée du concept de mesure similaire pertinente sera finalisée dans le cadre de l’adoption de la CML et de sa note explicative.
Modifications des législations nationales
Les membres du Cadre inclusif pourraient être amenés à modifier leur législation interne afin de mettre en œuvre les nouveaux droits d’imposition sur le Montant A. Pour assurer la cohérence de l’approche suivie par les juridictions et faciliter un déploiement national dans le respect des délais fixés, le Cadre inclusif a demandé au Groupe de réflexion sur l’économie numérique (GREN) de mettre au point des règles types pour transposer le Montant A dans la législation nationale d’ici début 2022.Les règles types seront complétées par des commentaires qui décrivent l’objectif et le fonctionnement de ces règles.
Montant B
Le Cadre inclusif a donné mandat au Groupe de travail 6 et au Forum sur les procédures amiables au sein du Forum sur l’administration fiscale pour achever conjointement les travaux relatifs au Montant B d’ici fin 2022. Les travaux techniques débuteront avec la définition des activités de commercialisation et de distribution de référence exercées dans le pays entrant dans le champ d’application du Montant B. Le Groupe de travail 6 et le Forum sur les procédures amiables au sein du Forum sur l’administration fiscale développeront ensuite conjointement sur les autres composantes du Montant B, dans le but de présenter les résultats finaux correspondants fin 2022.
Pilier Deux
Les règles types destinées à donner effet aux règles GloBE seront élaborées d’ici fin novembre 2021. Ces règles types définiront la portée et décriront le mécanisme des règles GloBE. Elles comprendront les règles de calcul du taux d’imposition effectif (TEI) juridiction par juridiction et préciseront les exclusions applicables, comme l’exception fondée sur des critères de substance et reposant sur une formule. Les règles types porteront également sur les dispositions administratives qui régissent les obligations déclaratives d’une EMN et le recours éventuel à un régime de protection administratif. Elles comprendront également des règles transitoires. Les règles types sont complétées par des commentaires qui expliqueront la finalité et le fonctionnement des règles, et traiteront de la nécessité d’une règle de substitution dans certaines conventions fiscales et dans les cas qui autrement engagent les parties contractantes à utiliser la méthode de l’exemption.
Une disposition conventionnelle type visant à donner effet à la RAI sera élaborée d’ici fin novembre 2021. La disposition conventionnelle type sera complétée par des commentaires qui expliqueront la finalité et le fonctionnement de la RAI. Un processus pour assister la mise en œuvre de la RAI sera adopté.
D’ici la mi-2022, un instrument multilatéral (IM) sera élaboré afin de faciliter la mise en œuvre rapide et cohérente de la RAI dans les conventions bilatérales concernées.
Au plus tard à la fin 2022, un cadre de mise en œuvre sera établi afin de faciliter le déploiement coordonné des règles GloBE. Ce cadre de mise en œuvre couvrira les procédures administratives adoptées (par
exemple, les obligations déclaratives détaillées, les mécanismes d’examen multilatéraux) et les régimes de protection retenus pour faciliter le respect des règles par les EMN et leur administration par les autorités fiscales. Dans le cadre des travaux relatifs au cadre de mise en œuvre, les membres du Cadre inclusif réfléchiront aux mérites et au contenu possible d’une convention multilatérale visant à améliorer la coordination et le déploiement harmonisé des règles GloBE.
Consultations
Dans les limites du calendrier fixé dans ce plan de mise en œuvre, les travaux continueront à progresser en consultation avec les parties prenantes.
E’ il disastro della specie umana italica che si sta consumando con la disattenzione verso una tematica che è molto più complessa e che non è la cultura di un idioma, di una lingua, ma di un mondo di conoscenza che è il sapere fondamentale dell’individuo che costituisce il prius rispetto ai saperi specifici che forse meglio abilitano ad attività operative ed applicative.
Giorni fa sono stato per ben tre mattinate inchiodato online in un convegno che si è tenuto Maratea a cura della Fondazione Nitti e dell’Associaziome Merita di cui vi allego il link che aveva come titolo ” Umanesimo digitale”.
E’ troppo lungo il discorso e lo spazio della Chat non aiuta.
Ti posso solo dire che ho dinanzi i tre libri di Gardini, Elogio del Latino, Viva il Latino Storia e Bellezza di una lingua inutile, Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo, non perchè avessi bisogno attraverso quelle letture di riscoprire il Latino ma di capire quali sono le idiozie contrarie che alimentano l’ostracismo.
Ha ragione Mauro quando dice che dobbiamo adoperarci per riprendere a parlarne.
Non c’è contraddizione alcuna nè antiteticità tra i saperi classici ed il mondo della innovazione e se avete la pazienza di ascoltare alcune delle prolusioni dell’evento citato di cui allego il link, ad esempio quello del Direttore dell’accademia dei Lincei, ci si rende conto quanto sia controproducente gestire questo argomento come conflitto di saperi, di discipline per un mondo futuro.
Non sto a recuperare dati ed informazioni che dicono quanto sia apprezzato e valorizzato all’estero il Latino e quanto questa lingua accomuni i popoli più di quanto non si sappia.
E’ un tema sul quale da anni provo ad esprimere il mio pensiero, di chi viene dal mondo del liceo classico, ha fatto uno studio universitario nel solco delle materie giuridiche con lo studio del diritto romano, a fondamento della nostra civiltà giuridica, e poi per caso si è imbattuto in materie dalla finanza all’It, alle tecnologie tutte che nessuna familiarità avevano apparentemente tra di loro. e con il la cultura umanistica.
Ma forse qualche buon risultato pure conseguito per l’azienda stava proprio nella capacità di far convivere le due anime.
Tra l’altro ieri sono stato presente in un Webinar dove non si faceva altro che inneggiare alle materie STEM ; la impossibilità di aprire un dialogo se non attraverso Chat scritta ha generato in me un dissapore che non ho ancora smaltito.
Ma ormai tutti parlano non leggono, non studiano e forse non hanno neppure la capacità di saper leggere e non sanno cosa leggere.
Invito Mauro nel nostro Club ( già direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli ) a farsi capofila di una iniziativa costruttiva sul tema proprio in una fase in cui lo spazio che viene dedicato ai saperi tecnici è debordante perchè asseconda una moda che sebbene utilitaristica ai fini occupazionali e del lavoro non tiene conto della radice del nostro paese e del patrimonio sul quale possiamo e dobbiamo contare
Devo aggiungere che il dibattito ieri a Napoli sulla destinazione di Palazzo Fuga a sede della Biblioteca Nazionale e della Biblioteca del Prof Emerito Marotta , dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici, su cui tutti o quasi hanno concordato sarebbe la più grossa smentita verso un approccio di cui pure non si discute la utilità, per il profilo di spendita di know how che meglio risulta idoneo per le aziende manufatturiere e di servizio, ma che sta avendo come contraltare la negazione “dell’inutile”, a dispetto dell’utile.
Ciò che non si può condividere è proprio la incapacità a saper coniugare i nuovi saperi con il nostro patrimonio dei saperi “ classici” si fa per dire che sono la base umanistica per aprire la conoscenza verso dimensioni non solo operative ma di intelligenza dell’animo umano e dei meccanismi relazionali che sono alla base di tutte le organizzazioni, a capo di molte delle quali, ed anche grandi, si ritrovano manager con un patrimonio conoscitivo tutt’altro che tecnico.
“ dal libro di Nuccio Ordine sull’Utilità dell’inutile. Nell’universo dell’utilitarismo infatti un martello vale più di una sinfonia , un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro.
Perchè è facile capire l’efficacia di una utensile mentre è sempre più difficile comprendere a cosa possa servire la musica, la letteratura e l’arte.
A supporto trascrivo qui di seguito l’articolo del 2016 su Repubblica pubblicato da Salvatore Settis.
Salviamo il latino, la lingua più parlata del mondo
di SALVATORE SETTIS
L’appello: “Quel che serve è un vero rilancio del latino come palestra per le generazioni future, tenendo in conto anche le sue enormi potenzialità come piattaforma di intercomprensione fra le lingue romanze, gigantesco serbatoio linguistico da cui pescano anche le lingue germaniche e slave, apparato concettuale che favorisce la comunicazione fra le culture”
10 AGOSTO 2016
La lingua più parlata del mondo?
È il latino. Non quel che resta del latino ecclesiastico, né quello dei pochi filologi classici ancora in grado di scriverlo, né dei certami ciceroniani, stranamente popolari. Ma il latino che parliamo ogni giorno, con le sue trasformazioni storiche: quello delle lingue neolatine, o romanze. Lo spagnolo come lingua materna è da solo, con 500 milioni di parlanti, secondo al mondo soltanto al cinese. Se vi aggiungiamo il portoghese (230 milioni), il francese (100), l’italiano (65) e il romeno (35), si arriva a 930 milioni di “parlanti latino”.
Senza contare le numerose lingue minori (come il ladino). Poco meno dei “parlanti cinese”, che però si suddividono anch’essi in numerose lingue diverse, non sempre mutuamente intellegibili se parlate, ma unificate concettualmente da una scrittura ideografica che non rispecchia direttamente la pronuncia. E il latino ha una presenza capillare anche fuori dell’ambito propriamente romanzo: in inglese
(terza lingua materna più parlata al mondo, con 350 milioni) il 58% del lessico deriva dal latino o da lingue neolatine, specialmente francese. Lo stesso è vero di tutte le lingue europee, dal tedesco al russo: forse nessuna lingua più del latino ha mostrato forza di penetrazione e tendenza a radicarsi in sistemi linguistici di altra origine. Inoltre, anche numerose parole di matrice greca (come “filosofia”) o etrusca (come “persona”) si sono diffuse universalmente, ma passando attraverso il latino.
Fra cinese e latino c’è un abisso, ma anche qualcosa in comune: “cinese”, infatti, è la piattaforma di intercomprensione fra tutte le lingue della famiglia sinica, “latino” può essere la piattaforma di intercomprensione fra tutte le lingue romanze. Se usassimo una scrittura ideografica come i cinesi, potremmo leggere il portoghese e il romeno anche senza averli mai studiati. Ma davvero l’italiano è così simile al latino?
Proviamo a leggere qualche verso: «Te saluto, alma dea, dea generosa, / O gloria nostra, o veneta regina! / In procelloso turbine funesto / Tu regnasti secura: mille membra / Intrepida prostrasti in pugna acerba».
La metrica è italiana, ma il testo “funziona” perfettamente sia come italiano che come latino. Autore di questo poemetto in lode di Venezia fu Mattia Butturini (1752-1817), amico di Ugo Foscolo e professore di greco a Pavia.
E continua: «Per te miser non fui, per te non gemo, / Vivo in pace per te: Regna, o beata, / Regna in prospera sorte, in pompa augusta, / In perpetuo splendore, in aurea sede! / Tu severa, tu placida, tu pia, / Tu benigna, me salva, ama, conserva».
Perfetto italiano, perfetto latino, come in altri poemi simultaneamente bilingui, a cominciare da quello di Gabriello Chiabrera nel tardo Cinquecento.
L’ottusa lotta contro il latino e contro il liceo classico, che riemerge periodicamente con la complicità di ministri maldestri e sprovveduti, non tiene conto di questo aspetto assolutamente centrale. È vero, nella scuola sopravvive un approccio piattamente grammaticale, che nello studio del latino vede solo una sorta di astratta educazione alla precisione del pensiero, a prescindere da tutto il resto. Ma tradurre tale critica in un ripudio del latino sarebbe « un gesto violento e arrogante, un attentato alla bellezza del mondo e alla grandezza dell’intelletto umano » , come scrive Nicola Gardini in un libro bello e intenso (Viva il latino. Storia e bellezza di una lingua inutile, Garzanti).
Quel che serve è un vero rilancio del latino come palestra per le generazioni future, tenendo in conto anche le sue enormi potenzialità come piattaforma di intercomprensione fra le lingue romanze, gigantesco serbatoio linguistico da cui pescano anche le lingue germaniche e slave, apparato concettuale che favorisce la comunicazione fra le culture. Ha ragione Gardini, «grazie al latino una parola italiana vale almeno il doppio».
Ma non è tutto. Le parole non sono nulla se non le vediamo agire nel loro contesto, nei testi latini da Cicerone a Newton.
Lo spessore ( il valore) delle parole latine, trasmigrate in altre lingue, si può apprezzare se siamo in grado non solo di snocciolare elenchi di parole o sfogliare vocabolari, ma di leggere e comprendere Virgilio e Sant’Agostino, le lettere di Petrarca e la cosmografia di Keplero. Trama narrativa, struttura della frase, tecnica dell’argomentare danno alle parole e alle frasi quella forza che aiuta a riconoscerne la traccia in Dante, in Shakespeare, Cervantes, Goethe. Quando leggiamo un testo, scrive Gardini, « non si tratterà propriamente del latino di Cicerone né del latino di Virgilio, ma piuttosto di quel che il latino compie e ottiene quando esce dallo stilo di Cicerone o dallo stilo di Virgilio » , in termini di « capacità lessicale, correttezza sintattica e convenienza ritmica » .
Questo doppio registro del latino, in orizzontale ( lettura dei testi e rimando ai contesti) e in verticale (come piattaforma di intercomprensione fra lingue oggi parlate) ha un altro vantaggio. Funziona come macchina della memoria, ci ricorda che quel che leggiamo del latino classico è un’infima parte di quel che fu allora scritto. E che, nonostante questo, abbiamo preteso per secoli di continuare, sulla scena del mondo, la storia di Roma. Non per niente quelli che noi chiamiamo “ bizantini” chiamarono se stessi sempre rhomaioi, “ romani”, e il più intimo carattere della grecità, conservatosi anche sotto la dominazione ottomana, si esprime in neogreco con la parola rhomaiosyne, “ romanità”; eppure intanto a Istanbul i sultani, dopo aver spodestato l’ultimo imperatore romano, mantennero dal 1453 al 1922 il titolo di Kayser- i- Rum, “ Cesare di Roma”. “ Cesare”, cioè imperatore; come il Kaiser a Vienna o a Berlino, lo Czar a Mosca o Pietroburgo.
Altro esempio, il diritto: i sistemi di civil law sono fondati sul diritto romano ( spesso, ma non sempre, attraverso il codice napoleonico), e oltre all’Europa continentale, inclusa la Russia, coprono l’America Latina e vari Paesi in Asia e Africa. Ma anche i sistemi di common law, pur di origine inglese, esprimono in latino molti termini- chiave, a partire dal principio fondamentale stare decisis ( conformarsi alle sentenze già emesse); perciò anche nei film americani sentiamo parlare di subpoena, affidavit, persona non grata; per non dire di habeas corpus. Il latino come dispositivo della memoria culturale, come versatile interfaccia multilingue, come ponte o viadotto verso altre culture.
Il latino come lingua viva, perché vive nelle lingue che parliamo. Questo, e non un’impalcatura di precetti, dovrebbe saper trasmettere la nostra scuola. “ Nostra”, cioè quanto meno europea.
Questa Europa delle tecnologie saprà inventare una nuova didattica del latino che contribuisca all’intercomprensione culturale? E l’Italia, dove il latino è nato, avrà in merito qualcosa da dire?
L’idea che si propone questa pagina è quella di fare un repository dei documenti relativi al Piano Nazionale Strategico e di raccordarli con tutti i documenti originari pubblicati sulle pagine della Commissione e del Consiglio Europeo per consentire a quanti ne abbiano voglia di capire cosa significa il progetto Europeo e la presenza di Draghi.
Scrivo nel momento in cui la Ministra Carfagna, Ministro per la coesione Territoriale, sta parlando ad un convegno di eccezionale ed elevato livello per partecipazione e contenuti che si è tenuto nella Villa Nitti, sede della omonima fondazione, a Maratea, organizzato insieme alla Fondazione Merita che già da due anni sta curando una serie di eventi informativi e formativi per preparare la società.
Chi ha l’opportunità di seguire ed essere presente in queste occasioni ha la fortuna di sentire dalla viva voce dei protagonisti le idee che accompagnano le iniziative ed i progetti.
Personalmente penso anche che i cittadini devono avere se possono la disponibilità e l’umiltà di avvicinarsi ai testi fondamentali per capire cosa succederà nel paese nei prossimi anni e capire dove andiamo e quale è lo scenario che è deputato ad accoglierci.
Prendo lo spunto da un dibattito che si è tenuto ieri sera su una stazione televisiva importante nella quale veniva posta la domanda sul ruolo che dovrebbero svolgere i partiti, o le associazioni presunte tali, che è quello di trasferire al paese, con la mediazione del loro processo valoriale, proprio tante notizie, informazioni ed orientamenti per rendere i cittadini partecipi del cambiamento e farli sentire partecipi della strategia ma soprattutto consapevoli degli obiettivi e dei target cui la nostra collettività deve tendere.
E si anche detto che tutto ciò accade raramente ed in maniera incompleta.
In questa primo approccio gli allegati che seguono sono tutti i documento del PNRR approvati, valutati dall’Europa e che hanno riscosso l’approvazione dell’Europa.
L’obiettivo del lavoro tende a risalire alle fonti ed ai documenti per capire le idee socio economico dell’Europa.